Per otto lunghi anni è stato tetraplegico. Non riusciva più a muovere le gambe, le braccia, le mani, immobile su una sedia a rotelle con la giovane moglie costretta a imboccarlo, vestirlo, lavarlo. Oggi, a 56 anni, cammina da solo con una stampella ed è abbastanza autonomo. Ce l'ha messa tutta ed è riuscito a vincere la sclerosi multipla progressiva. La sua storia che sa quasi di miracolo ha voluto raccontarla anche in un libro: "Ho fatto goal alla sclerosi multipla" con la prefazione di Javier Zanetti, capitano dell'Inter, la sua squadra del cuore, e curato da Ambrogio Amati.

Giorgio Previtali, che incontriamo nella sua casa di Palazzago, ci viene ad aprire senza stampelle, ci stringe forte la mano. Poi una volta in tinello, parte in quarta. «è cominciato tutto nel 1981, avevo 22 anni e giocavo a calcio. A maggio in un torneo mi sento stanco, ho le gambe strane, legnose. Un malessere che mi accompagna per mesi. Passate le feste natalizie mi sottopongo a una visita specialistica e a varie analisi all'ospedale di Bergamo. Dopo una settimana di ricovero il neurologo chiama mio padre e la mia fidanzata Nicoletta e dà la sua diagnosi "Giorgio ha la sclerosi multipla. Ora lo cureremo e riusciremo a farlo stare un po' meglio, ma tra 10-15 anni questa malattia potrebbe costringerlo su una sedia a rotelle"». Per Giorgio è una doccia fredda, ma non vuole darsi per vinto, grazie anche all'amore della sua Nicoletta con la quale progetta di sposarsi. Anzi è proprio lei a dargli la carica giusta per reagire e l'anno dopo lo sposa, malgrado il futuro poco roseo che lo attendeva. Un matrimonio felice allietato da due splendidi ragazzi, Marco e Daniela.

«Per una decina d'anni va tutto abbastanza bene, anche se la malattia gradualmente cerca di farsi sentire, senza però ostacolarmi troppo. Nel 1991 però cominciano i problemi più gravi, con sintomi che mi debilitano sempre di più, ma cerco di stringere i denti. Faccio fatica a camminare e cerco sempre appoggi per l'equilibrio. In casa devo essere aiutato a fare le scale per andare a letto. Sul lavoro non sono più in grado di percorrere il parcheggio della ditta e mi permettono di sostare con la macchina a pochi metri dall'ufficio. Così per cinque anni. Nel 1996 smetto di lavorare. Mi consigliano la sedia a rotelle, ma io la rifiuto. Penso che se mi adagio su quella poltrona non riuscirò più ad alzarmi. Tengo duro, ma due anni dopo devo cedere al suo ausilio e resto suo prigioniero fino al 2009. Non riuscivo più a muovere le gambe e anche le braccia erano incollate al corpo. Ricordo quegli anni come un brutto sogno che ora però mi fa apprezzare azioni semplici come alzarmi da solo dal letto, usare le posate, scrivere e stringere le mani della gente e guardarla direttamente negli occhi. Doveva sempre aiutarmi Nicoletta, il mio angelo custode, imboccarmi, lavarmi, vestirmi, spingere la sedia, mettermi a letto la sera e poi al mattino, dopo avermi vestito, prendermi di peso e rimettermi sulla carrozzina. Momenti difficili per tutti noi, ma ho sempre avuto un animo sereno e un carattere forte, oltre a una fede che non è mai venuta meno, anzi si rafforzava sempre più. Sono stato anche due volte a Lourdes, ma non ho mai pregato per me. Pregavo per chi mi stava accanto con tanto amore e per chi nelle mie condizioni invece non aveva vicino qualcuno con cui condividere la sofferenza. Insieme alla famiglia ho vissuto quegli anni difficili con una normalità incredibile, riuscendo a superare difficoltà più grandi delle nostre reali possibilità, restando sempre uniti e senza mai lamentarci. La famiglia è stato il vero pilastro per guardare sempre avanti, malgrado i problemi sempre più complicati. Nel frattempo mia moglie è stata ricoverata varie volte per una serie di interventi chirurgici. I figli andavano a trovare la mamma in ospedale e poi venivano da me che ero ricoverato a Mozzo, o a San Pellegrino o al Don Orione perché dovevo essere accudito dal mattino alla sera e senza mia moglie avevo bisogno di assistenza».

Poi nel 2005 arriva la svolta. «Passavo la giornata immobile in carrozzina quando, un giorno, comincio a sentire che le dita della mano destra si muovono un po'» racconta Giorgio. «Ho iniziato a fare prove e controprove, sudando e faticando dannatamente cercando di muovere prima le dita, poi le braccia che non si volevano staccare dal busto. Il tavolo della cucina era diventato la mia palestra, cercavo di allargare il più possibile le braccia per raggiungere con le mani gli spigoli. Sembra facile, ma nelle mie condizioni era un'impresa. Ho impiegato dei mesi per raggiungere il mio scopo, soffrendo e sudando. E appena ci sono riuscito mi sono posto un'altra sfida: scrivere il mio nome. Altri mesi di fatica. Poi la forchetta per cercare di mangiare senza nessun aiuto. Ho sempre fatto fisioterapia, ma senza grossi risultati. Nel 2008 ero sulla sedia a rotelle, ma mangiavo da solo, mi spostavo senza l'aiuto di nessuno e sentivo le gambe più leggere e meno "arrabbiate". Nel 2009 sono andato nella palestra del Policlinico di Ponte San Pietro e lì è avvenuta davvero la svolta: seduta dopo seduta, mi sono alzato dalla carrozzina, prima aggrappandomi alla spalliera della palestra, poi alle stampelle a quattro piedi e infine a quelle normali. Mi sembrava di essere su un altro pianeta e ho continuato a fare tutti gli esercizi con sempre più entusiasmo. Ricordo ancora quei primi passi pesanti e poco armoniosi che mi aiutavo a fare con il busto. Avevo i piedi come incollati sul pavimento, ma volevo spostarli a qualsiasi costo, perché mi facevano sognare».

È uno che non molla Giorgio. E alla fine, con tanto impegno, sudore e fatica riesce a vincere la sua sfida e a realizzare il sogno, camminare di nuovo, con le proprie gambe. «Ho lasciato gradualmente la sedia a rotelle e ho ricominciato a camminare, pochi metri alla volta, migliorando gradatamente. Non dimenticherò mai quel 13 gennaio 2011: sono uscito dal cortile di casa e ho attraversato la strada sotto lo sguardo preoccupato di mia moglie. Con molta tensione e sacrificio ho fatto qualche passo sul marciapiedi dopo circa 18 anni. E così per mesi, ogni giorno qualche metro in più, fino a riuscire a fare una vera e propria passeggiata. Un sogno! Mi ricordo bene le facce dei miei conoscenti che mi osservavano nelle mie camminate, increduli ricordando il mio passato sulla sedia a rotelle. Ora ho ritrovato la normalità, la quotidianità dei piccoli "grandi" gesti. E ho deciso di raccontare la mia storia per ufficializzare la mia gratitudine, per dare speranza e sollievo a chi vive le quotidiane difficoltà della malattia, ma anche per cercare di fare apprezzare a tutti le cose semplici, banali e scontate della vita, quelle che fanno veramente la differenza ».

COLPISCE TRA I 20 E I 40 ANNI
È una malattia neurodegenerativa con lesioni a carico del sistema nervoso centrale. Comporta un danno o una perdita di mielina (cioè la guaina che circonda la maggior parte delle fibre nervose) in più aree del sistema nervoso centrale, aree di grandezza variabile che prendono il nome di placche. La sclerosi multipla può esordire a ogni età della vita, ma è diagnosticata per lo più tra i 20 e i 40 anni e soprattutto nelle donne che risultano colpite in numero doppio rispetto agli uomini. In Italia colpisce circa 70 mila persone. Le cause della malattia, complessa e imprevedibile, sono ancora in parte sconosciute anche se una diagnosi e un trattamento precoce consentono di mantenere una buona qualità di vita.

a cura di LUCIO BUONANNO