NON REPRIMERLA E NON FORZARLA, MA COMPRENDILA E DOSALA: COSÌ RITROVI LA SERENITÀ

È una delle emozioni più intense e travolgenti. C’è chi la esterna in modo violento e chi al contrario la evita o la “manda giù”, rischiando effetti negativi che possono sfociare in disturbi diversi anche a livello fisico (mal di testa, tensione muscolare, bruciori di stomaco etc.).

In entrambi i casi si tratta di atteggiamenti non corretti. Già, perché la rabbia non va né forzata né inibita. Va ascoltata, compresa per il significato che ha dietro di sé. così possiamo imparare a gestirla e fare in modo che non ci “intossichi”. E, anzi, sfruttarla a nostro favore. «La rabbia è una delle emozioni fondamentali dell’essere umano e come tale ha una funzione legata alla sopravvivenza dell’individuo» spiega la dottoressa Mara Seiti, psicologa e psicoterapeuta. «Sebbene spesso possa sfociare in violenza o comportamenti aggressivi, la rabbia è una sorta di “pulsione di autoconservazione”: segnala la violazione dei propri diritti o la presenza di un ostacolo al raggiungimento del proprio obiettivo, facilitando all’individuo l’adattarsi e il sopravvivere all’ambiente. È un sentimento innato, determinato filogeneticamente (trasmesso nel nostro DNA) che attiva tutta una serie di modificazioni fisiologiche che preparano l’individuo ad agire per rimuovere l’ostacolo. Inoltre, costituisce un’importante modalità comunicativa che influenza le reazioni altrui, provocando risposte di allontanamento, di maggiore attenzione, etc.. Per questo non va mai negata. Bisogna decodificarla, comprendendo il disagio, e quindi il bisogno frustrato, sottostante a questo sentimento, in modo da adottare reazioni che possano realmente essere utili alla persona (reazioni adattative)».

DOTTORESSA SEITI, MA COME SI PUÒ GESTIRE LA RABBIA ED EVITARE CHE DA ESSA SFOCINO REAZIONI CONTROPRODUCENTI, CAPACI DI INNESCARE UN EFFETTO “BOOMERANG”?
Certo non è sempre facile, però esistono "strategie" che possono essere utili per imparare a gestirla nel modo più “sano” possibile per noi stessi.

1.Non agire sotto la sua spinta (per esempio allontanandosi dal luogo e dalla persona che ci ha fatto arrabbiare).

2.Sfogarla in modo funzionale (per esempio respirare profondamente, fare una corsa, una passeggiata, una telefonata ad un’amico/a che sappiamo ci ascolterà, distrarsi coi lavori domestici, etc.): la rabbia è energia in movimento, quindi l’attività fisica, in particolare, aiuta molto.

3.Una volta più calmi, cercare di capire cosa ci ha offesi, feriti, chiedendoci “Qual è il bisogno che è stato violato?” (per esempio comprensione, rispetto, etc.).

4.Capire se è un problema nostro o se è “dell’altro” (a volte ci fanno arrabbiare persone a loro volta arrabbiate, senza che vi sia alcun legame reale con noi!).

5.Cercare il modo più adatto per risolvere la situazione nel caso in cui permanga un sentimento di ingiustizia e il desiderio di riparare la situazione (forse abbiamo bisogno di farci capire meglio oppure di imparare a dire di no a richieste che riteniamo eccessive).

6.Aspettare il momento giusto per agire! Se siamo ancora arrabbiati, se lo è l’altra persona o se non c’è un momento di calma che ci assicuri l’ascolto, allora non è ancora il momento giusto. Bisogna tenere presente che anche le altre persone o certe situazioni hanno bisogno di tempo.

7.Accettare le cose che non possiamo cambiare. Tutto può avere un significato, anche se non ci è chiaro in un determinato momento.

MA COME SI FA A CAPIRE SE SI HA DAVVERO UN PROBLEMA DI GESTIONE DELLA RABBIA?

Alcune persone possono presentare difficoltà di gestione della rabbia e tendenza a mettere in atto comportamenti non adeguati al contesto, innescando veri e propri circoli viziosi auto e/o etero-lesivi. In questo caso si parla di “dis-regolazione emotiva” e i comportamenti mossi dalla rabbia possono addirittura sfociare in violenza e aggressività (reazione di attacco/rabbia espressa) oppure in inibizione ed evitamento delle situazioni conflittuali (reazione di fuga/rabbia repressa). La rabbia diventa un problema, o in termini psicologici diventa disfunzionale, quando crea sofferenza sia sul piano individuale sia nel rapporto con gli altri; quando compromette il proprio benessere quotidiano, le relazioni sociali e/o spinge a compiere azioni dannose verso se stessi, verso gli altri o verso le cose.

La rabbia espressa è disfunzionale quando:
• è troppo intensa rispetto al motivo che la scatena;

• non è collegabile ad un fattore scatenante;

• è troppo persistente anche dopo che è stato allontanato il motivo scatenante;

• è accompagnata da pensieri ed emozioni negativi, rimuginazioni;

• produce comportamenti aggressivi e pericolosi verso sé, gli altri e gli oggetti;

• fa allontanare le persone che ci circondano.

La rabbia oppressa è disfunzionale se:
• è troppo lieve o quasi inesistente rispetto al motivo che la scatena;

• non permette di individuare il fattore di danno/ingiustizia;

• produce comportamenti che non predispongono alla protezione di sé stessi e alla limitazione del danno (evitamento);

• anche se motivata, è accompagnata da emozioni e pensieri negativi (ansia, colpa, vergogna).

In questi casi è molto difficile riuscire a risolvere il problema da soli. È bene affrontarlo attraverso una psicoterapia individuale o di gruppo. Utile, ad esempio, è il training assertivo, un “allenamento” che ha lo scopo di addestrare il paziente a esprimere in modo chiaro opinioni, emozioni e bisogni, affermando i propri diritti, anche a costo alcune volte di dire dei no.

SE A PROVARLA SONO I PIÙ PICCOLI
Spesso i bambini esprimono rabbia in varie situazioni, a volte apparentemente incomprensibili. Alcuni vengono addirittura considerati “cattivi” e puniti ma in realtà hanno proprio bisogno del contrario! Il loro sistema di regolazione dello stress è ancora immaturo e i bambini necessitano di un adulto che fornisca loro un “contenimento emotivo”, capace sia di placare l’iperstimolazione di cui sono vittime, sia, nel tempo, di interiorizzare (far propria) tale capacità. Ecco quindi come aiutare il vostro bambino.
• Ricordate che molti bambini sono spaventati dalla loro stessa rabbia: essi sono sottoposti ad elevato livello di tensione di cui non detengono il controllo.
• Non punite il bambino ma assumete un atteggiamento di aiuto.
• Non aspettatevi né pretendete che i bambini chiedano scusa per il loro comportamento, prima di giungere a ciò (e a volte ci vuole molto tempo!) hanno bisogno di essere compresi e placati: possono imparare a mettersi nei panni degli altri solo se qualcuno lo fa con loro proprio quando ne hanno bisogno!
• Cercate di capire quale bisogno è stato frustrato e, dopo averlo tranquillizzato, chiedete al bambino se riesce a spiegarci cosa lo ha fatto arrabbiare (spesso ci sono paure!).
• Dite a parole al bambino con atteggiamento di comprensione che abbiamo capito perché è così arrabbiato, ferito.
• Rassicurartelo della vostra disponibilità ed aiutatelo a cercare delle soluzioni, magari per il futuro.
• Fate in modo che il bambino senta di poter contare su un adulto di cui si fida: sarà in possesso di uno strumento di contenimento emotivo molto importante che lo aiuterà nel tempo.
•Non aspettatevi che un bambino riesca a contenere la propria rabbia da subito ma gratificatelo per i segnali di maggiore gestione che via via riuscirà ad adottare.

a cura di ELENA BUONANNO

HA COLLABORATO DOTT.SSA MARA SEITI
Psicologa e Psicoterapeuta
- A PALAZZOLO SULL'OGLIO -