Riguarda circa il 15% degli italiani, percentuale che sale nelle fasce di età superiori ai cinquant’anni. In alcuni casi non dà sintomi, in altri invece può essere causa di reflusso gastroesofageo e manifestarsi con bruciore di stomaco, difficoltà di deglutizione, tosse secca. Parliamo dell’ernia iatale. In genere per tenerne sotto controllo i disturbi basta una terapia farmacologica, ma in alcuni casi selezionati può essere necessario ricorrere alla chirurgia.
Se lo stomaco “passa” nel torace
Per ernia iatale si intende il passaggio di una porzione dello stomaco dall’addome al torace attraverso lo iato diaframmatico. Lo stomaco normalmente si trova per intero all’interno dell’addome, che è separato dal torace da un muscolo piatto e largo, simile a una cupola, detto diaframma. Molte strutture anatomiche passano dall’addome al torace o viceversa: l’aorta, la vena cava, l’esofago etc.. Il foro nel diaframma che permette il passaggio dell’esofago nell’addome, e quindi il congiungimento dello stesso con lo stomaco, è chiamato iato diaframmatico e costituisce una sorta di valvola complessa che in condizioni normali impedisce lo scivolamento dello stomaco verso il torace. L’esame che permette di diagnosticarla è la gastroscopia.
Da scivolamento: la più comune e a volte reversibile Esistono tre diversi tipi di ernia iatale:
> ernia da scivolamento: è la più frequente (presente in circa il 90% dei casi); si caratterizza per il passaggio di una porzione dello stomaco attraverso lo iato esofageo. La giunzione gastroesofagea viene così spinta verso l’alto provocando in molti casi il disturbo tipico della malattia da reflusso gastroesofageo. Questo passaggio è talvolta reversibile e particolarmente sensibile agli sbalzi di pressione addominale. Uno sforzo eccessivo o un colpo di tosse o il flettere il torace verso gli arti inferiori (come quando ci si allaccia una scarpa) possono aumentare la pressione intraaddominale e quindi facilitare la fuoriuscita dell’ernia che può poi ritornare spontaneamente nella sua posizione iniziale;
> ernia da rotazione o paraesofagea: la giunzione tra stomaco ed esofago rimane nella sua sede naturale mentre il fondo dello stomaco passa in torace. È una condizione più rara;
> ernia mista: tipo di ernia iatale con caratteristiche proprie di entrambe le forme precedentemente descritte.
L’ernia iatale per alcune persone è del tutto asintomatica e può essere scoperta occasionalmente durante accertamenti (gastroscopia, radiografia del tubo digerente etc.). In altre persone, invece, può essere causa di disturbi più o meno gravi legati al passaggio di materiale gastrico in esofago (reflusso gastro-esofageo), come dolori al torace e senso di bruciore allo sterno (pirosi epigastrica), rigurgiti acidi, senso di amaro in bocca, salivazione intensa, raucedine, tosse, anche sintomi di laringite.
Età, aumento della pressione addominale, peso in eccesso tra le cause e i fattori di rischio
Le esatte cause che conducono a uno sfiancamento dello iato esofageo e alla migrazione dello stomaco non sono ancora del tutto chiarite, ma alcune ragioni possono essere:
> l’invecchiamento, che porta a una perdita di fibre elastiche e conseguente indebolimento e deformazione del legamento tra esofago e diaframma, per cui lo stomaco non viene più trattenuto in addome;
> tutte le attività che causano un persistente e intenso aumento di pressione addominale, come il sollevare carichi pesanti, la necessità di spingere durante l’evacuazione delle feci, il vomito, la tosse persistente;
> anomalie congenite o ereditarie dello iato, in un numero ristretto di casi;
> anomalie ereditarie della sintesi del collagene;
> disordini della curvatura della colonna vertebrale;
> traumi del diaframma o esiti di chirurgia nella regione dello iato.
Tra i fattori di rischio riconosciuti ci sono:
> età superiore ai 50 anni;
> obesità (un BMI superiore a 30 si associa a un aumento del rischio di 4-5 volte).
L’intervento chirurgico solo quando i farmaci non “funzionano”
La riparazione chirurgica di un’ernia iatale da scivolamento non è necessaria se non è associata a malattia da reflusso. In presenza di malattia da reflusso, quando la terapia medica non è sufficiente a controllare i sintomi o quando non è possibile protrarre la terapia medica, la chirurgia diventa indicata. In caso di ernia paraesofagea o mista, sono più frequenti sintomi legati all’ostruzione del transito alimentare (come il rigurgito, la tosse o l’inalazione di ingesti), difficoltà respiratorie da compressione sui polmoni da parte dello stomaco o di altri visceri erniati, dolore legato alla sofferenza vascolare associata ad una torsione dello stomaco (volvolo gastrico) con conseguente ulcerazione e sanguinamento che possono portare ad anemia e carenza di ferro, o nei casi più severi evolvere in una perforazione dello stomaco. In questi casi la chirurgia si rende necessaria per riportare lo stomaco ed eventuali altri visceri erniati nella corretta posizione in addome, ristabilendo un corretto transito alimentare e l’adeguato flusso di sangue allo stomaco.
La terapia per il reflusso gastroesofageo
Con il termine reflusso gastroesofageo si indica la risalita in esofago di quanto è contenuto nello stomaco; è un’evenienza molto frequente e pressoché quotidiana in gran parte dei soggetti, anche in assenza di sintomatologia dolorosa. Si parla invece di malattia da reflusso gastroesofageo quando il reflusso si fa più prolungato nel tempo e gli episodi sono più frequenti, soprattutto dopo pasti abbondanti, dopo assunzione di alimenti come cioccolata, menta, cibi speziati o più conditi, più ricchi di grassi, vino bianco; è più presente nelle persone in sovrappeso. La terapia farmacologica si basa sull’utilizzo di farmaci che inibiscono la secrezione acida gastrica quali inibitori di pompa protonica (prima scelta) o antiH2. Utilizzabili nelle forme più lievi o come completamento anche antiacidi o alginati (che tamponano l’acidità gastrica) e procinetici (farmaci che accelerano lo svuotamento gastrico). Normalmente dopo una terapia di attacco con inibitori di pompa a dosaggio pieno, si prosegue per altre quattro- sei settimane con la terapia antisecretiva a dosaggio di mantenimento, poi gradualmente si tenta di sospendere. A questo punto la terapia può essere ripresa al bisogno, in pazienti con sintomi lievi e recidive infrequenti, oppure puó diventare continuativa nei pazienti con esofagite iniziale severa giá all’esordio, in quelli con recidiva precoce della sintomatologia (tipica o atipica) e nei pazienti con complicanze (per esempio esofago di Barrett).
Una plastica antireflusso
La chirurgia dell’ernia iatale può essere affrontata per via toracica o addominale, ma l’approccio laparoscopico mininvasivo (tramite piccoli fori praticati nell’addome) è quello preferito, perché associato a minori complicanze, ridotta degenza in ospedale e minore dolore postoperatorio. L’approccio addominale tradizionale rimane di scelta in emergenza, in caso di perforazione dello stomaco con peritonite (in tal caso si potrebbe anche rendere necessaria una resezione dello stomaco), oppure in caso di ernie voluminose e complesse. L’intervento si compone essenzialmente di tre parti:
> la liberazione dello stomaco erniato dalle aderenze in torace, il suo riposizionamento in addome e quando possibile l’asportazione del sacco erniario (la membrana che circonda lo stomaco erniato);
> la riparazione dello iato, che viene ristretto con punti di sutura e, in caso di sfiancamento con un difetto voluminoso, eventualmente rinforzato mediante il posizionamento di una rete protesica (in materiale plastico o biologico);
> la creazione di una plastica antireflusso sul fondo dello stomaco (fundoplicatio), che consiste nel ripiegare la parete dello stomaco attorno alla parte finale dell’esofago, per creare un meccanismo a valvola che impedisca il reflusso del succo gastrico acido in esofago.
Nei giorni successivi all’intervento sarà necessario osservare una dieta semiliquida o frullata, procedendo con gradualità nella reintroduzione degli alimenti solidi e masticando accuratamente. Generalmente, ma non sempre, può essere eseguito uno studio del transito con mezzo di contrasto radiologico prima della dimissione, che in genere avviene dopo due-tre giorni.
A cura del Dott. Salvatore Greco
Direttore U.O. Gastroenterologia II ed Endoscopia digestiva ASST Papa Giovanni XXIII Bergamo