Recentemente sottoposto a un trapianto di midollo osseo, Nicola Viscardi, numero uno del Distretto urbano del commercio (Duc) di Bergamo, racconta sui social la sua lotta contro un linfoma.

Lo scorso dicembre un suo post su Instagram ha fatto commuovere e riflettere. «Si dice che bisogna pensar bene prima di esprimere un desiderio quindi questa volta sarò più diretto. Ora, sai bene che non sono uno che si lamenta, ma questa volta voglio proprio dirtelo fuori dai denti: mi puoi far guarire? Non ci giro intorno: ti chiedo “solo” questo - proseguiva la lettera -. E non te lo chiedo “solo” per me, ma per le tante persone che mi stanno accanto e che da più di un anno e mezzo si preoccupano tutti i giorni per me». Nicola Viscardi, presidente del Distretto urbano del commercio (Duc) di Bergamo, 32 anni, affetto da un linfoma, affidava così ai social la sua toccante “letterina” a Santa Lucia. Da allora sono passati sei mesi e un trapianto di midollo osseo, per dare il “colpo di grazia” alla malattia, una malattia raccontata, tra alti e bassi, sui social, con lucidità e coraggio, cercando di divulgare e sensibilizzare quante più persone sull’argomento.

Il calvario di Nicola inizia a luglio del 2021 quando gli viene diagnosticato il linfoma di Hodgkin, un tumore del sangue. «Avevo un po’ di tosse forte, non mi convinceva, sono andato dal dottore, mi fa un po’ di esami, la settimana dopo la sentenza». Una settimana dopo inizia la chemioterapia. «In 30 anni alla malattia non ci avevo quasi mai pensato, se non un po’ per i nonni o a quel conoscente lontano sfortunato che ha scoperto di avere un tumore, ma non lo ha preso in tempo. La cosa che più mi è lampante è che in una società che sembra fatta solo di invincibili, nessuno davvero lo è mai. Siamo fallibili, anche sani e figuriamoci da malati. Da uomini di successo a uomini meno di successo. E anche io che molte volte mi sono fatto vedere invincibile, non lo sono affatto». Nonostante la malattia, infatti, Nicola non si tira indietro né sul lavoro né nell’impegno istituzionale e nel mentre, attraverso i suoi canali social, sceglie di condividere quello che sta vivendo. Dopo la chemioterapia è la volta della radioterapia. Nella primavera del 2022 finalmente sembra che l’abbia scampata. E invece a luglio dello stesso anno ricominciano i problemi. Superati, fortunatamente.

A gennaio di quest’anno occupava regolarmente il suo posto quale rappresentante del Duc all’inaugurazione di Bergamo e Brescia Capitale della Cultura al Donizetti. «Mi auguro che BG-BS2023 unisca ancor di più il mondo del commercio e il legame che ha da sempre con la città. Mi auguro che questo grande evento impatti positivamente su tutti noi, non solo dal punto di vista economico, ma che accresca sempre di più in noi imprenditori la cultura delle buone relazioni e della cura per il prossimo», aveva commentato nell’occasione.

La malattia però è aggressiva e per guarire completamente deve essere sottoposto a un trapianto di midollo osseo. Fa un appello a tutti i suoi numerosi follower, invitandoli a rivolgersi ad Admo per la donazione di midollo osseo. La risposta è immediata, tanto che l’account dell’associazione va in tilt per i troppi click.

Finalmente a maggio del 2023 arriva il momento del trapianto di midollo osseo. «Anche se fisicamente non sono mai stato così bene come ora in questi due anni di malattia (e, indubbiamente, ne ho passate tante: dal catetere, al ricovero lo scorso maggio, ad altre mille cure, effetti collaterali, fatica e ancora fatica)» racconta sempre sui social «per me è fondamentale fare il trapianto da donatore ora, per provare a dare l’ultimo colpo di grazia al linfoma. Il rischio nel “non far nulla” per qualche mese, siccome “sto bene”, comporterebbe – se la malattia ripartisse (come è già successo lo scorso maggio), di non avere più armi a disposizione per combatterla. E poi, scusate se faccio il signor precisetti, ma basta con sta cosa delloperazione”. Il trapianto di midollo osseo» spiega «non è un’operazione. È una re-infusione, quindi tramite flebo, di cellule staminali di un donatore (il soggetto sano) in un ricevente (il soggetto malato) dopo che il ricevente è stato “condizionato” cioè preparato con la somministrazione di chemioterapia e/o radioterapia denominata “terapia di condizionamento’”. Non è, dunque, un’operazione. Ma “nemmeno una passeggiata”» sottolinea Viscardi.

Nicola affronta questa tappa della cura con la stessa forza dimostrata fino a qui, anche se la stanchezza è tanta. Ma non molla. «Anche se uno “sta bene” fisicamente e magari sta così anche perché è forte, vorrei dire, credetemi, che essere forti costa fatica. E io sono stanco. Certo, penso sia anche normale: essere malati fa schifo e fa paura. Conosco solo tre modi per reagire alla paura: scappare, negarla, combattere. Questo mi sta succedendo in questo tempo, nel tempo che mi è stato donato, e questa roba ha cambiato inevitabilmente le mie prospettive: probabilmente non avrò mai dei figli miei e non morirò di vecchiaia. Non è vero, come dicono, che le difficoltà rendono forti. No, le difficoltà rivelano chi è forte. Ci permettono di scoprire una forza che non sapevamo di avere. Ma non fortificano, stancano. E le persone forti» conclude «sono stanche, anche se ce la fanno». 

a cura di Claudio Gualdi

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