La drammatica avventura di un ragazzo di tredici anni salvato dai medici dell’Ospedale Papa Giovanni.
È rimasto 15 minuti sul fondo del Lago d’Iseo. Il cuore si era fermato, il respiro bloccato. Le speranze di salvarlo erano al lumicino, eppure ce l’ha fatta. E ora ha anche ripreso a giocare a pallone con la maglia del Barcellona di cui è un gran tifoso. Per Assane Diop, ragazzo senegalese di 13 anni residente a Villongo, si parla di miracolo.

E lo stesso Carlo Nicora, direttore generale dell'ASST Papa Giovanni XXIII, non fa fatica a ripetere quella parola. «I miracoli succedono e succedono perché professionisti, tecnologia e testardaggine permettono di recuperare una situazione che non sembrava esserlo. Dopo sei giorni Assane si è svegliato e ha iniziato a riprendersi: un grande grazie a tutti gli uomini e le donne che lavorano sul territorio. Sul luogo dell’incidente c’erano nove persone, in ospedale una cinquantina di medici e infermieri hanno contribuito al recupero di Assane. Era in condizioni gravissime: anche se l'attività cardiaca era ripresa, il quadro clinico era molto compromesso. Dopo un mese il miracolo lo tocchiamo con mano».

Il 7 luglio scorso Assane stava giocando insieme al fratello Ouzeynou, quando è scivolato e caduto nel lago. Lì è rimasto, sott’acqua, per 15 interminabili minuti. Non sapeva nuotare ed è andato a fondo. Una fatalità che poteva trasformarsi in tragedia, se non fosse stato per il coraggioso intervento di alcuni bagnanti che l’hanno soccorso e i medici che non si sono arresi nemmeno di fronte a una situazione che sembrava irrecuperabile e gli hanno salvato la vita. Assane non ricorda nulla di quegli attimi, la sua mente ha completamente rimosso l’episodio. Per lui parla il dottor Manuel Moretti, medico rianimatore del 118 che è arrivato sul posto con l’elisoccorso.

«In base alla letteratura Assane sarebbe dovuto rimanere sul pontile, ma abbiamo tentato l'impossibile, e quando il battito è ripreso l'abbiamo portato in ospedale con l'elisoccorso» racconta. «La macchina dei soccorsi era già partita. Ho proseguito le manovre svuotando anche lo stomaco dall’acqua: ho trovato un bambino fortemente ancorato alla vita, che nonostante tutto aveva una fibrillazione ventricolare e un respiro inefficace. La sua temperatura corporea era scesa a 30 gradi: con quattro scariche di defibrillatore e adrenalina abbiamo fatto riprendere le funzioni vitali, poi lo abbiamo coperto per riscaldarlo e lo abbiamo trasferito al Papa Giovanni».

In ospedale ad attenderlo c’era un’equipe di cardiochirurgia già pronta a intervenire. «Alle 17 del 7 luglio ho ricevuto una chiamata per un bimbo annegato» racconta Luca Lorini, direttore del Dipartimento di Anestesia e rianimazione. «Stando al tempo rimasto sotto acqua e a quello in arresto cardiaco la possibilità di recuperarlo non era altissima. Mediamente si recuperano annegati rimasti in apnea per 6-7 minuti, non 15. Andando oltre le linee guida ho deciso di farlo portare comunque in ospedale dove per anni abbiamo simulato questo tipo di situazione: in mezz’ora grazie all’Ecmo, una macchina che si sostituisce alle funzioni di cuore e polmoni, abbiamo recuperato l’acidità del sangue che era schizzata già su valori preoccupanti. Gli organi hanno pian piano ricominciato a funzionare autonomamente, fino a darci la possibilità di spegnere la macchina». L’Ospedale Papa Giovanni XXIII è l’unico centro pubblico lombardo autorizzato all’utilizzo di questa tecnica sui bambini, consentendo quindi di curare pazienti anche molto piccoli con gravi insufficienze d’organo causate da traumi o da malattie (malformazioni congenite, sepsi, polmoniti, ipertensione polmonare, miocarditi, etc.) e/o come ponte verso un intervento chirurgico o trapianto.

«Dalla catena dei soccorritori, che per primi hanno reso possibile tutto questo ripescandolo dal lago, alle tecniche messe in atto dal 118 all'ospedale, tutto ha funzionato. In questi casi anche due minuti fanno la differenza, il nostro team è addestrato da anni all'impiego dell'Ecmo e questo ha fatto la differenza» continua Lorini.

Ora Assane si è ripreso completamente grazie alla tempestività dei soccorsi e alle cure intensive a cui è stato sottoposto all'Ospedale Papa Giovanni XXIII, unico centro di riferimento in Lombardia per il trauma pediatrico. Non ha riportato nessuna conseguenza permanente e potrà avere una vita normale. Il suo è un caso eccezionale perché, oltre ad essere stato sott'acqua per 15 minuti (il tempo compatibile con la vita è circa la metà), la temperatura del lago non era così fredda da proteggere il bambino da danni cerebrali (i rarissimi precedenti sono avvenuti in acque a basse temperature, condizione che di per sé riduce i rischi di danni cerebrali).

Ndeye Amy Counta, la mamma di Assane, ricorda ancora il momento in cui è stata avvisata dell’accaduto. «Ho pensato che fosse morto. Il primo grazie va a chi si è tuffato nel lago, rischiando la propria vita per salvare quella di mio figlio. Tutta la comunità di Villongo ha pregato per lui, italiani, stranieri, cristiani e musulmani». Ad accompagnare la donna in ospedale è stato Khadim, lo zio di Assane. Il papà era infatti bloccato in Africa per lavoro ma si è tenuto costantemente informato telefonicamente. «Ho subito chiamato in Senegal per avvertite il padre di Assane e per chiedere ai nostri leader religiosi di pregare per mio nipote. È successo un miracolo e questo dà speranza alla gente».

a cura di LUCIO BUONANNO