Contro lo stress, per migliorare la concentrazione, per recuperare le energie psico-fisiche. Sono questi solo alcuni dei benefici del training autogeno, tecnica di rilassamento ideata nella prima metà del Novecento dal neurologo e psichiatra austriaco Johannes Heinrich Schultz, oggi diffusa in tutto il mondo. Ma come si pratica? In cosa consiste? E quali benefici offre? Scopriamolo insieme alla dottoressa Mara Marini, psicologa e psicoterapeuta.
Dottoressa Marini, che cosa è il training autogeno?
È una tecnica di rilassamento che consiste in una serie di esercizi di concentrazione che si focalizzano su diverse zone corporee, allo scopo di ottenere un generale stato di rilassamento sia a livello fisico sia psichico. La caratteristica fondamentale di questo metodo è la possibilità di ottenere, attraverso esercizi “mentali”, delle reali modifiche corporee, che a loro volta sono in grado di influenzare la sfera psichica dell’individuo. Il training autogeno lavora su tre differenti piani: fisico, psichico e fisiologico (sistema nervoso vegetativo ed endocrino).
Come si svolge una sessione?
Il training autogeno prevede l’insegnamento preliminare di alcune posizioni corporee, da sdraiati e da seduti, che possano facilitare la successiva acquisizione degli esercizi di rilassamento. È costituito da una serie di esercizi standard, che agiscono su sei distretti fisiologici: muscolare, vascolare, cardiaco, respiratorio, addominale e cefalico. Il training autogeno insegna la modalità della passività, dell’abbandono passivo, dell’ascolto del corpo e della mente. È sufficiente disporre la mente alla passività, perché il corpo riprenda a distendersi, recuperare energia e auto-rigenerarsi.
Si può praticare da soli?
L’obiettivo di Schultz era proprio quello di rendere la persona autore del proprio cambiamento e del proprio benessere. Come indica il nome stesso, il training autogeno è una tecnica di “allenamento” che “si genera da sé”: l’individuo la mette in pratica in prima persona sotto la guida di un esperto. Una volta appresi gli esercizi, possono essere praticati da soli. Può essere definito un metodo di “autorilassamento”. Essendo una tecnica, perché risulti efficace deve rispettare precise regole e applicazioni ripetute nel corso del tempo.
In quali casi può essere utile?
La pratica del training autogeno ha tra le sue principali finalità un maggior controllo dello stress, dell’ansia, una riduzione generale della tensione emotiva e il recupero delle energie. È utile inoltre, in tutte quelle patologie in cui l’aspetto psicosomatico è rilevante come insonnia, emicrania, asma, ipertensione, malattie della pelle. Oltre a questo, può svolgere un ruolo positivo anche in molti altri contesti:
> in campo sportivo, per gli atleti, poiché favorisce il recupero di energie, permettendo una migliore gestione delle proprie risorse; migliora la concentrazione e contribuisce al conseguimento di alte prestazioni;
> in campo scolastico, per migliorare la memoria e la tranquillità nel sostenere gli esami;
> in campo lavorativo, per migliorare la capacità
di prendere decisioni, gestire le pressioni o l’ansia da prestazione;
> in campo artistico, soprattutto per migliorare l’attenzione e la sicurezza d’esecuzione.
Ci sono controindicazioni?
Pur essendo molto versatile, questa tecnica è sconsigliata in persone che soffrono di disturbi psicotici e depressivi. È inoltre controindicata in persone con problemi cardiaci, soprattutto se hanno avuto un infarto del miocardio negli ultimi sei mesi. Le donne in stato di gravidanza possono avvicinarsi alla tecnica adottando alcune modifiche nell’esecuzione di alcuni esercizi.
Come funziona
Il training autogeno è costituito da due serie di esercizi:
> ciclo inferiore o somatico;
> ciclo superiore o psichico.
Il lavoro principale si focalizza sul ciclo inferiore, i cui esercizi sono sei (due fondamentali e quattro complementari) da eseguirsi dopo l’esercizio introduttivo, chiamato l’esercizio della calma:
> esercizio della pesantezza;
> esercizio del calore;
> esercizio del cuore;
> esercizio del respiro;
> esercizio del plesso solare;
> esercizio della fronte fresca.
A cura di Viola Compostella
con la collaborazione della Dott.ssa Mara Marini
Psicologa, Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale
Collabora con la Fondazione Angelo Custode presso i Consultori Familiari “Zelinda” di Trescore Balneario, “Basso Sebino” di Villongo e l’IDR Angelo Custode di Predore.