Rappresenta la prima causa di ricovero in ospedale oltre i 65 anni ed è uno dei problemi di salute pubblica di maggior rilievo. Parliamo dello scompenso cardiaco o insufficienza cardiaca. A soffrirne in Italia sono circa 600.000 persone e si stima che la sua incidenza raddoppi a ogni decade di età (dopo i 65 anni arriva al 10% circa). Ma si tratta di cifre destinate ad aumentare in modo importante nei prossimi anni, complice il costante allungamento dell'età media. Nella maggior parte dei casi, la malattia si sviluppa lentamente e comincia a causare disturbi anche a distanza di alcuni anni dal suo esordio. Per questo è fondamentale imparare a riconoscerla il prima possibile, in modo da mettere in atto le strategie e le cure migliori tra quelle oggi disponibili. In questo campo il progresso più recente è stato l'introduzione alcuni anni fa della terapia di risincronizzazione cardiaca (CRT) con pacemaker, che consente di diminuire di oltre un terzo (36%) la mortalità di questi pazienti rispetto alla terapia medica ottimale.

Quando il cuore si stanca
Per comprendere cosa si intenda per scompenso cardiaco dobbiamo fare un passo indietro rispolverando le nozioni di anatomia del cuore. Il cuore è un muscolo che ha il compito di mandare in circolo il sangue in tutto il corpo: la parte destra riceve il sangue venoso (povero di ossigeno) proveniente da tutti gli organi e lo pompa verso i polmoni; la parte sinistra riceve dai polmoni il sangue ricco di ossigeno e lo pompa in tutto il corpo, fornendo ossigeno a tutti i tessuti (vedi immagine). Lo scompenso si manifesta quando il nostro cuore, essenzialmente la parte sinistra, non riesce più a pompare adeguatamente il sangue. Inizialmente il corpo reagisce e cerca di adattarsi alla nuova situazione, producendo alcuni ormoni che aumentano la frequenza cardiaca (tachicardia), lo spessore delle pareti (ipertrofia) e la pressione (trattenendo sodio-sale e acqua). Queste modificazioni, che dovrebbero migliorare la capacità di pompare sangue nelle arterie, in realtà tendono a peggiorare ulteriormente la situazione poiché in queste condizioni il muscolo cardiaco si sfianca ancora di più. Nel tempo, si determina quindi ipertensione (ingorgo) nei vasi a monte del cuore e un accumulo di liquidi a livello dei vari tessuti (polmone, addome, arti inferiori etc.) oltre alla riduzione della gittata cardiaca (cioè il volume di sangue espulso da un ventricolo cardiaco durante un minuto) a causa della quale gli altri organi e tessuti ricevono meno ossigeno e nutrimento.

I segnali da non sottovalutare (dopo una certa età)
Ma quali sono i "campanelli" che possono far sospettare un problema di scompenso cardiaco? Si passa dall'assenza di sintomi (nello stadio iniziale della malattia), al facile affaticamento e affanno da sforzo lieve fino, negli stadi avanzati, all'affanno a riposo con la necessità di respirare seduti o in piedi. Ci sono poi altri sintomi di vario grado ed entità come il gonfiore, che riguarda soprattutto i piedi e le caviglie ma può estendersi anche alle gambe e all'addome, inappetenza con perdita di peso oppure aumento di peso (dovuto all'accumulo di liquidi tipico della malattia), tosse, stanchezza, palpitazioni, confusione mentale etc.. Il primo passo per la diagnosi è l'anamnesi del paziente (storia clinica, fattori di rischio etc.) seguito dall'esame obbiettivo cardiopolmonare, addominale e agli arti. A seconda del dubbio diagnostico il medico può poi richiedere esami specifici: esami del sangue, esami strumentali come ecocardiogramma ed elettrocardiogramma (ECG), lastra del torace (radiografia), ECG sotto sforzo, coronarografia. In particolare, uno dei parametri più indicativi per misurare la funzione della pompa cardiaca è la valutazione ecocardiografica della frazione di eiezione (FE) del ventricolo sinistro, cioè la quantità di sangue espulsa a ogni battito cardiaco.

Una malattia dei giorni nostri
Questa disfunzione del muscolo cardiaco è dovuta innanzitutto all'allungamento della vita media, associata a cardiopatia ischemica (cioè quando il flusso di sangue attraverso arterie coronarie malate è insufficiente per una adeguata irrorazione del muscolo cardiaco), ipertensione, diabete, disturbo del ritmo cardiaco, sclerosi (cicatrici) dello stesso muscolo derivate ad esempio da un infarto, malattie congenite e degenerative, valvulopatie (malattie delle valvole cardiache a causa delle quali il cuore è costretto a un sovraccarico di lavoro a seguito del malfunzionamento di una o più valvole che separano le cavità del cuore), infezioni, etc..

La terapia: da quella medica a quella "elettrica"
La cura dello scompenso cardiaco si basa, dove è possibile, sulla correzione della causa. L'obbiettivo in ogni caso è "alleggerire" il sovraccarico di lavoro del muscolo cardiaco. La prima cosa che si può e si deve fare è modificare lo stile di vita: smettere di fumare, ridurre l'assunzione di sodio (sale), perdere peso o ridurre il livello di stress. La terapia medica normalmente consiste in vasodilatatori, diuretici e farmaci che agiscono sulla forza del muscolo cardiaco (spesso anche in associazione). Negli ultimi anni è emersa, con ottimi risultati in molti pazienti, anche una terapia "elettrica" dello scompenso cosiddetta di risincronizzazione cardiaca (CRT). Spesso infatti nel cuore scompensato si verificano disturbi della trasmissione dell'impulso elettrico: i ventricoli destro e sinistro non si contraggono più simultaneamente, rendendo di conseguenza meno efficiente la capacità di pompare il sangue. La "cura" consiste nell'impianto di un particolare pacemaker biventricolare che invia piccoli impulsi elettrici in simultanea ai due ventricoli. In questo modo i due ventricoli ricominciano a lavorare in maniera più regolare e coordinata e migliora quindi il pompaggio del sangue. Per ultimo, alcuni pazienti vanno indirizzati al cardiochirurgo per l'impianto di una "pompa artificiale-VAD" (sistema di assistenza ventricolare che permette di mantenere costante la portata cardiaca anche quando il cuore non riesce più a svolgere autonomamente la funzione di pompa) o per eventuale trapianto cardiaco nei casi, ormai rari, che non rispondono alle cure citate.

Acura del dottor Antoine Kheir
Specialista in Cardiologia del Policlinico San Pietro
di Ponte San Pietro