È un’esperienza molto diffusa che accomuna la vita di tanti neogenitori: non sempre quando si tratta di andare a nanna tutto fila liscio, soprattutto con i bambini sopra l’anno d’età. Capita che non ne vogliano sapere di andare a dormire. E così scattano le resistenze. Quali consigli dare ai genitori per farli addormentare senza lacrime? Come favorire un buon rapporto con il sonno? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Teresa Pandolfo, consulente pedagogica.

Dottoressa Pandolfo, perché è così importante il sonno per i più piccoli?
Il sonno fa parte dell’esperienza dell’essere umano. Spesso sottovalutato è in realtà indispensabile per l’equilibrio bio-psichico della persona. È riposo per la mente e rinvigorisce il fisico. In particolare il bambino, durante il sonno, rielabora le esperienze vissute di giorno ed è quindi per lui un momento importante che va accompagnato. La durata del sonno varia molto con l’età: i neonati dormono più di un bambino di un anno, l’adulto più dell’anziano. È da tenere in considerazione però anche la grande variabilità individuale, poiché ogni bambino, così come ogni adulto, è unico, con le proprie caratteristiche e con una propria storia di vita. Il sonno è “abbandono” per definizione. È abbandono di sé stessi, di ogni difesa per entrare in una situazione incontrollabile soprattutto per i bambini che, quando sono molto piccoli, non riescono a prevedere ciò che accadrà durante e dopo il riposo. Riflettere su ciò che significa per un bambino “andare a fare la nanna” vuol dire mettersi in una condizione empatica nei suoi confronti. Significa osservarlo, parlare con lui, capire il suo stato d’animo, le paure nell’abbandonarsi al sonno e comprendere magari il motivo dei risvegli notturni; insomma conoscere il suo “stile di nanna”, cosa lo fa stare bene, cosa lo tranquillizza.

Qual è l’età più “critica”?
Alla conclusione del primo anno di vita, il sonno del bambino ha diversi tratti in comune con quello dell’adulto ed è a partire da questo momento che addormentamento e separazione dai genitori acquisiscono significati nuovi, che spesso richiedono una revisione nell’organizzazione della vita familiare, soprattutto di quella serale. Quando il bimbo cresce, a partire circa dai 18 mesi, il passaggio dalla veglia al sonno non è così dolce come nei suoi primi mesi di vita. Può succedere che per esempio si rifiuti di andare a letto all’orario stabilito o che manifesti il desiderio di voler giocare più a lungo con i propri genitori, mentre questi ultimi desidererebbero poter avere un momento per sé, di riposo, dopo un’impegnativa giornata di lavoro. Può capitare allora di innervosirsi o spazientirsi proprio nel momento in cui si portano a letto i figli, quando invece, al contrario, si dovrebbe essere maggiormente tranquilli affinché questo momento risulti il più disteso possibile.

Come si può aiutarli ad addormentarsi serenamente?
Non esistono ricette preconfezionate o metodi infallibili per addormentare i bambini, perché nessuna strategia può funzionare per tutti. Ogni genitore, se guidato opportunamente, può trovare rispetto alla nanna le sue personali strategie e le modalità più efficaci. L’addormentamento è un processo che si impara piano piano e il modello che offrono i genitori nella nanna, come in altre situazioni che riguardano l’educazione dei figli, gioca un ruolo fondamentale. Creare dunque dei rituali della buona notte (magari fin dal primo anno di vita) che si ripetano sempre uguali, come leggere una storia o ascoltare una musica, rassicurano il piccolo e sono efficaci poiché sono replicabili anche durante i risvegli notturni, aspettando un momento prima di prenderlo in braccio. Prima della nanna è importante creare una situazione di relax, facendo per esempio un bagno caldo. In seguito il bambino deve capire quando sta arrivando il momento del sonno, magari anche dicendogli: “tra cinque minuti andiamo a letto!”. Lasciategli il tempo di concludere il gioco che sta facendo, proponetegli di scegliere insieme i libri da leggere e incamminatevi nella sua camera. Insieme create l’atmosfera nella stanza, oscurate l’ambiente con le tende o le tapparelle e accendete, se necessario, una piccola luce (conforto qualora si destasse nella notte), ascoltate una musica rilassante e invitatelo a sdraiarsi nel suo letto. Sedetevi vicino a lui, non precludete al bambino la vostra vicinanza e il contatto fisico. Leggete le storie scelte, fategli qualche carezza, sussurrate qualche parola dolce al suo orecchio e cercate di cogliere i segnali che vi invia per indicarvi che si sta rilassando ( piccoli sbadigli, toccarsi le orecchie, stropicciarsi gli occhi). Lasciate che usi il ciuccio o accarezzi un peluche o un gioco che lo rassicuri. Ripetete queste azioni tutte le sere. Inizialmente l’addormentamento potrebbe non essere un momento semplice né particolarmente veloce, ma il ripetersi di questi gesti daranno al bambino un senso di sicurezza, revedibilità, possibilità di controllare gli eventi e lo aiuteranno a instaurare un buon rapporto con la nanna. Ovviamente quando i piccoli sono malati, oppure nei giorni di inserimento al nido o alla scuola dell’infanzia, o quando trascorrono una giornata particolarmente impegnativa, come noi adulti possono impiegare più tempo per addormentarsi o avere un sonno agitato, svegliarsi di notte, chiedere maggiori coccole e rassicurazioni. In questi casi è bene consolarli, prendersi cura di loro e accogliere con tranquillità le loro emozioni.

Riflettere su ciò che significa per un bambino andare a fare la nanna vuol dire mettersi in una condizione empatica nei suoi confronti

a cura DI VIOLA COMPOSTELLA
con la collaborazione dellla DOTT.SSA TERESA PANDOLFO
Consulente Pedagogica Presso Ananda Bergamo