C'è chi lo preferisce espresso, chi all'americana, chi lungo, chi corto. In ogni caso il caffè, soprattutto per noi italiani, è molto più di una semplice bevanda. È un rito, un’abitudine quotidiana irrinunciabile per la maggior parte delle persone. Non a caso è spesso al centro di studi scientifici che, di volta in volta, elogiano i suoi benefici o al contrario mettono in guardia dai rischi di un consumo eccessivo. Ma quindi, fa male o bene? Tutto dipende dalla quantità. Come ci spiega la dottoressa Roberta Delmiglio, dietista.

Dottoressa DelMiglio, il caffè può fare davvero bene?
Una vasta letteratura scientifica riporta i numerosi benefici associati a un moderato consumo di caffè su ulteriori importanti aspetti della fisiologia umana: dalla performance fisica al rallentamento del fisiologico declino cognitivo legato all’età, dalla riduzione del rischio di malattie neurodegenerative (come ad esempio il morbo di Alzheimer e la malattia di Parkinson) a un’azione protettiva nei confronti del diabete di tipo 2 e di alcune malattie del fegato tra cui cirrosi, steatosi ed epatite. Inoltre, la caffeina esercita un certo ruolo di stimolazione del sistema nervoso centrale, migliorando il livello di attenzione. Uno studio ha dimostrato come il caffè possa aumentare del 10% la velocità di elaborazione delle informazioni. Un caffè dopo pranzo, poi, aiuta a combattere la sonnolenza post-prandiale e a mantenere la capacità di concentrazione. Un altro vantaggio del caffè dopo i pasti è la sua capacità di favorire la digestione, grazie all’incremento della produzione di saliva, di secrezione gastrica e di bile, oltre alla stimolazione della motilità intestinale. In conclusione, un’assunzione moderata di caffè, quindi, può far parte di una dieta sana ed equilibrata e di uno stile di vita attivo.

Ma cosa s'intende per assunzione moderata? In altre parole quanti se ne possono bere al giorno?
Un consumo moderato di caffè, valutato sulla quantità di caffeina introdotta, è pari a 300 mg/die di caffeina per l’individuo adulto. Per avere un’idea di cosa significhi in termini di dosaggio, sono riportati nel box i quantitativi di caffeina contenuti in alcune delle bevande più comuni (Coffee Science Information Centre e altre fonti). Un consumo moderato corrisponde mediamente a 3-4 tazzine moka, ammesso che non vengano consumate altre bevande contenenti caffeina, come il tè o le bevande a base di cola o energetiche. Attenzione poi va posta al caffè americano e a quello istantaneo, che presentano un contenuto maggiore di caffeina, anche in virtù del maggior quantitativo assunto con una tazza. 

Queste regole valgono per tutti oppure ci sono persone o situazioni di salute per le quali sarebbe consigliabile ridurne il consumo?
Attenzione dovrebbero farla le persone che soffrono di disturbi gastrici e intestinali, per le quali il consumo di caffè ed altre bevande possono essere irritanti. Il consumo di caffè è invece sconsigliato a chi soffre di disturbi d’ansia e del sonno, in quanto il suo effetto stimolante può, nei soggetti particolarmente sensibili, generare un sonno disturbato specialmente nelle prime fasi. Abbiamo parlato di “soggetti particolarmente sensibili” perché effettivamente esistono diverse variabilità umane che possono modulare l’effetto della caffeina sull’organismo, come l’età (anziani e bambini sono più sensibili), la personalità e il peso corporeo (all’aumentare del peso aumenta la tolleranza). Inoltre va tenuto presente che la caffeina sembra manifestare maggiormente i suoi effetti quando assunta nella seconda parte della giornata (pomeriggio e sera). Chiaramente, gli effetti collaterali del consumo di caffè si manifestano qualora vengano consumate dosi elevate in un’unica assunzione e non se il consumo viene frazionato all’interno della giornata, permettendo al fegato e ai reni di metabolizzare ed eliminare la caffeina.

Ma anche chi soffre di problemi cardiovascolari o pressione alta può berlo?
Gli studi più recenti confermano che il consumo di caffè non aumenta il rischio di malattie cardiovascolari né di colesterolo nel sangue. Per quanto riguarda l’effetto sulla pressione arteriosa, spesso menzionato, è stato effettivamente osservato un temporaneo lieve aumento della pressione in seguito all’assunzione di caffè, paragonabile però a quello provocato da attività quotidiane come salire le scale. Al contrario, un consumo moderato e abituale di questa bevanda si associa alla lunga con un più basso livello di pressione, grazie all’effetto diuretico della bevanda e della presenza di potassio. Nei soggetti ipertesi è comunque consigliato consultare il medico per valutare il consumo di caffeina adeguato per la propria condizione. 

E in gravidanza?
Il consumo moderato di caffè non influenza in alcun modo il tempo di concepimento o la fertilità femminile, né comporta problemi per la donna in gravidanza o per la salute del nascituro. Considerando però che non sono ancora del tutto chiariti gli effetti della caffeina in dosi elevate, alle donne incinte e in allattamento si raccomanda di limitare il consumo di tutte le bevande contenenti caffeina, ponendo una particolare attenzione a non oltrepassare i già menzionati 300 mg al giorno.

INFORMAZIONI NUTRIZIONALI
Quantitativo di caffeina per porzione
Espresso o moka 40-80 mg per tazzina
Caffè americano 115-120 mg per tazza
Caffè istantaneo 65-100 mg per tazza
Caffè decaffeinato <5 mg per tazzina
Tè 40-50 mg per tazza
Cola 35-50 mg per lattina Bevanda energetica 50-100 mg per lattina

Nemico delle ossa?
Il caffè induce una perdita di calcio a livello renale, fattore che potrebbe aumentare il rischio di osteoporosi in persone che non consumano sufficienti quantità di questo minerale, prezioso per la salute delle ossa. Il problema però non si pone in caso di assunzione adeguata di calcio. Inoltre nella genesi dell’osteoporosi concorrono altri fattori fisiologici e patologici e sono coinvolti altri nutrienti, come la vitamina D e le proteine.

a cura di VIOLA COMPOSTELLA
con la collaborazione della DOTT.SSA ROBERTA DELMIGLIO
Dietista
- A STEZZANO E trezzo sull'ADDA -