Riguarda circa il 10% delle persone, in particolare donne, con un picco tra i 20 e i 50 anni. Si manifesta con fastidio e dolore addominale, gonfiore e distensione dell’addome, accompagnati da stipsi e/o diarrea, sintomi che in alcuni casi possono diventare anche molto debilitanti. È la colite, o più correttamente la Sindrome dell’Intestino Irritabile - (IBS – Irritable Bowle Syndrom), sindrome cosiddetta “funzionale”, spesso sottovalutata e di non facile diagnosi. 

Infezioni intestinali, uso prolungato di farmaci, reflusso gastroesofageo, stress, un mix di cause biologiche e psicologiche
Le cause sono diverse e, nella stessa persona, non c’è un unico fattore scatenante. Ci sono infatti fattori psicologici e biologici come la predisposizione e la suscettibilità individuale, le alterazioni della motilità del tratto digestivo, la sensibilità dei visceri, la percezione soggettiva del dolore, la flora batterica e le infezioni intestinali. A questo si possono aggiungere anche intolleranze e allergie alimentari, l’utilizzo cronico di farmaci (ad esempio anti-infiammatori e antibiotici) e lo stress. Non è certo una novità affermare che, a livello intestinale, abbiamo un “secondo cervello” in continua comunicazione con il nostro “primo cervello”. Questo legame fa sì che diversi eventi stressanti a livello psichico si riflettano sull’intestino e viceversa (problemi addominali che causano stress psicologico). La Sindrome dell’intestino irritabile è spesso associata ad altri disordini motori del tratto digestivo come la dispepsia funzionale e la malattia da reflusso gastroesofageo ma, anche, ad altre patologie come la celiachia.

Dolore o fastidio addominale per almeno un giorno a settimana
I sintomi sono definiti da criteri diagnostici internazionali, i “Criteri di Roma”, che affermano: il dolore o fastidio addominale deve essere ricorrente per almeno un giorno la settimana, in associazione ad almeno due dei seguenti aspetti: correlato all’evacuazione; correlato a modificazioni nella frequenza delle evacuazioni; correlato a modificazioni dell’aspetto delle feci. Altri sintomi possono essere: un’evacuazione difficoltosa (spinta eccessiva, sensazione di urgenza e di evacuazione incompleta), passaggio di muco, gonfiore o distensione addominale talvolta alternati.

La diagnosi? Per “esclusione”
La diagnosi non è semplice e si basa sulla classificazione dei sintomi per “esclusione”, dal momento che gli stessi sono presenti, ma non esistono malattie organiche specifiche che li giustifichino. Ci sono poi anche i sintomi definiti “di allarme” (insorgenza dopo i 50 anni di età dei sintomi sopraddetti, dimagrimento inspiegabile, anemia, sangue nelle feci, dolore che non migliora dopo l’evacuazione); in questo caso è necessario procedere con indagini più approfondite (ad esempio la colonscopia) sotto indicazione specialistica. Se i sintomi peggiorano in seguito all’assunzione di certi alimenti ci sono test diagnostici per escludere allergie oppure un malassorbimento. 

Prima cura: cambiare lo stile di vita
La strategia terapeutica per la sindrome dell’intestino irritabile si basa principalmente sul trattamento dei sintomi che riferisce il paziente, poiché spesso la causa scatenante è sconosciuta. L’approccio iniziale prevede su un’adeguata educazione alimentare e dello stile di vita, una corretta idratazione e attività fisica. Chi soffre principalmente di stipsi potrà utilizzare integratori, lassativi o procinetici a seconda del tipo di disturbo. In caso di diarrea sono utili probiotici (fermenti lattici), antibiotici non assorbibili (ad esempio rifaximina), anti-infiammatori intestinali (ad esempio mesalazina). Nei casi di meteorismo ed eccesso di gas intestinali sono utili enzimi digestivi, integratori a base di probiotici, piante carminative (camomilla, melissa, cumino), integratori a base di fibre e lassativi osmotici, farmaci antidiarroici, dieta di eliminazione di cibi “formanti gas” (ovvero che fermentano). In particolare è bene ridurre l’assunzione di bevande gassate, insalata a foglia larga (ad esempio lattuga), ortaggi (cavolfiore, piselli, broccoli), legumi (fagioli, ceci, lenticchie), evitare di masticare chewing-gum e mangiare la frutta dopo i pasti (è preferibile consumarla lontano).

Stomaco e intestino sempre più “sotto attacco”
L’intestino irritabile, così come le altre malattie gastrointestinali, sono sempre più diffuse nella società moderna. Perché? Le motivazioni sono diverse. Innanzitutto l’intestino è strettamente collegato alle strutture nervose che regolano la risposta allo stress e risente di un’alimentazione scorretta. Ci sono poi cause di natura costituzionale e di familiarità (in particolare gastrite e malattie da reflusso). Sono malattie purtroppo legate allo stile di vita del mondo occidentale. Basti ricordare che oggi il 44% degli italiani soffre di “bruciore di stomaco”; un dato incredibile che troppo spesso si sottovaluta dal punto di vista medico. Poiché tutti hanno mal di stomaco e di mal di stomaco, di solito, non si muore, si finisce per andare dal medico quando la situazione è già preoccupante. 

Diverse terapie non convenzionali si sono dimostrate efficaci, tra queste l’agopuntura, la terapia cognitivo comportamentale e le tecniche di rilassamento

A cura del dott. DOTT. NICOLA GAFFURI
Specialista in Gastroenterologia
Responsabile Unità di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva Humanitas Gavazzeni Bergamo