Lo sapevate che il sangue del cordone ombelicale potrebbe rappresentare la speranza di vita per chi è malato di leucemia o altre malattie del sangue? Proprio così. Come fare allora per trasformare questa possibilità in una realtà? La risposta è semplice: basta scegliere di donare il proprio cordone ombelicale. In questo modo le preziose cellule che si trovano al suo interno non verranno "sprecate", come in genere accade, ma, se rispondono a precisi requisiti, potranno essere conservate in banche pubbliche, restando a disposizione di chiunque ne abbia bisogno. Ne parliamo con il dottor Mariangelo Cossolini, responsabile dell'Unità di Coordinamento prelievo/trapianto organi e tessuti della provincia di Bergamo che ha sede presso la direzione medica dell'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, e Bruna Parisi, coordinatrice ostetrica delle Sale Parto della stessa struttura.

Dottor Cossolini, perché il sangue del cordone ombelicale è così prezioso?
Il sangue del cordone ombelicale contiene cellule staminali identiche a quelle presenti nel midollo osseo, cioè cellule emopoietiche in grado di riprodurre globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Queste cellule, facilmente disponibili al momento della nascita di un bambino, possono essere utilizzate in alternativa al trapianto di midollo osseo per la cura di ottanta gravi malattie del sangue, dovute a patologie congenite o acquisite del midollo osseo (malattie tumorali come leucemia e linfomi, patologie non tumorali come talassemia, aplasia midollare, immunodeficienze congenite etc.), le uniche per le quali, per ora, è stata scientificamente documentata un'efficacia clinica.

Ma lo possono donare tutte le mamme?
In generale sì, anche se esistono delle situazioni che precludono questa possibilità. In particolare la presenza di patologie materne trasmissibili con il sangue o altre gravi malattie (genetiche, autoimmuni, infettive etc.) e una gestazione inferiore alla 34sima settimana. Anche un funicolo (cioè il cordone che collega feto e placenta) troppo corto può rappresentare una "controindicazione" alla donazione. Ovviamente, donare o no è una scelta della mamma. Per questo, fin dall'inizio della gravidanza, le ostetriche prospettano in modo dettagliato e completo questa possibilità alle coppie di futuri genitori, in modo che possano prendere una decisione consapevole.

Ostetrica Pasini, come avviene il prelievo di sangue?
Il sangue placentare viene raccolto, dopo il parto, indipendentemente che sia stato cesareo o naturale, e il taglio del cordone, attraverso una semplice manovra che non comporta alcun rischio né per la mamma né per il bambino ed è del tutto indolore. Mentre la placenta fuoriesce, viene introdotto un ago nella vena ombelicale. La raccolta poi defluisce in una sacca che viene identificata con un codice a barre, con nome e cognome di mamma e neonato e inviata alla banca regionale del sangue (ndr. quella lombarda si trova al Policlinico di Milano) che a sua volta è inserita nella rete mondiale delle banche cordonali. Qui le sacche che rispondono a precise caratteristiche qualitative e quantitative (in media il 15% delle unità raccolte risulta valido per la conservazione), vengono bancate cioè conservate per fini di trapianto. Poi, se soddisfano determinati criteri, vengono imbancati in azoto liquido e conservati per 16 anni e messi a disposizione di qualsiasi ospedale al mondo. Avere quindi una buona quantità di campioni nelle banche significa aumentare non solo la disponibilità ma anche la probabilità di compatibilità. Questo è importante anche per le mamme straniere, sempre più numerose, che hanno un corredo genetico diverso.

Ma non si possosno conservare queste cellule per il proprio bambino?
La conservazione del sangue cordonale a uso autologo (cioè per il proprio bambino) non è consentita in Italia perché, al momento, non esistono evidenze scientifiche su un suo impiego a scopo personale. Fanno eccezione alcuni casi specifici per i quali la legge permette una conservazione cosiddetta "dedicata" e cioè quando il nascituro o un suo consanguineo di primo grado presenta, o al momento del parto o in epoca pregressa, una patologia per la quale il trapianto di cellule staminali emopoietiche è clinicamente valido o quando nella famiglia c'è il rischio di una malattia geneticamente trasmissibile a futuri figli per la quale il trapianto è una pratica scientificamente appropriata. Per il resto in Italia è possibile donare il sangue del cordone ombelicale solo a scopo solidaristico, a disposizione della collettività.

 

a cura di ELENA BUONANNO
con la collaborazione di BRUNA PARISI
Coordinatrice ostetrica Sale Parto
- PRESSO A.O. PAPA GIOVANNI XXIII BERGAMO - 

con la collaborazione del DOTT. MARIANGELO COSSOLINI
Responsabile dell'Unità di Coordinamento prelievo/trapianto organi e tessuti della provincia di Bergamo