Giulia Cirelli sostiene la ricerca e la prevenzione con le Pink Ambassador di Fondazione Veronesi. «Vedere donne che avevano superato il mio stesso calvario, mettendosi addirittura a fare podismo di alto livello, mi ha dato un orizzonte di speranza»

Nel 2017 un tumore al seno le ha dato la possibilità di scoprire quanta forza, positività e voglia di essere semplicemente felice fosse nascosta dentro di sé. «L’ho affrontato e ne sono uscita con una nuova consapevolezza: la vita va vissuta senza sprecarne nemmeno un istante. Il mio mantra? “Tutti abbiamo due vite, la seconda inizia quando ci rendiamo conto di averne una sola”».

Giulia Cirelli, 42enne di Bergamo (vive nel quartiere di Santa Lucia), sposata con Carlo e madre di due figli (Giacomo, 18 anni e Pietro di 15), è Pink Ambassador dal 2021 per la città di Bergamo e la ricerca scientifica di Fondazione Veronesi. Fino a tre anni fa non aveva mai corso. Nel 2021 ha fatto la mezza maratona, cioè 21 chilometri, con tempi di tutto rispetto. E il 5 novembre del 2023 ha partecipato alla maratona di New York, cioè 42 chilometri, «per dimostrare a tutte le donne che ricevono una diagnosi di tumore che non sarà lui a fermarci, abbiamo tante carte da giocare: positività, coraggio e la ricerca».

Giulia è parte del progetto “Pink is good”, che permette di trasformare il dolore e l’esperienza vissuta in un’opportunità «sia per me che per gli altri, diventando veicolo di un messaggio positivo per chi si trova a dover affrontare questo percorso pieno di incognite, correre, mettermi alla prova e sfidare me stessa in qualche cosa di grande, diffondere il messaggio della prevenzione e contribuire a raccogliere fondi per la ricerca». A gennaio 2024, tra l’altro, parte il reclutamento per le nuove Pink Ambassador: chi volesse unirsi al progetto può iscriversi qui: sostieni.fondazioneveronesi.it/pinkambassador. Per poter inviare la propria candidatura è necessario aver concluso le terapie di chemioterapia e radioterapia (se effettuate) entro settembre 2023.

La preparazione della maratona è stata faticosa, naturalmente, «ma quando hai un obbiettivo così, tutto appare in una luce diversa. E anche quelli sono stati mesi bellissimi». E pensare che l’idea di andare a correre a New York le era venuta quando ancora faceva le chemioterapie, venendo a conoscenza del progetto della Fondazione Veronesi. Un sogno, che però l’aveva tranquillizzata molto, anche se in quel periodo non riusciva a stare in piedi: «Vedere donne che avevano superato il mio stesso calvario, mettendosi addirittura a fare podismo di alto livello, mi ha dato un orizzonte di speranza». Ai tempi il progetto della fondazione era agli inizi: oggi le partecipanti sono molte di più e in media vengono preparate per la mezza maratona, o anche per la 10 chilometri. La maratona non è per tutti, cioè, e per allargare la platea di partecipanti è stato necessario diversificare i traguardi.

«La preparazione per New York l’ho cominciata a febbraio, dopo tre mesi di stop per due ernie. Ma non stavo bene, ferma – racconta Giulia -. Dopo un po’ di potenziamento muscolare, però, e visto che non avevo dolore, sono ripartita, iniziando a correre seriamente da marzo-aprile. Il nostro allena-tore, Giovanni Bonarini, eccellente motivatore, mi ha dato fiducia». Da agosto ha cominciato a provare ad andare oltre i 21 chilometri ed è arrivata fino ai 34. Gli ultimi 8, come da prassi, restano una sorta di “zona buia”, dove l’atleta deve trovare dentro di sé le risorse per dare il meglio. Nelle Pink Ambassador non mancano gli acciacchi: «A volte si crea il “reparto Lazzaretto”, perché le terapie ormonali non facilitano le cose. Ma in media gli studi, e la mia personale esperienza lo conferma, hanno dimostrato che l’attività fisica migliora il processo di guarigione. La corsa poi scatena endorfine e ha quindi effetti benefici sull’umore. Su di noi, poi, dopo mesi di cattivi rapporti con il proprio corpo, è bellissimo ritrovarsi in forma e raggiungere
anche dei discreti traguardi».

La malattia, che non pensava di dover affrontare, com’è normale che sia a 36 anni, ha cambiato i suoi parametri, anche se fin dall’inizio ha trovato in sé una capacità di reazione che sospettava di avere. «Affrontare questo percorso mi ha aiutato a cambiare prospettiva sulla vita. Ho cambiato atteggiamento e stile, ho imparato ad apprezzare la bellezza di ogni momento, ad arrabbiar-
mi di meno. Ho deciso di concentrarmi sulla positività, fare cose belle come camminate e viaggi, circondarmi di persone che apprezzo e stimo».

C’è stata qualche complicazione, soprattutto nella fase di ricostruzione del seno, ma Giulia le ha affrontate senza perdersi d’animo. «Ho dovuto subire diversi interventi, a causa di ripetute infezioni e reazioni allergiche. Alla fine ho fatto amicizia con il personale del reparto, dopo tanto tempo ormai ero quasi di famiglia». Ci tiene a ringraziare il chirurgo plastico, dottor Marcello Carminati, «perché è grazie a lui, che non si è arreso, che ora ho due protesi. Altrimenti sarei rimasta mutilata a 36 anni».

Tra gli obiettivi podistici del 2024 c’è quello di battere il suo record alla mezza maratona di Bergamo: un’ora 48. «Mi basterebbe anche uno o due minuti in meno, non chiedo tanto», ride Giulia. Poi vorrebbe iscriversi a un’altra maratona, magari più a portata di mano di quella di New York, «che tra l’altro è molto faticosa, perché ci sono molti saliscendi. Certo, sarebbe bello fare ancora una delle Major, cioè Londra, Berlino, Chicago, Boston, Tokyo, ma c’è anche l’impegno economico da considerare, soprattutto per quelle non in Europa». Poi ipotizza: «Magari Parigi? Ma mi piacerebbe anche cimentarmi con un piccolo trail in montagna». 

A cura di Claudio Gualdi

In questa rubrica pubblichiamo la storia di una persona che ha superato un incidente, un trauma, una malattia e con il suo racconto può dare speranza agli altri.
Vuoi raccontare la tua storia su Bergamo Salute?
Scrivici su facebook o redazione@bgsalute.it!