Intervista con la scultrice Viveka Assembergs che ha realizzato una toccante Via Crucis sul sentiero di Papa Giovanni a Sotto il Monte.
Era il Sentiero di Papa Giovanni. Lo aveva percorso tante volte in raccoglimento partendo da Ca’ Maitino inerpicandosi fino alla Torre di San Giovanni sulle colline di Sotto il Monte. A questo colle Angelo Roncalli era molto affezionato tanto che appena diventato Papa disse all’allora sindaco e capogruppo degli alpini del suo paese natio, Pier Carlo Carissimi, ricevendolo in udienza a Castel Gandolfo: «Carleto, mi raccomando, non fate crollare San Giovanni». A distanza di anni la raccomandazione di Giovanni XXIII si è addirittura trasformata in un’opera d’arte, prima con gli alpini che hanno rifatto e messo in sicurezza il sentiero con 12 mila ore di lavoro, e da pochi mesi con l’istallazione di una toccante Via Crucis realizzata dalla scultrice Viveka Assembergs, svedese di origine ma trasferitasi da bambina a Bergamo, dove ha studiato al Liceo Artistico.

Incontriamo Viveka nel suo studio a Torre Boldone, che si affaccia su un giardino dove sono esposte alcune sue bellissime opere. È appena tornata da Sotto il Monte dove ha fatto da guida a 36 alunni della terza media spiegando la sua “Via Crucis”. «è stata un’esperienza bellissima» ci dice «anche se i ragazzi erano un po’ su di giri, ma bisogna capire la loro vivacità dopo due anni e mezzo di covid». D’altronde lei i ragazzi cerca di capirli anche psicologicamente visto che insegna scultura e metodi e tecniche di scultura di arte sacra contemporanea all’Accademia di Belle Arti Santa Giulia Brescia.

Viveka, occhi azzurrii e capelli biondi, ha respirato arte fin da piccola, la sua è infatti una famiglia di artisti: padre, nonni, zii e cugini disegnatori, pittori o scultori. Ha una sorella maggiore, Monika, che è tornata in Svezia dove alleva cavalli, e un fratello, Peter, direttore dell’ASST di Treviglio. «Siamo arrivati a Bergamo alla fine degli anni 60 con la famiglia, seguendo mia mamma, svedese, e mio padre ingegnere, olandese, che collaborava con un’azienda bergamasca» ci racconta Viveka, nome che in Scandinavia significa “fortezza di guerra”. «L’inizio è stato duro, mi sembrava tutto diverso. La gente mi guardava con curiosità. La lingua difficile. Anche all’asilo, dalle suore, ero in difficoltà, non ne avevo mai vista una in Svezia. Ma in poco tempo mi sono integrata e ho imparato l’italiano».

E a Bergamo è rimasta, si è sposata e tra un po’ festeggerà i 40 anni di matrimonio. Inizia la sua attività come grafica pubblicitaria, poi si dedica alla decorazione e al restauro. La svolta con la scultura avviene nel 2007 quando sollecitata da Domenico Montalto, critico d’arte recentemente scomparso, espone le sue opere dal titolo “Occorrono le ali” al Centro San Bartolomeo di Bergamo. Poi altre mostre, nella Bergamasca, a Milano, a Berlino, in Svezia, a Barcellona. Fino a vincere il concorso indetto dalla parrocchia di Sotto il Monte per la realizzazione della Via Crucis. «Non è stato facile» ci spiega la scultrice. «C’è stata una lunga preparazione, un lavoro sulla mia persona, uno studio delle Sacre Scritture e dei luoghi di Gesù. Ho provato a immaginare gli odori, i colori di una terra tanto lontana e arida con atmosfere molto diverse dalle nostre. Un lavoro che ha comportato anche una specie di isolamento. La difficoltà è stata anche nella misura di queste installazioni: 30 centimetri al massimo di altezza. Ho rispettato le 14 stazioni canoniche mantenendo un linguaggio figurativo. In alcune però c’è uno spazio di tempo più dilatato. Poi quando tutto era pronto per essere istallato da Ca’ Maitino a Torre di San Giovanni sono arrivati il covid e il lockdown. Nei mesi di fermo ho passato tanto tempo in studio tra i miei gruppi della Via Crucis ma non ho voluto apportare alcuna modifica a ciò che avevo fatto. Nel lockdown però d’accordo con gli organizzatori abbiamo deciso di aggiungere una quindicesima stazione con due momenti importanti: la Resurrezione di Cristo raffigurata dal Sepolcro vuoto con la pietra spostata e le Pie Donne e con la Maddalena protesa nella ricerca del Signore. Ho voluto dare così un segno di speranza con la Resurrezione di Gesù e la vittoria sulla morte».

Prima della pandemia questi gruppi scultorei bronzei a cera persa sono stati esposti a Palazzo della Ragione ammirati da novemila visitatori in quattro settimane. I commenti sono stati entusiastici. In quella occasione monsignor Dolcini parroco di Sotto il Monte ha così commentato l’opera: «Siamo molto soddisfatti. Viveka Assembergs ha saputo tradurre i temi della Passione in un’opera concreta che è capace di trasmettere il movimento e il pathos della Via Crucis. Ha prestato grande attenzione e si è saputa immedesimare nella sofferenza e nel clima dei tragici momenti precedenti la morte di Cristo». E la mostra a Palazzo della Ragione Viveka la ricorda ancora con entusiasmo. «È stato emozionante» dice «un’interessante esposizione accolta con grande entusiasmo, che ha valorizzato ancora di più queste mie opere senza volto». Le sculture infatti non hanno una fisionomia. Ora sono sulla salita tra Ca’ Maitino e la Torre di San Giovanni montate su piedistalli di ferro arrugginito di un metro e ottanta con dietro una quinta che nelle intenzioni della scultrice doveva rappresentare la Sacra Sindone. Davanti a loro si prova un senso di pace e il desiderio di recitare una preghiera. Così l’arte può curare anche l’anima.

Con Viveka ci trasferiamo nel suo giardino davanti alle sue opere come l’Alba e il Tramonto e il grande cerchio attraversato da una figura che ha presentato in una mostra nella sede del Credito Bergamasco. E ci racconta a proposito del grande cerchio: «Durante la lavorazione ho apportato alcune modifiche perché potesse emettere un suono. Le ho dato voce. Ho realizzato delle corde armoniche per sospendere l’elemento e con un archetto di violino ho ottenuto una vibrazione simile al suono di una campana tibetana. Ora ho dovuto sostituire le corde con tiranti d’acciaio. Ma con questo lavoro ho dato sfogo alla mia esigenza di esprimermi liberamente, senza vincoli di stile, di linguaggio. E così tutte le mie opere nascono dal mio interiore. Le mie ispirazioni nascono dentro di me e dai materiali che mi capitano sottomano. Vi sono materiali che per le loro caratteristiche mi ispirano. Il ferro più di tutti. Amo tagliarlo, piegarlo, comporlo, saldarlo. Ma anche il bronzo che cerco di assottigliare il più possibile, la vetroresina, unico materiale a rappresentare le mie storie e la terra». E nello studio ci sono in mostra le sue opere fatte con ogni materiale, spesso innestandoli l’uno sull’altro. Un vero museo. 

A cura di Lucio Buonanno
Ph: Paolo Biava, Studio Paolo Da Re