“La vita inizia con un inspiro e finisce con un espiro”. È da questo concetto che è nato il Pranayama, insieme di tecniche di respirazione menzionate nei testi sacri della tradizione indiana che ancora oggi possono rappresentare uno strumento importante per contrastare alcuni dei disturbi più diffusi nella nostra società. Come ci spiega Manuela Mai, chinesiologa.
Ci spiega meglio cosa s’intende per Pranayama?
Nel mondo dello Yoga, per Pranayama s’intendono tutte quelle tecniche di respirazione menzionate nei testi sacri: è una pratica che ci permettere di espandere l’energia vitale, di rendere il respiro lungo e lento… può sembrare una ginnastica respiratoria, ma è tutt’altro. Il Pranayama è un insieme di tecniche, nelle quali si distinguono tempi, luoghi e ripetizioni che, combinati insieme, rispondono a diverse esigenze e che possono migliorare di molto le nostre capacità, non solo respiratorie. Noi siamo abituati a pensare alla respirazione come a un atto involontario che ci accompagna dalla nascita all’ultimo istante, ma può essere anche un’azione volontaria. Ed è soprattutto in questa veste che può diventare una “medicina,” per tanti aspetti che non siamo abituati a considerare.
Prana in Sanscrito significa energia, o soffio vitale che riempie l’universo, Ayama vuol dire invece estensione o espansione. Pranayama significa quindi estensione o espansione della dimensione del prana
In che senso?
Il respiro ha tante componenti che esulano dal solo scambio di ossigeno: mette in relazione il nostro interno con il mondo esterno; inspirare ci attiva mentre espirare ci calma; la nostra parte emotiva si manifesta nel modo in cui respiriamo. Basti pensare quando siamo in ansia o preoccupati: il respiro cambia e diventa più corto. Nel momento in cui si acquista la consapevolezza del proprio respiro, trasformandolo in un atto non più involontario ma volontario, ci si può aprire a un mondo di risposte inaspettato:
> si può regolare il tono del nervo vago, responsabile di tutte quelle reazioni viscerali legate agli stati emotivi e non solo;
> si può contribuire a rafforzare il sistema immunitario;
> s’impara a sedare lo stato di ansia;
> si può migliorare la relazione tra frequenza respiratoria e cardiaca (regolando la coerenza cardiaca);
> si riesce ad abbassare il livello di cortisolo nel sangue (il cosiddetto “ormone dello stress”).
La consapevolezza è una conquista, una qualità che va scoperta, riconosciuta e applicata, in ogni ambito, come nel respiro, perché ci permette d’integrare la nostra mente con il corpo. Allora il Pranayana diventa un mezzo, come lo yoga, per vivere al meglio la relazione con il nostro corpo, non solo nella malattia.
Un aiuto anche nella pandemia
Durante quest’anno di emergenza da Covid 19, sono state diverse le esperienze che hanno utilizzato tecniche di respirazione profonda e consapevole dello Yoga per dare supporto a persone colpite dall’infezione da Coronavirus, ma anche a operatori sanitari. Il dottor Giorgio Noera, cardiochirurgo e membro del Comitato Tecnico Scientifico della Sanità Militare e del Ministero della difesa, già nella prima ondata ha istituito un comitato scientifico, del quale fanno parte esperti di tecniche di meditazione, psicoterapeuti, istruttori di yoga, chinesiologi, con l’obiettivo di promuovere l’utilizzo della respirazione terapeutica nei pazienti Covid 19, seguendo i protocolli di S-Viasa University di Bangalore, riconosciuti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Moltissimi sono stati gli istruttori di Yoga di tutta Italia che hanno aderito al progetto (#aiutolepersonearespirare), tra cui anche quattro di Bergamo che hanno e stanno continuando a operare sul territorio assistendo i pazienti positivi a casa, con protocolli respiratori adattati e con tecniche di supporto emotivo.
A cura di Viola Compostella
con la collabtorazione di Manuela MaI
Chinesiologa, Insegnante di Yoga e massoterapista Studio Personalmente Bergamo