Il dosaggio del Psa, cioè del cosiddetto “antigene prostatico specifico”, è un esame facile e non invasivo da effettuare. Gli esperti concordano che serve a controllare nel tempo i casi di tumore già trattati, mentre è dubbio se sia utile a individuare l’eventuale presenza di un cancro in fase precoce in tutti gli uomini sani di una certa età, motivo per il quale non può essere considerato un esame di screening. Ciò nonostante può essere un indicatore, seppure generico, della salute della prostata. Facciamo chiarezza sull’argomento con il dottor Alessandro Piccinelli, urologo.

Dottor Piccinelli, che cosa è il Psa?
Il Psa è un enzima che mantiene fluido il liquido seminale, contribuisce quindi a mantenere una corretta viscosità dello sperma, indispensabile per garantire la motilità degli spermatozoi. Viene prodotto e secreto dalla ghiandola prostatica (o prostata) e può essere dosato nel sangue. Ogni cellula della prostata produce una quantità costante di Psa, esistono tuttavia tre situazioni patologiche in cui la produzione aumenta:
> quando le cellule prostatiche degenerano in tumore (la produzione è 10 volte superiore)
> quando le cellule prostatiche sono infiammate
> in caso di iperplasia prostatica benigna, poiché aumenta il numero di cellule prostatiche con conseguente incremento del Psa.
L’aumento del Psa, quindi, indica che qualcosa non va a carico della prostata ma non ci indica la patologia che ne determina l’innalzamento: infiammazione, iperplasia e cancro. La correlazione con dati clinici rilevabili in corso di una visita urologica possono indirizzare verso la diagnosi di una delle tre condizioni patologiche descritte. Il Psa quindi è “organo specifico” e non “cancro specifico”.

In quali casi va misurato e per la diagnosi di quali patologie è un indicatore davvero utile?
Sebbene in caso di infiammazione prostatica e ingrossamento benigno della prostata il Psa possa risultare aumentato, in queste due circostanze non aiuta nella diagnosi. Il dosaggio del Psa deve pertanto essere limitato alla diagnosi del tumore prostatico. Per essere più precisi è molto utile in tre situazioni:
> diagnosi di tumore prostatico non noto;
> definizione della estensione intraprostatica o extraprostatica nota, la cosiddetta stadiazione clinica, di una neoplasia prostatica nota;
> follow-up di una neoplasia prostatica trattata con chirurgia, radioterapia, ormonoterapia e in corso di protocollo di sorveglianza attiva.

Da che età e in quali situazioni è consigliabile fare il test del Psa? Serve o no come esame di screening?
È raccomandato dosare il Psa al compimento dei 50 anni o dei 45 anni in caso di familiarità per tumore prostatico; l’urologo valuterà poi di volta in volta le tempistiche dei successivi dosaggi che potranno essere annuali o più dilazionati. È importante sottolineare che il Psa non è un esame di screening del tumore alla prostata: non ha le caratteristiche per esserlo poiché la sua specificità nei confronti del cancro è troppo bassa. Come accennato in precedenza, infatti, anche altre patologie prostatiche portano ad un aumento del Psa e il suo utilizzo come screening di massa sarebbe fuorviante.

Come si esegue il test?
Il dosaggio del Psa viene eseguito in laboratorio sul siero ottenuto dopo centrifugazione del sangue prelevato al paziente; si tratta quindi di un semplice prelievo ematico. La tecnologia di laboratorio per il dosaggio di questo enzima è ormai standardizzata e sicura, perciò ogni laboratorio può fornire un dosaggio con margine di errore trascurabile.

È necessaria una preparazione particolare prima di eseguire l’esame?
È raccomandabile l’astensione dai rapporti sessuali nelle 24-48 ore precedenti ed evitare di utilizzare a lungo la bicicletta nelle ore precedenti il prelievo: queste due situazioni potrebbero portare ad un “falso” innalzamento del Psa. Il prelievo non richiede il digiuno.

A cura di Giulia Sammarco
con la collaborazione del dott. Alessandro Piccinelli
Specialista in Urologia
Responsabile UO Urologia Policlinico San Pietro Ponte San Pietro