"Un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole, associata a danno tissutale, individuale e soggettiva". Così la IASP (International Association for the Study of Pain) definisce il dolore, un sintomo che in alcuni casi può diventare esso stesso una malattia, come succede nel dolore cronico, problema con cui convivono 12 milioni di italiani, con un notevole impatto sulla qualità di vita e sull'equilibrio psico-fisico. Per controllarlo una persona su due si affida al "fai da te" (sia nel caso del dolore cronico sia episodico) finendo per instaurare un circolo vizioso. Cerchiamo allora di capire meglio quali sono i meccanismi alla base del dolore e come controllarlo, con l'aiuto del dottor Michele Fortis, anestesista esperto di terapia del dolore.

 

Dottor Fortis, che significato ha il dolore?
A livello clinico, il dolore è un sintomo trasversale e frequente, che si accompagna alla maggior parte delle malattie. Può essere letto come una funzione necessaria per la sopravvivenza: segnala che c'è qualcosa che non va. Rispetto ad altri sintomi e segni più misurabili oggettivamente, è un fenomeno più complesso da valutare poiché si compone di diversi livelli: recettivo, percettivo e interpretativo. Per i dolori più comuni, lo stimolo doloroso, una volta generato, viene trasmesso attraverso recettori al cervello; qui viene percepito dalla persona e interpretato sulla base di diversi fattori (cognitivi, esperienziali, socio-culturali) che influiscono sulla soglia di tollerabilità e determinano il "valore" che ognuno di noi dà in quel preciso momento al suo dolore. Oggi sappiamo che esistono alcune condizioni che possono alterare, abbassandola, la soggettiva normale tolleranza al dolore, come stati infiammatori e squilibri ormonali. Al contrario, reazioni biochimiche con abbondante secrezione di endorfine (ormoni del benessere), come quella che si innesca nel corso di un'attività fisica o durante eventi traumatici, possono renderlo più sopportabile. Un ruolo importante, nella modulazione del dolore, è giocato anche dall'intreccio corpo/mente: quando una persona è esposta a stimoli disturbanti di qualsiasi natura che non riesce ad esprimere con la parola in modo consapevole, la percezione del dolore può risultare accentuata. Altrettanto importante è il fattore motivazionale (in parte legato a dinamiche biochimiche). Avete mai fatto caso, ad esempio, a come in alcune situazioni si riesca a sopportare meglio il dolore? Tipico è l’esempio di chi fa sport di lunga durata come la maratona: durante la competizione sembra non sentire dolore, nemmeno ad esempio per piaghe e lesioni traumatiche ai piedi; poi appena arrivato al traguardo il dolore "esplode". Imparando a conoscere e "controllare" meglio la mente e l’emotività, quindi, si può anche riuscire a modulare, in parte, la nostra percezione del dolore. È evidente quindi che il dolore deve essere affrontato in modo globale, senza sottovalutare né la fisiopatologia e i tessuti coinvolti né gli aspetti psicologici e cognitivi, per mettere alla luce l'approccio terapeutico migliore a seconda della qualità del dolore.

Ma quanti tipi di dolore esistono?
Da un punto di vista eziopatogenetico (cioè della sua origine), il dolore, che ha quasi sempre una componente infiammatoria, può essere classificato in: nocicettivo (dovuto a lesioni o danni a tessuti o organi), neuropatico (dovuto a lesioni del sistema nervoso con genesi al suo interno). Inoltre per alcuni esisterebbe anche un dolore psichico, attivato da situazioni psico-relazionali. Per quanto riguarda invece la durata si definisce acuto o cronico. Il dolore acuto è la spia di un danno in corso ed è generalmente localizzato, dura per alcuni giorni, tende a diminuire con la guarigione. Attualmente le opzioni terapeutiche efficaci per questo tipo di dolore sono molteplici (in particolare antinfiammatori di vario genere e antidolorifici oltre a procedure di trattamento locale). Il dolore cronico, che in genere invece si accompagna a malattie degenerative (reumatiche, ossee, oncologiche, metaboliche etc.) o a lesioni non riparabili, spesso si automantiene, è un dolore difficile da curare e richiede un approccio che agisca a vari livelli. In realtà però, generalmente, i quadri sono più complessi, spesso misti, e le diverse componenti coesistono influenzandosi in vario modo.

E quali sono le cure oggi possibili?
A seconda delle caratteristiche del dolore esistono diversi tipi di interventi e approcci, che in molti casi possono integrarsi tra loro.
• Approccio farmacologico. Comprende: antinfiammatori non steroidei e cortisone, che riducono l'attivazione recettoriale della componente dovuta a infiammazione che si presenta quasi sempre nella prima fase del problema; farmaci che modulano la trasmissione del dolore e mimano azione delle endorfine (oppiacei); farmaci che riducono la trasmissione del dolore a livello della fibra (anestetici locali); farmaci adiuvanti che agiscono sinergicamente con gli altri per modulare l'insorgenza e la trasmissione del dolore (antineuropatici, antiepilettici, antidepressivi). Molti di questi farmaci, in genere assunti per via orale, possono essere somministrati anche con infiltrazioni locali.
• Stimolazione di riflessi e mesoterapia. Hanno lo scopo di modificare i sistemi di trasmissione del dolore attraverso la puntura e stimolazione di punti a scopo reflessoterapico. Esistono modalità differenti con logiche ed effetti diversi. Per esempio, nella medicina tradizionale cinese, la puntura con gli aghi è rivolta a una riorganizzazione energetica che segue una precisa diagnosi, mentre la reflessoterapia utilizza la puntura secondo principi diversi.
• Tecniche di elettromodulazione. Possono essere applicate esternamente, come le TENS, oppure modulare la trasmissione del dolore direttamente nel sistema nervoso attraverso l'impianto di apparecchi di stimolazione.
• Terapie manuali, molto efficaci nell'approccio "olistico" alle strutture del corpo. Tra queste possiamo citare la NST (innovativo protocollo di riequilibrio del sistema neuro-muscolo-tendineo e il bilanciamento cranio-sacrale), la chiropratica, l'osteopatia, le tecniche fasciali e quelle craniosacrali. Servono per riequilibrare le alterazioni strutturali alla base di dolori con cause meccaniche, muscolo-scheletriche e viscerali.
• Tecniche di modulazione soggettiva nelle quali si possono far rientare meditazione, biofeedback, psicoterapia, ipnosi. Aiutano a ridurre l'attenzione e la reazione al dolore, modificando l'asse percettivo-interpretativo.

Dai bambini agli anziani: un problema trasversale
Nel paziente anziano l'insorgenza del dolore cronico è un problema sanitario importante che provoca limitazioni in tutti i campi della vita, da quella familiare a quella lavorativa e sociale. L'artrite/artrosi è la principale causa di dolore, seguita dall'ernia del disco, dalle lesioni traumatiche. Le principali cause di dolore cronico nei bambini, invece, sono mal di testa, dolore addominale, dolore muscolo scheletrico.

a cura ELENA BUONANNO
con la collaborazione del DOTT. MICHELE FORTIS
Specialista in Anestesia e Rianimazione
- PRESSO CURE PALLIATIVE A.O. PAPA GIOVANNI XXIII BERGAMO -