Spesso descritto come “meditazione in movimento”, il Tàijí quān o Tai chi chuan è una disciplina dalle origini antichissime, sempre più “attuale” e praticata in tutto il modo che coinvolge sia la mente sia il corpo. «Il Tàijí quān, che in cinese significa pugno del limite supremo o boxe del supremo, è una disciplina strettamente legata alla filosofia classica cinese, la cui essenza è l’unità dei contrari Yin (quiete) e Yang (movimento). Si tratta di un’arte marziale, anche sportiva e praticabile all’aperto, in cui la lentezza è alla base dell’allenamento, variabile in base ai diversi stili. Alla portata di tutti, bambini, giovani, adulti e anziani, aiuta a migliorare l’autocontrollo, la coordinazione e la forza esplosiva» sottolinea l’istruttore Fabrizio Archetti.
Come si pratica concretamente?
Il praticante mette in collegamento mente e corpo per perseguire l’equilibrio interiore dello Yin e Yang attraverso la ripetizione di una sequenza di movimenti, detti forma o taolu, per allenare la resistenza e la cedevolezza. Tutt’oggi in Italia esistono quattro stili, senza distinguere tra tradizionale e moderno:
> stile Chén, caratterizzato dall’alternanza di movimenti morbidi e rapidi includendo scatti di forza energici con movimenti spiraliformi;
> stile Yáng, chiamato anche“boxe del broccato o morbida”, caratterizzato da elementi semplici accessibili a tutti con predominanza di cerchi verticali;
> stile Wú (del Nord e del Sud), rivisitazione dello stile Yáng caratterizzato da movimenti ad arco ampi, molto lenti e morbidi con predominanza di cerchi orizzontali;
> stile Wŭ (Hao) denominato anche “boxe del fiore di susino”, caratterizzato da una netta distinzione di passi vuoti e pieni sempre con piccoli movimenti morbidi;
> stile Sūn, caratterizzato da movimenti naturali in cui si avanza e indietreggia con cambi di direzione; grande destrezza nei movimenti con gioco di piedi.
Quando è arrivata in Italia questa arte marziale?
Il Taijiquan fa la sua comparsa per la prima volta in Italia con Grant Muradoff, ballerino trasferitosi a Roma da New York negli anni Sessanta. Poi, a Milano, arrivò Ermanno Cozzi che, appreso il Tàijí quán a Los Angeles nel 1969, si perfezionò ad Hong Kong nel 1973 da Yang Shaouzhong, figlio di Yang Chengfu della famiglia Chen (a cui diversi storici attribuiscono l’orgine di questa disciplina). Infine, il primo cinese in Italia a insegnare il Taiji, fu Chang Dsuyao nel 1975 che adattò lo stile agli occidentali. Per avere però il Tàijí quán moderno, ovvero quello uniformato dall’Istituto di ricerca e sviluppo del Wushu cinese si deve aspettare gli anni 80 con svariati maestri che studiarono in Cina grazie all’apertura politica e culturale dell’Oriente.
“Quando lo yin non si separerà dallo yang e lo yang non si separerà dallo yin, ma yin e yang si completeranno l’un l’altro allora si comprenderà la forza”
Wang Zongyuedal trattato sul Taijiquanr
Con che frequenza andrebbe praticato? Si può praticare anche da soli dopo che si sono apprese le posizioni?
Il Tàijí quán è un metodo per la coltivazione delle abilità affinato da secoli di studi con esercizio, per questo andrebbe praticato con il proprio maestro una o meglio due volte a settimana, ma anche individualmente a casa come ripasso di quel che si è imparato a lezione.
Quali sono i benefici praticandolo regolarmente?
Il Tàijí quán è conosciuto e praticato anche come disciplina olistica per il benessere psicofisico della persona. Oltre a rendere il corpo agile e armonioso, infatti, favorisce la concentrazione e agisce come anti-stress. Ma non solo, ricerche scientifiche condotte in diversi ospedali della Cina e in prestigiose università come Harvard negli Stati Uniti hanno dimostrato che la pratica di questa disciplina offre numerosi benefici per la salute: migliora il funzionamento dell’apparato cardiovascolare, riducendo la pressione alta e i livelli di colesterolo, aiuta a ridurre gli infortuni dell’apparato locomotore e a mantenere le articolazioni sane, contribuisce ad attenuare gli effetti dovuti a disturbi cronici come la sclerosi multipla, il Parkinson, l’Alzheimer e la fibromialgia. Oggi, a causa della vita frenetica moderna, sempre più persone praticano volentieri il Qi Gong, una parte del Tàijí che lavora sull’energia con esercizi statici o simmetricamente dinamici che risultano quindi più semplici da eseguire.
A cura di Elena Buonanno
con la collaborazione di Fabrizio Archetti
Istruttore Giocowushu®, Qigong e Taijiquan CSEN Ref. Arti Marziali Cinesi SSD ANANDA