Riportiamo integralmente la toccante testimonianza di Marina Rota, coraggiosa giovane donna, moglie e mamma che sta lottando contro il tumore.
È la fine di giugno del 1998 quando, dopo una visita dermatologica per un brutto neo sulla schiena, vengo ricoverata per l’asportazione del sospetto melanoma e di due linfonodi sentinella ascellari. Purtroppo per una serie di vicissitudini l’esame istologico del melanoma non è disponibile mentre i due linfonodi sentinella risultano negativi.

Ho 20 anni, una vita allegra e spensierata e non mi rendo realmente conto di ciò che ho rischiato. E così continuo la mia vita facendo regolarmente i miei controlli. Una volta conseguito il Diploma di Laurea in Tecnico Sanitario di laboratorio biomedico, inizio a lavorare nel Day Hospital oncologico di Humanitas-Gavazzeni dedicandomi all’allestimento di farmaci chemioterapici. Un’esperienza meravigliosa, soprattutto per il rapporto e l’empatia con i miei pazienti. Un posto speciale dove ho lasciato un pezzo del mio cuore.

Nel frattempo continuo ovviamente con i miei controlli, per fortuna sempre negativi. Faccio progetti, mi sposo, metto su famiglia. Nel 2006 per motivi personali lascio il day hospital e affianco mio marito Cristian nella gestione del suo bar. Tra il 2008 e il 2012 nascono i nostri meravigliosi bambini, Gaia, Giulia e Alessandro. Sono felice, tutto sembra andare per il meglio. E invece a febbraio 2015 una terribile scoperta: un apparente nodulo al seno che si rivelerà invece una metastasi (n.d.r. cellule maligne che si staccano dal tumore originario e si diffondono in altri organi) linfonodale del mio vecchio melanoma. Inizia così una trafila di esami più o meno invasivi ma sicuramente densi di apprensione. Agoaspirato, biopsia, Pet, TAC encefalo e risonanza encefalo. Nella mia testa le parole dei medici “melanoma, metastasi, melanoma, metastasi” pesano come macigni. Dopo tanta paura, però, per fortuna da tutti questi esami risulta solo la metastasi linfonodale. Un tumore sì, ma non "nuovo" e circoscritto.

Ed eccomi alla mia prima visita oncologica. Io che avevo preparato chemioterapie e prenotato visite per tanti pazienti, mi ritrovo alla mia prima visita oncologica. L'oncologo, quello che sarà il mio oncologo, il dottor Mandalà, mi conferma che si tratta di una ripresa locoregionale linfonodale ascellare del mio "vecchio" melanoma. Contatterà il chirurgo, mi dice, il dottor Piazzalunga, lo stesso che mi aveva operato 17 anni prima, per programmare l'intervento di linfoadenectomia completa, cioè l'asportazione dei linfonodi ascellari compresa la metastasi.

Arriva il giorno dell’intervento. L’operazione va bene, ma il chirurgo deve sacrificare il muscolo piccolo pettorale. Inizia così un periodo di riabilitazione post intervento e di attesa dell’esame istologico. Già… l’esame istologico. Un linfonodo positivo su 25. Che significa un melanoma al terzo stadio. Terzo stadio. Difficile da digerire e da accettare, soprattutto per una donna di 37 anni. A questo punto l’oncologo mi propone di partecipare a uno studio sperimentale ma solo se il mio melanoma, o meglio la sua metastasi, risulterà positivo a una mutazione genetica detta BRAF. Accetto senza nessuna esitazione anche perché l'alternativa sarebbe l'interferone che purtroppo dà solo il 4% di risposta a fronte di parecchi effetti collaterali. Finalmente mi comunicano la mia idoneità a partecipare allo studio clinico. Una giornata di felicità pura e assoluta. Altra TAC total body di controllo e iniziamo con le infusioni con i farmaci previsti dalla sperimentazione, ipilimumab/nivolumab/placebo. Purtroppo però le vene del mio braccio sinistro (il braccio destro non può essere utilizzato per evitare possibili edemi) sono un po’ scarse per la frequenza delle infusioni e quindi programmiamo il posizionamento del port-a-cath (ndr. dispositivo biotecnologico che permette di avere un accesso venoso centrale permanente). La terapia durante l’estate procede senza gravi effetti collaterali a parte la stanchezza, vera e propria astenia che mi colpisce fin dai primi giorni. Purtroppo però presto iniziano le numerose scariche giornaliere, uno dei possibili effetti collaterali …e a fine settembre la colonscopia evidenzia una grave colite. E quindi la mia terapia viene sospesa definitivamente.

Sono delusa, arrabbiata, triste e spaventata. Mi sento come se fossi in mezzo al mare senza un salvagente. Non tutti i giorni sono uguali per fortuna. Ci sono alti e bassi. Per fortuna più alti che bassi. Lo so che può sembrare assurdo ma quando vuoi guarire, quando vuoi star bene, sei disposto a sopportare qualunque effetto collaterale, sei disposto a fare qualunque sacrificio. Soprattutto con un melanoma al terzo stadio. Lo so che può sembrare assurdo desiderare così tanto una terapia vista la lista infinita di effetti collaterali. Io sono stata "fortunata"...non ho perso i capelli. Ma anche se l'aspetto esteriore non ne risente troppo non significa che non sia devastante...problemi intestinali, nausea, stomatite (i taglietti in bocca per cui diventa una sofferenza mangiare...) astenia, senza dimenticare il gonfiore, l'insonnia e l'irritabilità dovuti al cortisone!

E così ora eccomi qua con i miei controlli ogni 12 settimane. Ho imparato a vivere apprezzando le cose belle che ho. Un giorno alla volta, anzi una TAC alla volta... Se mi avessero detto che avrei vissuto e aggiungerei vissuto bene, con un melanoma al terzo stadio, non so se ci avrei creduto. E invece sì. Una vita strana, prima eri Tu che portavi la terapia e un sorriso ai tuoi pazienti, e ora ti ritrovi dall’altra parte. La parola cancro, la parola tumore sono orribili… ma la parola metastasi, almeno per me, è stata devastante… Il mondo ti crolla addosso e la disperazione ti porta a pensare che non ci sia più nulla da fare. E invece c’è da fare! L’intervento, la riabilitazione, le cure oncologiche, il supporto di cure omeopatiche, l’alimentazione, la psicoterapia e anche il mio blog (www.marydallaltraparte.com).

E sapersi affidare con fiducia (con un chirurgo e un oncologo così speciali, medici ma soprattutto persone sensibili, competenti, umane e professionali non è difficile sapersi affidare), sorridere, pensare positivo… Perché quello che conta è avere il sole dentro, circondarsi dei propri affetti e qualche volta allontanarsi e prendersi del tempo per sé. Per piangere mentre si ascolta una canzone o mentre si scrive un articolo, piangere a singhiozzi perché ripercorrere in parte questo anno e vedere tutto nero su bianco fa davvero male. Ma alla fine quando butti tutto fuori, quando ti sfoghi stai meglio, ti asciughi le lacrime e riparti un po’ più forte di prima, per te, per i tuoi bimbi meravigliosi per il tuo fantastico marito. “Perché una donna ricomincia comunque, ha dentro un istinto che la trascinerà sempre avanti. Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una nuova forma per la tua nuova te” (Jack Folla).

 a cura di Marina Rota