Gli italiani soli sono quasi 7 milioni, il 41% in più rispetto a 10 anni fa. I motivi? Tanti e diversi, ma c’è anche chi ha chiuso (o almeno crede) con l’altro sesso. Non sono né sposati né fidanzati. Non sono a caccia di una relazione, né del grande amore né di flirt passeggeri. Preferiscono stare da soli. Sono gli Sneet cioè “Single Not in Engagement, in Expecting, in Toying”. In altre parole persone che vivono da sole, non sono fidanzate e non sono alla ricerca di una persona con la quale condividere dei progetti di vita né alla ricerca di relazioni occasionali, felici e convinti del proprio stile di vita da single.

Secondo l’ultimo censimento Istat del 2015, gli italiani single sarebbero oltre sette milioni con un aumento di circa quaranta per cento rispetto a dieci anni fa. Insomma un fenomeno tutt’altro che marginale, molto diffuso anche nel resto dei Paesi occidentali. Ma da cosa deriva questa scelta così netta? È possibile davvero essere felici rinunciando del tutto alla vita di coppia? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Tania Fedrici, psicologa e psicoterapeuta.

Dottoressa Fedrici, che cosa sta alla base di un tale atteggiamento?
Senza dubbio la decisione di non addentrarsi in nuove relazioni può essere dovuta a precedenti esperienze finite male che possono avere lasciato degli importanti traumi emotivi che in alcuni casi non vengono superati. In queste situazioni le persone preferiscono ripiegare sulla propria individualità coltivando altri interessi e cercando di prendersi cura di se stessi da soli. Questo atteggiamento difensivo può essere temporaneo e serve per recuperare alcuni aspetti della propria autostima, o definitivo. Se la persona decide di non investire nelle relazioni amorose per tutta la vita, la scelta si pone come più complessa anche dal punto di vista psicologico poiché significa che il trauma di relazioni passate non riuscite è andato a modificare valori e visioni della persona in maniera definitiva. Un altro aspetto su cui riflettere è senza dubbio culturale ed è con ogni probabilità legato al momento storico che stiamo vivendo, un'epoca nella quale l’individualismo, la cura di sé e la difficoltà a rinunciare ai propri spazi ed abitudini sembrano essere aspetti imprescindibili per il nostro benessere. La prospettiva di una relazione obbliga necessariamente all’integrazione e ad alcune rinunce personali. Nella relazione inoltre si corre il rischio del cambiamento, della frustrazione e della delusione. Questo tipo di decisione potrebbe suggerire anche una forte paura di rischiare di stare male nella relazione, una non-accettazione del fatto che il legame amoroso potrebbe non rispettare le aspettative personali e una forte paura di sofferenza in termini generali. Esiste infine la tendenza a concentrarsi maggiormente sugli aspetti negativi e senza dubbio faticosi delle relazioni interpersonali tralasciando il fatto che stare nella relazione con altri resta un bisogno primario e con effetti del tutto positivi!

Ma se la relazione con gli altri è un bisogno primario, come si può pensare di essere davvero felici e appagati scegliendo di vivere per sempre da soli, a tutti i costi, senza una persona con cui condividere la propria esistenza? Non è in quale modo "contro natura"?
Gli Sneet per definizione ripiegano su altre attività il proprio nutrimento relazionale coltivando ad esempio un maggior numero di relazioni amicali e partecipando a diversi gruppi attraverso le più disparate attività. Così facendo verrebbe mantenuto e soddisfatto il bisogno di stare nella relazione con altri senza però addentrarsi in una relazione amorosa esclusiva.

Nella vita però non si sa mai e può capitare, magari proprio quando meno ce lo si aspetta, di innamorarsi follemente. In questi casi come si può fare a "entrare" nel mondo dello/a sneet e soprattutto nelle sue abitudini? 
È vero. In alcuni casi però accade che in questo equilibro "perfetto" si insinui il colpo di fulmine per l'altro, un evento così improvviso e magari corrisposto che crea una crepa nel modo di vivere degli Sneet i quali si vedono costretti, se non vogliono rinunciare alla relazione, a ridefinire priorità e obiettivi. Spesso chi vive ritirato ha bisogno di tempo e di certezza prima di potersi affidare all'altro e possono essere frequenti momenti di chiusura e di freddezza che si alternano a brevi attimi di apertura e vicinanza. Solo un ascolto empatico e la voglia di far crescere la relazione potrà portare nel tempo alla fiducia e alla vicinanza vera facendo uscire la persona dal proprio guscio e rendendola consapevole del fatto che può valere la pena di rischiare per l'altro.

a cura di ELENA BUONANNO
con la collaborazione della DOTT.SSA TANIA FEDRICI
Psicologa e Psicoterapeuta
- PRESSO STUDIO DI PSICOLOGIA REBUS CASIRATE D'ADDA (BG) -