Ansia, attacchi di panico, senso di incertezza, stress: come affrontare gli effetti psicologici della pandemia.
Giovanni, un ex paziente con un bel percorso di terapia alle spalle, è in preda all’ansia. Si è preso il virus sviluppando sintomi importanti, ma non così gravi da richiedere il ricovero. Non dorme e, quando accade, si sveglia di soprassalto in preda al sudore e col cuore che pompa a mille. Pensieri di morte lo assalgono, non sa che fare, non si fida di nessuno. Va in ospedale e trova un lazzaretto. Lo mandano via, ma le immagini che vede lo spaventano ancora di più. È a pezzi.
Piero, medico, dorme male e fa incubi da quando ha smesso di lavorare nel reparto covid-19 in cui è stato destinato nei mesi dell’emergenza. Durante il giorno gli capita di essere visitato da immagini di alcuni episodi drammatici vissuti in reparto, che appaiono furtivamente e lo confondono. Inizia a percepire livelli di ansia salire improvvisamente, obbligandolo ad interrompere ciò che sta facendo. Si spaventa e inizia a temere che questi episodi possano ripetersi, mettendo a rischio il suo lavoro. Pensieri di disastro, paura di impazzire. Prova a reggere, ma è dura. Pensa ai farmaci, ma ha paura a consultare un collega.
Stefania, giovane studentessa brillante ed estroversa, durante la clausura inizia a vivere momenti sempre più sconcertanti in cui sperimenta una paura irrazionale di morire. Si richiude in sé, non riesce a studiare, non ne parla con i suoi vedendoli già molto spaventati dal virus, con il moroso pochi accenni e lui non coglie la disperazione crescente. Il senso di solitudine cresce, si sente confusa e insicura: come una mosca nel tubo del neon. Alla fine è il padre a costringere la ragazza a parlarne.
Corinna, cinquantenne già persona vulnerabile prima della pandemia, vede il compagno di una vita andar via su un’ambulanza. Non può aiutarlo, può solo sentire la voce di un’infermiera una volta al giorno. Proprio nel momento in cui pensava che ce la potesse fare, lui ha una crisi repentina e muore. È inconsolabile.
Sono solo alcuni esempi dell’impatto psicologico devastante che l’emergenza da Covid 19 ha avuto e continua ad avere. Non a caso gli esperti stimano che il 42% degli italiani rischi di ammalarsi di “ansia post-traumatica”, che il 30% dei contagiati presenti già i primi sintomi di disturbi da stress post traumatico, e che il 24% degli operatori sanitari al lavoro durante il picco dell’epidemia stia facendo i conti con il sovraccarico emotivo di quei mesi (dati presentati al Congresso nazionale di Psichiatria di Bormio il 20 settembre 2020). «Nei casi sopra riportati è evidente la forza del disturbo emotivo sperimentato e la pervasività con cui il Covid 19 ha provocato disastri non solo in termini di vite umane perse» conferma il dottor Marco Ghezzi, psicologo e psicoterapeuta.
Dottor Ghezzi, ma quali sono le problematiche e i sintomi più diffusi legati a questo disagio psicologico da Covid 19?
Innanzitutto va fatta una distinzione: c’è una significativa differenza tra chi è stato colpito direttamente dalla furia della malattia e il resto della popolazione. Bisogna ricordare che per trauma con la T maiuscola, cioè un trauma difficilmente elaborabile con le sole proprie risorse, si intende l’aver corso il rischio di morire o avere assistito a eventi in cui persone sono morte o hanno corso il rischio di morire. Provate a immaginare di quante migliaia di persone stiamo parlando nella nostra provincia. Tra i sintomi più ricorrenti, vengono riportati attacchi di panico, insonnia, immagini intrusive disturbanti, alterazioni inusuali del tono dell’umore (irritabilità, tristezza, paura), confusione. Oltre a ciò, non è infrequente osservare il riaffacciarsi di traumi vissuti precedentemente e di cui si era persa memoria. Sappiamo inoltre che gli effetti sintomatologici di un’esperienza traumatica tendono a manifestarsi quando la situazione tende alla normalizzazione e le persone iniziano a rilassarsi. In questi casi, soprattutto per chi è stato esposto direttamente a esperienze così stressanti durante la fase di emergenza (malati, parenti, operatori socio-sanitari) è consigliabile richiedere una consultazione psicologica, anche solo a fini preventivi.
L’isolamento da lock down e l’incertezza della situazione hanno però lasciato dei segni anche in chi non ha “affrontato” direttamente il virus...
Sì, la pandemia e la conseguente clausura hanno colpito emotivamente in modo violento anche tutte le persone che non sono state coinvolte direttamente. I casi che ho riportato in apertura sono solo alcuni dei tanti esempi. I classici meccanismi di difesa, che in situazioni di normalità ognuno di noi utilizza per allontanare i pensieri disturbanti, si sono rivelati inefficaci: non si poteva uscire, non si poteva “evadere”, ognuno di noi ha dovuto inevitabilmente fare i conti con la paura della malattia e con l’angoscia di morte. Niente di strano, era una naturale conseguenza, ma non tutti sono abituati a un confronto così crudo con la realtà e tale esperienza per molti è stata molto stressante. Tanti fattori possono avere inciso poi nel moltiplicare le condizioni di stress, quali le preoccupazioni per il lavoro e per le prospettive future, la condivisione forzata di spazi limitati tra persone in conflitto, l’essere stati costretti a rivoluzionare l’organizzazione della vita familiare per dedicare del tempo ai figli e il dover trovare lo spazio mentale e affettivo per occuparsene adeguatamente, la lontananza di persone care, la mancanza del contatto fisico e di interazione sociale, l’isolamento per anziani, single e persone con disabilità, l’attenzione a non ammalarsi (anche di altro rispetto al Covid) o infortunarsi per il timore di non poter essere curati in modo adeguato, la mancanza di figure di riferimento “istituzionali” che potessero rassicurare, solo per citarne alcuni. Diciamo che il Covid-19 ha tolto una bella fetta di controllo sugli eventi della vita e che per tale condizione nessuno di noi era preparato. Senso di controllo e ansia sono manifestazioni collegate tra di loro: al diminuire dell’una si assiste di solito ad un innalzamento dell’altra. Così anche per i tanti che, pur non avendo vissuto in prima linea la battaglia con il virus, comunque si sono sentiti colpiti psicologicamente e un po’ sbalestrati, un check-up psicologico in questo momento potrebbe essere molto utile.
A cura di Elena Buonanno
con la collaborazione del dott. Marco Ghezzi
Psicologo e Psicoterapeuta, Practitioner Emdr
A Bergamo