Fondazione G. C. Rota. Riabilitazione geriatrica e cura della sofferenza psicologica unite in un progetto innovativo. «A volte è la casualità di un incontro a generare momenti, relazioni, pensieri e azioni, che poi rimarranno fissi nella memoria di alcuni. E il 3 dicembre è stata davvero una serata in cui per “alcuni” si è data una forma a contenuti ancora troppo nascosti o negati, forse misconosciuti, che invece “gridano” uno spazio e un loro riconoscimento, un significato, a dispetto di un atteggiamento “scientifico” che attribuisce alla condizione di malattia mentale un significato di “diversità”».

È racchiuso in queste parole del dottor Filippo Tancredi, psichiatra e psicoterapeuta presso il Centro di Psicologia Clinica Anisè, il leitmotiv dell’incontro, dal titolo “La normalità dei dolori dell’anima”, che si è tenuto il 3 dicembre presso la “Fondazione G. C. Rota ONLUS” di Almenno San Salvatore. Un incontro nato per affrontare, senza stigma, il tema della sofferenza mentale, dal quale è nata la volontà di dare avvio a un progetto “pilota” innovativo in grado di unire due “saperi”: quello legato alla riabilitazione geriatrica, per il quale la “Fondazione G. C. Rota ONLUS” di Almenno San Salvatore rappresenta un punto di riferimento importante sul territorio, e quello che ha al suo centro l’attenzione e la cura delle patologie depressive e ansiose (anche nell’anziano), ambito nel quale il Centro di Psicologia Clinica Anisè si distingue per interventi individualizzati sulla persona e non soltanto sulla malattia, volti a perseguire un “benessere dell’anima” mediante la giusta integrazione tra ascolto, relazione, ambiente, cura farmacologica e interventi psicoterapici.
«Si è parlato di “normalità” e di “malattia”, con-fondendo i confini virtuali che sono stati eretti negli ultimi due decenni tra malattia mentale e società civile - questo per esigenze scientifiche, e non solo- ponendo per troppi anni delle distanze crescenti tra la sofferenza dell’anima e la dimensione “normale”, rinforzando così lo stigma e accentuando il convincimento che soffrire di “tristezza” o “avere paure immaginarie” siano esperienze aliene. Questo perché la medicalizzazione della patologia psichica, attribuendone forma e dignità, ha dimenticato che l’esperienza del dolore dell’anima è unica e non riproducibile e, come tale, da considerarsi oggetto di studio delle scienze umane e non semplicemente delle scienze naturali» continua il dottor Tancredi. «L’intervento medico della sofferenza mentale, indispensabile per un efficace processo di cura, non deve mai disgiungersi dall’attenzione nei riguardi dell’uomo, che diviene così centrale e “unico”. In due ore d’incontro circa 200 persone si sono avvicinate e forse hanno dato un nome a quella sofferenza o a quel disagio che, probabilmente, ha spinto tutti noi in una notte fredda e nebbiosa a cercare senso e significato al proprio dolore. E in quelle due ore, per “alcuni” di noi, quel disagio ha trovato il proprio spazio, la propria misura, per poi comprendere che la sofferenza della nostra anima vive nell’uomo, in tutta la sua normalità, attraverso le numerose sfumature dell’animo umano».
«Forse non è semplice causalità se si pensa che una serata così intensa nasca da una Fondazione che, da tempo, vive e “respira” i significati della vita attraverso lo sforzo continuo di rendere lieto e armonico il lento consumarsi dell’esistenza. Un passo inevitabile per chi restituisce futuro e speranza senza giungere a compromesso con il tempo. Perché si può, anzi si deve, progettare e desiderare, anche a 100 anni, nell’attesa di un tempo migliore» continua il dottor Tancredi. «L’incontro della “Fondazione G. C. Rota ONLUS ” con il Centro di Psicologia Clinica “Anisé” di Bergamo è stato un passo inevitabile, ritrovandosi entrambi su un medesimo terreno di lavoro, che ha visto l’intersecazione di due percorsi paralleli autonomi, disgiunti, che da origini lontane e differenti, hanno poi delineato un palcoscenico comune di intervento, ipotizzando e sviluppando nuovi ambiti su cui operare e agire in sinergia».
Da qui l’ipotesi di creare uno spazio d’intervento terapeutico comune sulla patologia acuta dell’umore e dell’ansia. «L’idea è stata subito accolta dalla Fondazione G. C. Rota che, pur dedita all’area riabilitativa geriatrica e all’intervento assistenziale a domicilio, ha da tempo un continuo confronto con la dimensione psicologica. Un’attenzione che certamente ha reso quasi inevitabile la curiosità verso il mondo sconfinato e poco definito della mente» racconta ancora lo psichiatra. Da anni impegnata con la sofferenza legata all’invecchiamento, con lo sguardo costante verso il mondo intrapsichico, la “Fondazione G. C. Rota” incontra un mondo così apparentemente distante dal proprio, ma costantemente connesso dall’esperienza soggettiva del malato. «Il passo verso la creazione di un’area comune d’intervento è stato quindi “naturale”, così come la collaborazione scaturita, da intendersi come un’esperienza pilota, che potrebbe condurre davvero a un’integrazione di questi due “saperi” su specifici ambiti. E i protagonisti sono certamente l’esperienza soggettiva dell’invecchiamento, interpretata e sostenuta da tutti i presidi di cura volti a rendere tale il vissuto più funzionale e meno doloroso, ma anche la sola esperienza di disagio psichico, fenomeno verso cui la Fondazione vuole conoscerne le forme, gli aspetti e rendersi inoltre promotrice di nuovi tragitti di cura. L’attenzione della Fondazione Rota verso la patologia depressiva e ansiosa, ma anche verso l’area psicosomatica e dei Disturbi Somatoformi, dove “cuore e psiche” dialogano in modo affascinante e misterioso, ha aperto nuovi scenari, in cui è la stessa Fondazione a volersi cimentare, mantenendo costante lo sguardo attento verso un sapere da cui attingere e attraverso cui rendere più incisivo il proprio intervento, dando forma alla sofferenza mentale e allo stesso tempo restituendone una dignità libera da ogni stigma» conclude il dottor Tancredi.

a cura di MARIA CASTELLANO