Cos’è e come si può trasmettere ai figli. 
Esistono tre forme di anemia mediterranea classificate in base alla gravità delle manifestazioni: Talassemia major o morbo di Cooley, Talassemia intermedia e talassemia minor.

La forma di anemia mediterranea più diffusa è la talassemia minor, che sostanzialmente non dà sintomatologia di rilievo e viene diagnosticata mediante test di laboratorio. Nei casi di talassemia major o morbo di Cooley la qualità di vita, invece, ne risente notevolmente, perché obbliga il malato a trasfusioni periodiche e all’uso di farmaci ferrochelanti. La talassemia intermedia ha sintomatologia estremamente variabile.

«L'anemia mediterranea, nota come Beta Talassemia o anemia eritoblastica, costituisce la malattia monogenetica (cioè causata da difetti in un solo gene) più diffusa al mondo. Solo in Italia ci sono almeno 3.000.000 di portatori con circa 7.000 malati. Si definisce “mediterranea” proprio perché è una malattia che colpisce prevalentemente le popolazioni dell’area mediterranea: le zone più colpite sono la Sardegna, la Sicilia, il Delta del Po, la Calabria e la Puglia. Il suo principale effetto è una minore produzione di emoglobina, proteina che ha il compito di trasportare l’ossigeno all’interno dell’organismo, e globuli rossi nel sangue. Quando il corpo non riceve più l’apporto di ossigeno adeguato si inizia ad avvertire una sensazione di stanchezza, unita ad altri sintomi che possono essere anche molto importanti. La malattia ha causa esclusivamente ereditaria. Per questo, se si ha in programma una gravidanza e si sa di soffrirne, è bene conoscere le caratteristiche di trasmissione e le eventuali precauzioni che si possono prendere». Chi parla è la dottoressa Gaya Bettoni, ginecologa.

Dottoressa Bettoni, come si trasmette la malattia dai genitori ai figli? Si possono fare previsioni per una coppia sulla presenza e gravità della malattia nei figli?
L’anemia mediterranea si trasmette per via genetica e più precisamente attraverso un gene mutato o “difettoso” che si chiama gene HBB, predisposto alla formazione della proteina beta-globina, componente immancabile nelle proteine adulte di emoglobina. È un gene cosiddetto “autosomico recessivo” e ciò significa che solo se entrambi i genitori ne sono portatori vi è il 25% di rischio per il nascituro di manifestare la forma di anemia mediterranea più grave o Morbo di Cooley. Nel 25% dei casi potrà essere soggetto sano, per il restante 50 % potrebbe essere “portatore sano”.

Quali coppie dovrebbero fare dei test per pianificare la procreazione?
Le persone le cui analisi del sangue routinarie evidenziano un'anemia non causata dalla carenza di ferro dovrebbero fare un esame del sangue diagnostico che si chiama “elettroforesi delle emoglobine”, semplice e poco costoso, che identifica i soggetti portatori sani di beta talassemia.

Sono previsti test in gravidanza? In quali casi?
È molto importante che i futuri genitori portatori di questa malattia siano correttamente informati sui rischi di poter generare un figlio colpito dalla tipologia “major”. Le coppie in attesa possono sottoporsi alle metodiche di diagnosi prenatale, villocentesi o amniocentesi, che identificano in modo certo i feti malati. La villocentesi deve essere eseguita fra l’undicesima e la tredicesima settimana di gravidanza e consiste nel prelievo di villi coriali placentari. L'amniocentesi, invece, si effettua fra la sedicesima e la diciottesima settimana di gravidanza prelevando un campione di liquido amniotico dalla cavità uterina. Entrambe le metodiche però sono gravate da un rischio abortivo minimo ma presente (0,5-1%) e una volta che la diagnosi sia stata fatta non è possibile nessuna terapia preventiva. Negli ultimi anni, grazie anche alle recenti decisioni legislative, però le coppie portatrici di anemia mediterranea possono, attraverso la procreazione medico assistita, eseguire la diagnosi preimpianto che prevede l'identificazione degli embrioni portatori dell'anomalia genetica e di quelli sani prima che siano trasferiti nell'utero materno per essere impiantati e permette dunque di concepire solo embrioni cosiddetti “sani”. 

L’unica terapia definitiva? Il trapianto di midollo
L’anemia mediterranea e i suoi sintomi possono essere tenuti sotto controllo attraverso trasfusioni e farmaci, cosiddetti ferrochelanti, che permettono all’organismo di eliminare le molecole che si sviluppano dopo la distruzione di globuli rossi e che si depositano negli organi causando danni ad altre parti del corpo come fegato, cuore etc.. L’unica cura “definitiva” è il trapianto di midollo osseo. Consiste nella somministrazione di cellule staminali emopoietiche prelevate dal midollo osseo di un donatore compatibile, che si andranno a sostituire a quelle “difettose” del ricevente. Purtroppo, non sempre questa pratica è attuabile. Presupposto indispensabile affinché si possa procedere al trapianto di midollo osseo è la compatibilità fra donatore e ricevente. Le possibilità di trovare cellule compatibili nel registro mondiale dei donatori sono molto ridotte; fra consanguinei stretti (fratello e sorella), queste aumentano ma sono sempre al di sotto del 30%.

a cura di GIULIA SAMMARCO
ha collaborato DOTT.SSA GAYA BETTONI
Specialista in Ostetricia e Ginecologia
- CENTRO ALEMAN E U.O. OSTETRICIA E GINECOLOGIA ASST BERGAMO EST ALZANO LOMBARDO -