15 minuti di solitudine al giorno possono portare benessere. A dirlo è uno studio promosso dall’Università di Rochester, pubblicato su Personality and Social Psychology Bulletin, che si aggiunge ad altre ricerche secondo le quali stare da soli, ovviamente solo se si è scelto di farlo, aumenta la creatività e la capacità di trovare soluzioni ai problemi, riduce lo stress e aiuta a sentirsi meglio con se stessi e di conseguenza con gli altri. «Di primo acchito non è una di quelle notizie che colpisce e si è portati facilmente ad archiviarla come poco interessante. In realtà è proprio la sua apparente banalità a meritare attenzione» commenta il dottor Marco Ghezzi, psicologo e psicoterapeuta. Apparente perché, se per molti adulti di oggi la solitudine, intesa come tempo per se stessi per leggere un libro o lasciar fluire i pensieri, è ed è stata una parte “normale” e scontata della propria vita, per le nuove generazioni spesso non è affatto così. Ecco allora che queste ricerche ci invitano a riscoprire il valore di stare un po’ da soli, ancora di più in una società come la nostra in cui si è sempre connessi con gli altri, anche se a volte solo virtualmente, e la parola solitudine sembra quasi fare paura.

Perché, dottor Ghezzi, ritagliarsi dei momenti di solitudine può far bene?
Attraverso molti momenti di solitudine, anche lunghi, spesso noiosi, si è sviluppata l’infanzia e l’adolescenza di molti che oggi sono adulti. È in quei momenti di solitudine che s’inventavano giochi, si ascoltava il ritmo del cuore e del respiro, ci si perdeva a fantasticare, si aveva il tempo di osservare con attenzione insetti e piante e tante altre infinite attività venivano passate in rassegna. In poche parole, si stava compiendo il processo di esplorazione delle proprie capacità psichiche e percettive, il motore della curiosità e dell’immaginazione macinava infiniti chilometri, contribuendo così in maniera essenziale allo sviluppo della personalità. Ogni bambino era stimolato a trovare risorse anche solo per non annoiarsi ed era tutto molto naturale. Oggi, invece, già a tre anni spesso i bambini hanno un’agenda con attività strutturate finalizzate ad acquisire sempre nuove competenze: inglese, musica e sport, oltre ad abilità pratiche e concrete di ogni genere. Il mondo di oggi appare così condizionato da richieste concrete che si tende a dimenticare che lo sviluppo delle capacità di astrazione nei bambini richiede un terreno che contempli, oltre ad attività stimolanti ed attive, anche contesti non troppo strutturati, con assenza di stimoli, libertà di scelta e presenza attenta ma non invasiva degli adulti. Tra le risorse per la crescita equilibrata e sana c’è ancora e soprattutto oggi, lo stare da soli. Abituare i propri bimbi a dedicare tempo di qualità a se stessi, può consentirgli di ritrovare l’intimità con il proprio mondo interiore, trovare confidenza con il dialogo interno e la propria creatività e sperimentare in sicurezza le forme comunicative dei più grandi, rinsaldando in definitiva sempre di più la fiducia in se stessi.

Fin qui i bambini piccoli. Per i più grandi e gli adulti, invece, in che modo la solitudine può rappresentare una risorsa?
La travolgente rivoluzione tecnologica degli ultimi dieci anni permette, pur essendo fisicamente in solitudine, di essere connessi con chi si vuole, sempre. È veramente una rivoluzione epocale per l’essere umano, che si è trovato impreparato a gestirla. All’enorme quantità di stimoli a cui siamo sottoposti ogni giorno, vediamo bene di aggiungere, nei momenti vuoti o di noia, la consultazione ripetuta dei vari social o app. Basta salire su un treno per accorgersi che è raro trovare una persona che guarda semplicemente fuori dal finestrino, occupata a fantasticare. Sono tutti lì con il telefono a intrattenersi, come se fossero a disagio a non aver niente da fare se non far passare il tempo. Certo la tecnologia aiuta e serve per rendere la vita più facile. E avere un mezzo immediato e semplice per tenere i rapporti con parenti e amici è un piacere. Tuttavia il buon senso invita a domandarsi se non se ne stia abusando. Spesso poi, proprio per combattere la noia, si tende a utilizzare in modo passivo il web sul telefonino, rimpinzandosi d’informazioni per lo più irrilevanti. Il nostro cervello non è programmato geneticamente per lavorare costantemente in condizioni di accumulo: ha bisogno di pause, anche durante il giorno, ha bisogno di non dover processare continuamente stimoli. Avere confidenza con la solitudine, con il dialogo interiore o con il lasciar liberare la fantasia, oltre a essere di grande stimolo per l’immaginazione, può risultare salutare per il nostro cervello, che si prende una pausa e di conseguenza si rilassa, insieme al resto del corpo.

C’è una differenza sostanziale tra il decidere di stare da soli in un certo momento della giornata e l’isolamento sociale, condizione in cui ci si isola volontariamente dal rapporto con gli altri e che può alla lunga diventare invalidante, mancando il rifornimento emotivo e affettivo delle relazioni interpersonali

a cura DI MARIA CASTELLANO
con la collaborazione del DOTTOR MARCO GHEZZI
Psicologo e Psicoterapeuta
A Bergamo