Intervista al neurochirurgo Cesare Griffini, autore, attore e regista di piece e cofondatore della compagnia teatrale Detestabile
Adesso che è in pensione il suo tempo libero lo dedica al tennis (i suoi amici dicono che sia anche bravo) e all’altra sua grande passione: il teatro.

Scrive commedie, fa l’attore e anche il regista. Ha cominciato una quindicina di anni fa nelle pause del suo impegno professionale di neurochirurgo agli Ospedali Riuniti, dove ha esercitato dal 1970 al 2000 passando da giovane assistente a primario per poi andare all’Humanitas Gavazzeni a organizzare il reparto di chirurgia della colonna, di cui è uno dei massimi specialisti.

Incontriamo il dottor Cesare Augusto Griffini, classe 1939, al Circolo del Tennis Città dei Mille. Ha appena terminato una partita con gli amici. Ha 75 anni ma non sembra dimostrare affatto la fatica dopo quasi due ore di gioco. Anzi si sta rilassando con un calice di spumante che ha ordinato da vero intenditore (dimenticavo: è anche sommelier) e ci invita al suo tavolo. È un tipo solare che ispira subito simpatia. «Nella vita cerco sempre di vedere il lato ironico, divertente delle cose e lo trasferisco nelle mie commedie» ci dice. Ne ha scritte diverse, tra cui “Il titolo? è l’ultima cosa” che è stata la prima, poi “La Bergamella”, “Gli Unni… E gli altri” andate in scena al teatro Donizetti, “L’Osteria numero uno-bis”, presentata l’anno scorso al Teatro Opera Pia Piccinelli di Scanzorosciate.

Ora sta lavorando a “Bartolomeo Colleoni nell’osteria di Malpaga” e “Il teatro è come il maiale, non si butta via niente” che con la compagnia “Il Teatro Detestabile” (si chiama proprio così) saranno probabilmente portate sul palcoscenico quest’autunno. Un vero successo di pubblico alle varie rappresentazioni, i cui incassi sono stati devoluti all’acquisto di cento defibrillatori, ad A.L.I.Ce (Associazione Lotta contro l’Ictus Cerebrale) e ad altri enti come “In Oltre” e l’Associazione Oncologica Bergamasca.

La Compagnia è formata da una dozzina di attori “dilettanti”, tra cui alcuni medici, la prima donna Vanessa Rizzi e il comico “napoletano” Umberto Di Franco che si ritrovano al giovedì per le prove. Il dottor Griffini ci parla delle trame di alcune sue commedie, spesso scritte con l’ortopedico Sergio Mottana che cura soprattutto la parte musicale. «Abbiamo cominciato quasi per gioco io, Sergio e l’avvocato Antonio Albanese, un interprete bravissimo, esilarante, scomparso purtroppo due anni fa. All’epoca ero assistente di neurochirurgia. Nei ritagli di tempo dal lavoro in ospedale, io e i miei due amici facevamo soprattutto spettacoli di cabaret. Il pubblico si divertiva e ci stimolava a continuare e così, spinti dalla volontà di divertire e di divertirci abbiamo scritto delle piece disegnate sulle doti e sulla personalità degli interpreti, “attori” alle prime armi reclutati tra amici e conoscenti. Tutti animati però dalla passione per la recitazione e impegnati in iniziative benefiche». Sorride il dottor Griffini ripensando alle commedie andate in scena in questi anni e alla bravura dell’avvocato Albanese che si calava meravigliosamente nella parte di Bortolo, un muratore di Albino, o in “Enrico Ottavio”, scritto proprio sull’esperienza dell’avvocato, e giocato, con una serie di battute, seduti su una poltrona che qualcuno sosteneva appartenuta a Shakespeare.

Intanto mentre scrive e fa l’attore Griffini passa da semplice assistente di neurochirurgia a primario facente funzione in sostituzione del professor Valentino Cassinari facendo diventare il reparto ancora più di eccellenza. Di quegli anni ricorda un caso che non l’ha fatto dormire per diverse notti. «Avevamo operato un bambino bergamasco» ci racconta «per un craniofaringioma, un tumore benigno a evoluzione lenta, localizzato nelle regioni sellare e parasellare del sistema nervoso centrale. L’intervento, durato dieci, dodici ore, era perfettamente riuscito, ma nella notte ci furono delle complicazioni: il ragazzo respirava a fatica, non riusciva più a vedere. Sono stato male, non potevo tradire i genitori che me l’avevano affidato con tanta fiducia. Non potevo dire loro che forse sarebbe rimasto cieco. Siamo riusciti a salvarlo e restituirgli la vista, anche se non avendo più l’ipofisi sarà costretto ad assumere medicinali per tutta la vita. Ecco, forse anche per superare questi momenti difficili mi riprendo scrivendo le commedie che hanno però sempre un legame con la medicina». Come “La Bergamella”, rappresentata nel 2004 al Donizetti. Nella cronaca di un quotidiano di allora si legge: “Un’opera esilarante in tre atti, ricca di gag e giochi di parole che hanno strappato applausi e risate ai settecento spettatori in sala. Sul palco un cast molto particolare: volontari e medici degli Ospedali Riuniti che si esibiscono a scopo benefico. L’incasso della serata sarà infatti devoluto per l’acquisto di defibrillatori semiautomatici che possono salvare la vita a chi è colto da arresto cardiaco”.

«I protagonisti sono due napoletani, Gennaro, compositore, e la moglie Filomena, autrice di musiche che vengono scritturati per scrivere una canzone in bergamasco» racconta il dottor Griffini. «Loro non sanno neppure dove si trova Bergamo se in Svizzera o in Austria. Non ci riescono finché i due, su consiglio di un conoscente, non bevono un liquido verde, la Bergamella. Quando la ingurgitano, gli domandiamo com’è. E il marito risponde “Lega” (ogni riferimento è puramente voluto). Ma da quel momento marito e moglie cominciano a parlare bergamasco, a comportarsi come bergamaschi. Alla fine però i due berranno l’antidoto e torneranno a vivere da napoletani con i loro ritmi, rinnegando la cultura bergamasca, fatta di efficienza e laboriosità».

L’ultima commedia andata in scena è “Osteria numero uno-bis”. Racconta di due medici ospedalieri in pensione che decidono di aprire un’osteria. Anche qui non mancano gag con personaggi stravaganti che odiano i luoghi comuni e amano creare idee originali che raccontano in riunioni pomeridiane allietate da assaggi e degustazioni di vini scelti e portati da casa dal dottor Griffini, attore, regista, autore e sommelier.

a cura di LUCIO BUONANNO