È stato uno dei temi caldi dell’estate. Complici anche fatti di cronaca come quello della bambina di 3 anni, figlia di genitori vegani, ricoverata d’urgenza perché malnutrita e persino proposte di legge che vorrebbero rendere reato imporre la dieta vegana ai bambini sotto i 16 anni. Parliamo del veganismo, uno stile alimentare che, polemiche a parte, riscuote sempre più successo anche nel nostro Paese (sarebbe vegano circa l’1% degli italiani, mentre i vegetariani l’8%). Ma cosa significa “essere vegano”? E che differenza c’è rispetto all’essere vegetariano? Quali sono i rischi e i benefici per la salute? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Barbara Vitali, farmacista.

 

Dottoressa Vitali, chi sono i vegani e in cosa si differenziano dai vegetariani? 
Nel vegetarismo confluiscono diversi stili alimentari accomunati dall’esclusione dalla dieta di tutti i tipi di carne animale (di terra, aria e mare). Ciò che differenzia tali stili alimentari è il consumo dei derivati animali. Tra i vegetariani troviamo i latto-ovo-vegetariani, gli ovo-vegetariani e i latto-vegetariani che consumano uova e/o latte e i vegani che escludono dalla dieta ogni derivato animale.

Ma quindi cosa mangia un vegano?
Cereali, legumi, verdure, semi oleaginosi, frutta fresca e secca. Questi alimenti apportano carboidrati complessi, fibre, vitamine, minerali, antiossidanti, fitocomposti (benefici per il nostro corpo) e non sovraccaricano l’organismo con proteine acide, grassi saturi, colesterolo e sale dannosi per l’organismo.

Le proteine in una dieta vegana ci sono? 
Certo, le proteine sono presenti in tutti gli alimenti sopra citati, in particolare in cereali, legumi e frutta secca. Le proteine si formano dalla diversa combinazione di 20 amminoacidi, 8 dei quali sono essenziali, ovvero devono essere introdotti con la dieta perché il nostro organismo non è in grado di produrli. Mentre le proteine di origine animale contengono tutti e 8 gli amminoacidi essenziali in quantità ottimale, le proteine vegetali sono carenti di alcuni amminoacidi. Gli amminoacidi carenti nei cereali però sono abbondanti nei legumi e viceversa, quindi combinandoli è possibile ottenere la completezza amminoacidica. Anche le verdure sono caratterizzate da amminoacidi limitati, ma ognuna ne ha uno diverso. La completezza proteica di una dieta non si valuta sul singolo alimento, ma su ciò che viene consumato durante la giornata. Quindi, a condizione che vengano assunti alimenti vegetali in modo variato e che venga soddisfatto il fabbisogno energetico, le proteine vegetali possono tranquillamente soddisfare i fabbisogni nutrizionali proteici.

È necessario ricorrere a qualche integratore?
I soggetti che non assumono cibi di origine animale o ne limitano fortemente l’utilizzo rischiano di incorrere in una carenza di vitamina B12 e devono pertanto utilizzare integratori specifici. La vitamina B12 viene infatti sintetizzata solo ed esclusivamente da alcune alghe, batteri e lieviti ed è assente nel regno vegetale. Il rischio di carenza di vitamina B12 nell’alimentazione vegetariana, soprattutto vegana, viene proposto come prova a supporto della posizione che considera “innaturale” l’esclusione di cibi animali. In realtà l’organismo umano richiede quote molto ridotte di vitamina B12 che, verosimilmente, la dieta originaria dell’uomo era in grado di fornire anche a partire da cibi vegetali contaminati da batteri e insetti. Esistono poi nutrienti ingiustamente considerati carenti nella dieta vegana, come ferro, calcio e acidi grassi Omega-3, per i quali in realtà non esistono problemi di adeguatezza. Il ferro è un minerale contenuto in grandi quantità nei vegetali, ma per favorirne l’assorbimento è fondamentale ricorrere ad alcune strategie: una delle più importanti è assumere la vitamina C (anche poche gocce di limone) contemporaneamente al cibo ricco di ferro. Il calcio non si trova solo nei latticini ma è presente in grandi quantità anche nei vegetali, quali mandorle, rucola, cavoli, broccoli, sesamo, soia e suoi derivati. Per coprire il fabbisogno giornaliero di acidi grassi Omega-3 non è necessario consumare pesce, ma è sufficiente assumere quotidianamente due cucchiaini di olio di lino oppure otto-dieci noci e limitare l’assunzione di grassi saturi e colesterolo (assente nei vegetali).

Ci sono situazioni in cui sarebbe meglio evitare una dieta vegana?
Secondo la posizione ufficiale dell’ADA (American Dietetic Association), se ben bilanciata e pianificata, un’alimentazione vegetariana (sia essa latto-ovo-vegetariana, latto-vegetariana o vegana) è salutare per adulti, ma anche donne in gravidanza e allattamento, bambini ed adolescenti, e apporta tutti i nutrienti di cui l’organismo necessita. Ovviamente, come evidenziato, è importante informarsi e non improvvisare per non incorrere in carenze nutrizionali dannose per l’organismo.

Come mai allora si sente parlare di ospedalizzazione di alcuni bambini vegani?
Questi casi specifici sono il frutto di gravi negligenze di genitori e pediatri. Per alcune decine di bambini vegani carenti di vitamina B12, esistono però in Italia più di un milione di bambini onnivori in grave sovrappeso, a rischio diabete, ipertensione, malattie cardiovascolari. La disinformazione in campo nutrizionale esiste ed è dannosa. Per questo il dovere dei professionisti della salute (medici, pediatri, nutrizionisti) non è dissuadere chi intraprende una dieta vegana, ma sostenerlo e accompagnarlo fornendogli quelle semplici competenze necessarie a ottenere il massimo dei vantaggi da un’alimentazione totalmente vegetale.

LE MOTIVAZIONI: DA QUELLE ETICHE E QUELLE DI SALUTE
• Etiche. Gli animali sono esseri senzienti che, come confermato da studi etologici, provano sentimenti ed emozioni al pari degli esseri umani. Inoltre spesso dietro la produzione di latte e di uova ci sono animali sfruttati, maltrattati e uccisi.
• Ambientaliste. La produzione di ogni tipo di cibo richiede energia, materie prime (terra e acqua) e comporta emissioni inquinanti. Il consumo di alimenti vegetali permette però di impattare sull’ambiente in minor misura rispetto all’utilizzo di alimenti di origine animale. Se si calcola il “rapporto di conversione” da mangimi vegetali per gli animali a “cibo” per gli umani (carne, latte, uova) otteniamo mediamente un valore pari a 15:1. Ciò significa che per ogni chilo di carne ricavata da un animale, lo stesso animale ha dovuto assumere mediamente 15 chili di vegetali, appositamente coltivati. L’utilizzo della stessa quantità di risorse per la produzione di alimenti vegetali a uso umano invece che per mangime, permetterebbe quindi di ottenere una quantità 15 volte maggiore di cibo e evitare la produzione di emissioni inquinanti legate al bestiame o, al contrario, sarebbero necessarie 15 volte meno risorse per ottenerne la stessa quantità di cibo per uso umano anziché per mangime.
• Sociali. Se cereali e soia utilizzati come mangimi per animali venissero usati per sfamare direttamente le popolazioni malnutrite dei Paesi in via di sviluppo, si ridurrebbe la fame nel mondo.
• Salutiste. Una dieta a base vegetale avrebbe un effetto protettivo nei confronti delle cosiddette “malattie del benessere” (sovrappeso, diabete, ipertensione, infarto, ictus, gotta).

a cura di VIOLA COMPOSTELLA
con la collaborazione della DOTT.SSA BARBARA VITALI
Farmacista
- Master in alimentazione e dietetica vegetariana -