Sono sempre numerosi i guariti da Covid-19 che entrano in farmacia accusando una persistenza di sintomi riconducibili alla malattia, anche parecchio tempo dopo la negativizzazione. Il farmacista consiglia giustamente prodotti specifici per ciascuno dei disturbi più diffusi. Ma quanto è frequente tale situazione? È normale sentirsi stanchi anche mesi dopo la guarigione? È normale una così persistente alterazione di gusto e olfatto? Il tempo necessario per riprendersi dal Covid 19 è differente da persona a persona. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità la maggior parte delle persone affette da Covid-19 recupera completamente entro un mese, ma in 1 caso su 4 alcuni sintomi e manifestazioni cliniche possono persistere anche a distanza di 4-5 settimane dal riscontro della positività e 1 su 10 presenta sintomi dopo 12 settimane. In questi casi si parla di “Long Covid”, espressione che indica una condizione del paziente guarito dal Covid-19 e negativo al tampone che, tuttavia, continua a manifestare sintomi legati alla malattia. Per poter inquadrare meglio le caratteristiche del “Long Covid” abbiamo intervistato la dottoressa Caterina Conti, pneumologa dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. La dottoressa Conti nel 2020 ha partecipato al progetto “Surviving COVID-19” (studio finalizzato a monitorare i problemi a lungo termine causati dalla malattia) e ancora oggi segue pazienti guariti dal Covid 19 che continuano ad avere, alcuni anche dalla prima ondata, sintomi respiratori oppure alterazioni radiologiche e spirometriche, quindi meritevoli di follow-up.

Dottoressa Conti come descriverebbe la sintomatologia da Long COVID? E cosa distingue questi sintomi dagli “strascichi” presenti in una normale convalescenza?
Si tratta di sintomi, anche molto vari, che impattano molto sulla qualità della vita, di entità anche importante e di durata prolungata. Talvolta il paziente fa anche fatica a spiegarli dal momento che può essere fortemente sintomatico, ma senza un riscontro radiologico o spirometrico tale da giustificare i disturbi descritti, con conseguente difficoltà ad essere compreso. Il sintomo più frequente è l’astenia: tutti i pazienti lamentano una grandissima stanchezza, accompagnata spesso da una dispnea da sforzo (“faccio fatica a fare le scale, mi manca subito il respiro e non mi sento più quello di prima”), associata a volte a debolezza e dolore muscolare. A questi si aggiunge una sorta di stordimento generalizzato e persistente, un annebbiamento mentale che comporta problemi di memoria e concentrazione, generalmente non giustificato da un quadro strumentale.

Quanto possono durare queste problematiche?
Ci è capitato di avere pazienti che sono ancora sintomatici dalla prima ondata, anche se sono proporzionalmente molto pochi. Solitamente si ha una risoluzione del quadro clinico nel giro di circa 9-12 mesi. Considerando che circa il 25% dei guariti da Covid 19 ha sviluppato una sintomatologia da “Long Covid”, un 5% di questo 25% (circa 1 individuo su 100 di quelli inizialmente guariti dal Covid-19) può avere sintomi anche dopo un anno.

Nel corso del vostro studio avete individuato delle motivazioni, o possibili correlazioni fra dati, per cui alcune persone soffrono di Long Covid e altre invece no?
Durante la nostra attività non siamo riusciti a identificare con precisione il fenotipo del paziente che svilupperà il “Long Covid”. In generale ci sembra che risultino essere più interessate le donne, soprattutto in termini di astenia, e chi è stato ricoverato in ospedale e in terapia intensiva, ma abbiamo notato anche diversi casi di pazienti con sintomi lievi che poi manifestavano una sintomatologia “Long Covid” particolarmente accentuata e prolungata.

Esiste un modo per evitare l’insorgenza del Long Covid oppure per riprendersi più in fretta dallo stesso?
Sicuramente può essere utile il fatto di mobilizzarsi il prima possibile, senza affaticarsi troppo, ma evitando la completa sedentarietà non appena le condizioni lo consentano. Si può cercare di mantenersi fisicamente attivi durante la convalescenza con attività aerobiche blande e, se le possibile, anche durante le fasi meno acute della malattia. Altri tipi di terapie, ad esempio a base di antiossidanti, tendenzialmente non hanno dato grandi risultati. Abbiamo utilizzato corticosteroidi in pazienti che avevano degli esiti radiologici polmonari importanti e spesso dopo ospedalizzazioni prolungate, ottenendo risultati variabili. Per il resto si può intervenire in modo mirato con le diverse terapie sintomatiche indicate per ciascuno dei molteplici disturbi. Ad esempio se un paziente “Long Covid” ha comparsa di cefalea, si può tentare di controllarla attraverso terapie sintomatiche come antinfiammatori o antidolorifici e si potrà agire in modo analogo per gli altri sintomi per cui esista un supporto farmacologico. In caso di problemi più gravi, naturalmente ci sono delle terapie adatte e c’è indicazione a un follow up specialistico (ad esempio per problematiche neurologiche come le polineuropatie o cardiologiche come i disturbi aritmici, ematologiche come le trombosi, e gli esiti pneumologici).

Molte persone colpite da Covid 19, soprattutto durante le prime due ondate, lamentavano alterazioni di gusto e olfatto anche parecchi mesi dopo la guarigione. Quanto può durare questo problema?
La durata dei disturbi di anosmia (perdita dell’olfatto), ageusia (perdita del gusto), disosmia (alterazione dell’olfatto) e disgeusia (alterazione del gusto) sono molto variabili. Sembrano dovuti a un interessamento del bulbo olfattivo nel corso della replicazione di SARS-CoV-2, quindi le tempistiche di guarigione dipendono da quanto questa regione sia stata danneggiata. Non abbiamo visto pazienti che accusassero ancora questi problemi dopo un anno dall’infezione, ma è capitato di riscontrare tali sintomi anche a 6-7 mesi dal contagio.

Esiste una cura che permetta di risolvere questi disturbi il prima possibile?
Basandoci sulla letteratura e sulla nostra esperienza non sembrano esserci rimedi specifici per la prolungata alterazione di gusto e olfatto. È come se ci fosse una sorta di stupor neurologico a cui va dato il tempo adeguato per riprendersi, ma per quanto ne sappiamo al momento non ci sono terapie neuroprotettive o a base di integratori utili a ripristinare queste funzioni. L’unico consiglio può essere quello di preferire pietanze che non siano associate a un sapore sgradevole per chi ha un’alterazione del gusto. 

A cura del dott. Luca Giacherio
Farmacista
Farmacia Giacherio, Ranica (Bg)