Il formicolio, o in termine medico parestesia, è il modo con cui il nervo ci comunica un suo problema. I formicolii alle mani sono disturbi piuttosto frequenti e spesso fonte di preoccupazione nonché di varie interpretazioni. Una volta escluse cause acute cardiache e neurologiche o subcroniche degenerative legate alle patologie neurologica o neoplastica, laddove si evidenzi una causa ortopedica, prevalentemente formicolio è riconducibile a lesioni artrosiche delle articolazioni del rachide (colonna vertebrale) cervicale o a forme di compressione lungo il decorso dei nervi periferici dell’arto superiore.
Non solo tunnel carpale
Nell’arto superiore i nervi principali che originano dalle radici nervose del rachide cervicale confluiscono in tre nervi maggiori che arrivano alla mano: mediano, radiale e ulnare. I formicolii non sono sempre causati da una sindrome del tunnel carpale. Una localizzazione molto frequente è al gomito e colpisce il nervo ulnare. Questo quadro è anche noto come sindrome del canale cubitale, ed è la seconda più comune neuropatia da compressione di un nervo periferico dopo la sindrome del tunnel carpale alla mano.
Il nervo ulnare: cosa è e a cosa serve
Il nervo ulnare è un nervo misto cioè motorio e sensitivo, che ha origine dal rachide (colonna vertebrale) cervicale, e precisamente dalle radici C7-C8-T1, e decorre lungo il braccio e l’avambraccio fino ad arrivare alla mano. Qui innerva il muscolo flessore ulnare del carpo, il flessore profondo del 4 e 5 dito, permettendo la flessione del polso e del 4 e 5 dito ma, soprattutto, controlla tutta la muscolatura intrinseca della mano cioè tutti i muscoli “interni” alla mano, che hanno origine e inserzione nella mano. Questa muscolatura intrinseca determina tutti i movimenti fini e delicati di precisione e coordinazione delle dita.
Le cause: dalle posture quotidiane allo sport, all’artrosi
La compressione del nervo ulnare o sindrome del tunnel cubitale nella maggioranza dei casi è idiopatica, cioè senza causa apparente, e dovuta a un ispessimento del legamento di Osborne che costituisce il tetto del canale cubitale in cui scorre. Non raramente può però essere correlata a cause meccaniche specifiche quali fattori occupazionali, microtraumatismi ripetuti (vibrazioni e compressioni ripetute), posture prolungate specialmente in flessione del gomito (ad esempio il gomito flesso e appoggiato su una superficie rigida a lungo); anche alcuni sport come tennis, pesistica, baseball che prevedono il gesto del lancio possono determinare la compressione del nervo ulnare al gomito. Possono esserci poi cause legate alla particolare struttura congenita del gomito come l’instabilità del nervo ulnare, deformità del gomito quale una deviazione in valgismo, oppure cause secondarie come l’artrosi di gomito, traumatismi diretti, fratture-lussazioni o loro esiti e neuriti legate a infiammazioni croniche articolari.
Formicolio alle dita e dolore al gomito: i campanelli d’allarme che peggiorano col tempo
Il formicolio al 4 e 5 dito e un dolore al gomito associato a disturbi della sensibilità alle ultime due dita della mano, che si esacerba col gomito in flessione forzata, rappresentano il campanello di allarme. I disturbi inizialmente sono spesso aspecifici e sottostimati, ma tendono a peggiorare gradualmente. I formicolii alla mano, sintomo principale, variano da un lieve intorpidimento (addormentamento) o lievi parestesie (alterazione della sensibilità) nell’anulare e nel mignolo della mano, a un intenso bruciore. Possono essere notturni ma sovente sono continui nell’arco della giornata. I pazienti lamentano difficoltà a mantenere a lungo la posizione di flessione del gomito (telefonare, scrivere, guidare, quando distesi su un lettino appoggiando le braccia ai braccioli etc.), difficoltà nelle prese, nell’esecuzione di manovre che richiedono una forza di torsione della mano, talora anche una sensazione di freddo sul lato ulnare (interno) della mano. Il dolore, spesso associato, è localizzato sul versante mediale del gomito, dell’avambraccio e della mano. Più tardivamente compaiono deficit di forza (debolezza muscolare) e ipotrofia muscolare (cioè perdita della massa muscolare) a carico dei muscoli della mano innervati dal nervo ulnare (interossei, ipotenari, adduttore del pollice, lombricali del 4 e 5 dito, parte del flessore breve del pollice). Come conseguenze si può avere una più o meno evidente difficoltà nel tenere oggetti nella mano, perdere la funzione dei suddetti muscoli e può comparire un’evidente atrofia del primo muscolo interosseo della mano (tra pollice e indice) e dell’eminenza ipotenar (rilievo carnoso localizzato nella regione interna della faccia palmare della mano e alla base del mignolo). Nelle fasi più avanzate si arriva a perdere la possibilità di estendere le ultime due dita della mano e parzialmente anche le altre tre, con conseguente flessione obbligata del mignolo e anulare, determinando la cosiddetta mano benedicente o ad artiglio.
Attenzione all’uso prolungato di cellulari, tablet e pc
Il gomito è un’articolazione molto mobile e il nervo ulnare in questo canale subisce continue sollecitazioni, compressioni, allungamenti e trazioni, legate anche al cambiamento delle dimensioni del tunnel in cui scorre. è stato dimostrato che la flessione del gomito determina sul nervo ulnare una maggior compressione, un aumento della pressione su di esso, un allungamento e un suo appiattimento quindi un maggior sovraccarico funzionale. Questo accade particolarmente in alcune posture lavorative ma anche della quotidianità sempre più spesso correlate all’uso di cellulari, tablet e altri device elettronici che comportano posizioni prolungate con gomito flesso talora appoggiato a superfici e quindi anche compresso meccanicamente. Proprio questo tipo di posizione legata all’uso prolungato dei device è stato dimostrato essere correlato a un aumento del tempo di conduzione dello stimolo nervoso al gomito a carico del nervo ulnare, determinando fastidi quali l’addormentamento delle ultime due dita o la difficoltà ad aprire e chiudere la mano e, soprattutto, l’esigenza di dover spesso cambiare posizione mentre si esegue una telefonata o si sta a lungo al pc.
La diagnosi? Basata su dati clinici e anamnesi
Dopo aver raccolto un’accurata anamnesi, è fondamentale eseguire una dettagliata analisi della mano per valutare l’eventuale presenza di alterazioni muscolari, seguita da un esame della funzione sensitiva e motoria e dalla ricerca di eventuali segni patologici mediante l’esecuzione di alcuni test clinici specifici. I principali test sono: il segno di Tinel, ossia la percussione con un dito in corrispondenza del decorso del nervo al gomito e il test d’iperflessione del gomito. Inoltre, si ricercano i segni di un’eventuale instabilità (sublussazione o lussazione) del nervo. La valutazione della forza di muscoli innervati dal nervo ulnare viene poi testata con altri test specifici. Per inquadrare il grado di sofferenza del nervo, è indicata anche l’elettromiografia che, mediante la stimolazione dei nervi dell’arto superiore in punti specifici, ne studia il funzionamento, identificando sede e natura e quantificando la gravità dell’eventuale sofferenza del nervo interessato. In casi particolari, inoltre, può essere anche utile una radiografia del gomito, specialmente se ci sono stati dei traumi. Meno frequentemente sono necessarie un’ecografia o una RMN.
Il trattamento: dal tutore all’intervento chirurgico a seconda della fase della malattia
I pazienti che presentano sintomi lievi o moderati a esordio recente, sono canditati a un trattamento conservativo che può includere una breve immobilizzazione con l’impiego di un tutore dedicato, che mette in “scarico” funzionale il gomito. Particolarmente interessante è l’uso di neurotrofici, cioè integratori specifici per il nervo a base di acido alfa lipoico e altri anti ossidanti plurivitaminici. Possono essere associati anche antiinfiammatori (FANS) ma i risultati sono controversi. Molto raccomandata, invece, è la fisioterapia associata alla rieducazione posturale con la correzione di posizioni o posture che irritano la regione posteriore del gomito. Per le neuropatie resistenti al trattamento conservativo, croniche, soprattutto se associate a debolezza muscolare o nelle forme acute gravi, il trattamento è chirurgico e consiste nella liberazione del nervo (neurolisi) dalle compressioni esterne. Dopo l’intervento chirurgico si applica un bendaggio e si posiziona talvolta un tutore, soprattutto nei casi in cui il nervo è stato spostato sotto i muscoli epitrocleari. Successivamente si consente il recupero graduale del movimento. Sebbene i risultati del trattamento chirurgico siano meno soddisfacenti rispetto a quelli dei pazienti con sindrome del tunnel carpale, la semplice decompressione del nervo è associata a buoni risultati nell‘80-86% dei casi. Nei casi di pazienti con fasi più avanzate di malattia, la sintomatologia dolorosa e i disturbi della sensibilità regrediscono nella maggior parte dei casi, ma possono permanere eventuali deficit motori.
A cura del dottor Davide Smarrelli
Specialista in Ortopedia e Traumatologia
Responsabile Chirurgia della mano
Humanitas Gavazzeni Bergamo