Riportiamo con piacere il racconto della dottoressa Maria Rita Milesi, psicologa e psicoterapeuta che da anni collabora con Bergamo Salute, su come grazie alla sua determinazione e passione, sia riuscita a realizzare, contro ogni immaginazione, il suo sogno di diventare psicologa e aiutare gli altri. E tutto grazie a Freud.

Virginia Woolf immaginava che il paradiso consistesse nel poter leggere continuamente, senza fine. Umberto Eco sosteneva che chi non legge vive una sola vita, la propria. Daniel Pennac credeva che un libro ci salva da qualsiasi cosa, persino da noi stessi. Le frasi dedicate ai libri sono molte e tutte stimolanti, ma quella che risuona più profondamente dentro di me è quella del filosofo Henry David Thoreau: “Quanti uomini hanno datato l’inizio di una nuova era della loro vita dalla lettura di un libro.”

Sì, perché i libri possono aiutare a cambiare la propria vita. Nel mio caso un tale effetto rivoluzionario l’ha avuto “Introduzione alla psicoanalisi” di Sigmund Freud. La rivoluzione è stata lenta, una brace che ha covato sotto la cenere per anni: per lunghi periodi quieta, in altri momenti ravvivata in fiammate che hanno innescato cambiamenti decisivi.

Quando lessi quel libro avevo 17 anni e dall’età di 15 lavoravo alla catena di montaggio in fabbrica. Avevo dovuto rinunciare a un’istruzione superiore, ma non rinunciai mai ai libri. Quell’anno avevo ordinato per corrispondenza il saggio di Freud. Non conoscevo nulla di lui né tanto meno della psicoanalisi. La lettura del libro fu un’esperienza affascinante e illuminante: non esiste migliore introduzione alla psicoanalisi di quest’opera, nella quale Freud espone tutti i concetti del campo psicoanalitico con estrema chiarezza.

All’epoca ero ben lontana dall’immaginare che dieci anni più tardi mi sarei iscritta a psicologia. Dovevo lavorare, la possibilità di cambiare la mia vita era inimmaginabile, diventare una psicologa era ancor meno di un sogno, era semplicemente inconcepibile.

Dato che nella piccola azienda agricola di famiglia c’era bisogno di me a tempo pieno, a 19 anni lasciai la fabbrica per lavorare la terra. Ma sentivo che qualcosa nella mia vita mancava. “Introduzione alla psicoanalisi” aveva toccato corde profonde dentro di me: mi aveva fatto intravedere come funziona la nostra mente, le motivazioni inconsce che orientano i nostri comportamenti e le nostre scelte, i conflitti alla base del nostro malessere emotivo, le ragioni della nostra insoddisfazione, della MIA insoddisfazione.

Così, all’età di 23 anni, ci fu la prima “fiammata”: decisi di iscrivermi al corso serale di ragioneria al Vittorio Emanuele II. Di giorno il lavoro e tutte le sere (sabato pomeriggio compreso) la scuola. Era faticoso, ma che piacere tornare sui libri, imparare cose nuove, poter studiare! La scuola, i professori, un ambiente intellettuale ricco e aperto influirono ulteriormente sul mio modo di vedere la vita e me stessa.

Dopo sette anni di lavoro come coadiuvante agricola non resistetti più alla cultura maschilista familiare. Lasciai quell’attività e dopo vari lavori manuali approdai in Bticino come operaia. A 27 anni mi diplomai. Grazie al buon voto di maturità, mi contattarono un paio di banche. Alla Bticino mi proposero il trasferimento alle risorse umane.

Per me sarebbe stato un considerevole salto di qualità. Ma c’era la psicologia.

Durante l’estate mi ero preparata per i test di ingresso alle facoltà di psicologia di Padova e del San Raffaele. Superai le selezioni in entrambe le università. Cosa dovevo fare? Puntare su un lavoro sicuro o tentare di realizzare il mio sogno? Decisi di rischiare: mi iscrissi al San Raffaele, grazie a una borsa di studio della Regione Lombardia. Inutile dire che quelli universitari furono anni appassionanti, a contatto con menti brillanti e la possibilità di immergermi nell’immensità dei fenomeni della mente. Nei dieci anni di formazione (università, tirocinio, scuola quadriennale di psicoterapia) ebbi l’opportunità di sperimentarmi in diversi ambiti lavorativi: promoter, segretaria, educatrice, insegnante.

Conseguii la specializzazione di psicoterapeuta a 37 anni. Già da tempo avevo iniziato la pratica clinica in ospedale; con il nuovo titolo divenni assegnista di ricerca e professore a contratto all’Università Vita-Salute San Raffaele. Nel 2014 ho lasciato tutte le attività a Milano ed ho aperto uno studio di psicoterapia a Bergamo.

Nel 2020, alla veneranda età di 51 anni, è stato pubblicato il mio romanzo d’esordio. Tutto questo solo grazie alla lettura di un libro? No, non solo. Sulla mia strada ho incontrato molte persone che hanno creduto in me, riconoscendo le mie potenzialità ed aiutandomi ad esprimerle. Ho dovuto affrontare tante paure, superare ostacoli, fare sacrifici e rinunce. Cambiare non è facile, ma è possibile. Svolgo un lavoro che mi permette di aiutare le persone che soffrono, che hanno perso la speranza, che sentono di non avere una via d’uscita. So per esperienza che quando una persona arriva a chiedere il mio aiuto è perché già una piccola scintilla si è accesa: è quella scintilla che dà il coraggio di mettersi in gioco seriamente, di provare a cambiare, di realizzare il proprio Sé. Questa scintilla possiamo trovarla in un libro, in un film, in un viaggio, in un insegnante, nella malattia, nella sofferenza, nella storia di un’altra persona.

Ecco, a 53 anni, ho provato a raccontare la mia. Spero che possa incoraggiare tante persone a credere in se stesse, nei propri sogni e nella possibilità di realizzarli. Non è mai troppo tardi! 

A cura di Maria Rita Milesi