Una persona ignora volontariamente non perché sia difficile comprendere meglio la situazione, ma perché non vuole sapere, anche se sarebbe facile farlo (Wieland, 2017).

Un’ignoranza “volontaria”

Per ignoranza intenzionale si intende una tipologia di ignoranza dovuta alla propria volontà piuttosto che derivante da impedimenti esterni. Le persone, a volte, preferiscono evitare le informazioni sull’impatto delle loro azioni come “scusa” per essere egoiste. Tale ignoranza intenzionale, tuttavia, riduce il comportamento altruistico e può avere effetti dannosi in molti contesti consumistici e organizzativi.

Quando e come si manifesta

Si può pensare a molti scenari del mondo reale in cui l’ignoranza intenzionale può avere un impatto sulla punizione dell’altro. Ad esempio, immaginiamo un professore impegnato a somministrare una verifica ai suoi studenti: anziché supervisionare attentamente lo svolgimento del test, potrebbe distogliere lo sguardo dai banchi per non incorrere in comportamenti scorretti da parte di uno studente, che magari sta utilizzando dei bigliettini. Questo accade perché, nel caso in cui riscontrasse l’irregolarità, sarebbe obbligato a estromettere lo studente dalla verifica, rovinando il clima a tutti coloro che, invece, la stanno svolgendo serenamente. Nel documentario “Bad Surgeon” un chirurgo di fama mondiale, grazie al suo carisma, si guadagnò il pieno appoggio di una prestigiosa azienda sanitaria che gli permise d’intraprendere interventi sperimentali sui pazienti. Qualche tempo più tardi però i suoi colleghi, dopo aver notato che gli esiti delle procedure non erano positivi, fecero una segnalazione all’azienda sanitaria. Inizialmente dovettero raccogliere le prove del cattivo operato in maniera autonoma, poiché nessuno osava metter in discussione la professionalità del famoso collega. La clinica infatti, una volta ricevuta la segnalazione, preferì prendere provvedimenti verso coloro che avevano mosso dei dubbi. Questa, piuttosto che indagare il reale operato del chirurgo, in prima battuta ha preso provvedimenti verso i chirurghi che avevano mosso dei dubbi. Solo quando la sua attività fu resa pubblica dai media, recando un danno d’immagine alla struttura sanitaria, il chirurgo
venne licenziato. Questo è un tipico caso di ignoranza intenzionale: un cattivo operato che viene ignorato, per evitare di incorrere in situazioni svantaggiose.

L’opinione della ricerca scientifica e i bias cognitivi

Per la ricerca scientifica è ancora incerto se la tendenza delle persone a rimanere ignoranti per evitare comportamenti morali costosi possa anche ridurre la loro disponibilità a punire l’altro, per la violazione delle norme. La mente umana spesso lavora incappando in euristiche cognitive, cioè scorciatoie del ragionamento che rendono più semplice prendere delle decisioni in breve tempo  soprattutto se basate su dati appresi dall’esperienza. Nell’ignoranza intenzionale, invece, possono essere coinvolti dei bias cognitivi, ovvero degli errori di ragionamento di cui non si discute la validità: questa dissonanza cognitiva (Skinner, 1953), ci spinge a scegliere informazioni che già fanno parte del nostro bagaglio di valori e credenze, piuttosto che individuare e valutare quelle contrastanti. Disconfermare una vecchia credenza ha un costo alto in termini cognitivi: significherebbe distaccarsi razionalmente dal paradigma emozionale legato a quel valore e andare alla ricerca di tutte quelle informazioni che, pur dotate di autenticità, contrastano con il nostro sistema. Si parla anche di bias di omissione, quando si adottano comportamenti che ci fanno evitare di intraprendere una determinata azione che può creare situazioni svantaggiose, piuttosto che andare incontro alle conseguenze. Il famoso chirurgo utilizzava molti bias: il bias di conferma, per confermare l’efficacia della sua procedura, ignorando la parte che avrebbe potuto evidenziare gli alti rischi corsi dai pazienti; il bias di omissione, per ignorare la valutazione attenta degli esiti della sua chirurgia non visitando i pazienti nel decorso post-operatorio e, infine, un bias sull’eccesso di fiducia nei propri giudizi e valutazioni. Addirittura, anche dopo il decesso dei pazienti, alcuni familiari erano rimasti in buoni rapporti con il chirurgo perché, inconsape-volmente, applicavano errori di ragionamento che gli impedivano di valutare la sua effettiva condotta.

Qualche dato

Secondo uno studio dell’American Psychological Association, quando alle persone viene data la possibilità di sapere quanto le proprie azioni influenzeranno un altro individuo, il 40% dei soggetti preferisce ignorare la risposta. L’ignoranza intenzionale mette in atto un vero e proprio meccanismo di difesa: uno studio (Niehaus, 2014) fece emergere come le persone impegnate nella beneficienza preferissero non sapere cosa si fosse realizzato con i proventi della raccolta fondi, per non intaccare negli anni successivi la propria disponibilità a donare nuovamente. Pensiamo alla diffusione a macchia d’olio di aziende che vendono online prodotti di abbigliamento e articoli di vario genere, a prezzi irrisori. L’abitudine all’acquisto compulsivo è ormai sdoganata, come se il fatto che un articolo costi poco in termini economici, significa automaticamente che costi poco anche in termini etici. Noi vediamo solo il risultato del nostro ordine online, riceviamo il pacco a casa e siamo soddisfatti di ciò che abbiamo risparmiato. Sarebbe lo stesso se fossimo a conoscenza del processo produttivo che sta dietro tutto ciò? Lo sappiamo che nulla è gratis, e da qualche parte qualcuno ci sta rimettendo, ma spesso si preferisce evitare questo ragionamento, perché ci costringe a cambiare atteggiamento verso l’iperconsumo. Non è forse su questo che sia basa l’ignoranza intenzionale?

L’ignoranza intenzionale è un’attenuante?

Si potrebbe pensare che l’ignoranza intenzionale sia una strate-gia utilizzata dagli individui in maniera più o meno consapevole, per evitare di conoscere le conseguenze del proprio comportamento, poiché il non sapere vie-ne reputato un’attenuante; ma, di fatto, non lo è.

A cura della Dott.ssa Viviana Sacchi
Psicologa clinica, Specializzanda in psicoterapia ipnotica neo-ericksoniana, 
dott.ssa in Comunicazione e Social Media Marketing MindFit Clinic, Bergamo