Svezzamento è il termine di uso comune con il quale si indica il passaggio dall’allattamento ai cibi solidi. In altre parole è il periodo di transizione, che dura in genere sei mesi, in cui il bambino integra pian piano un’alimentazione con solo latte materno o la formula artificiale e inizia a conoscere il “cibo dei grandi”. Ma quando è bene iniziare? E come fare? Ce lo spiega Giulia Meloni, puericultrice.

Qual è l’età giusta per iniziare con lo svezzamento?

Innanzitutto più che di svezzamento, che etimologicamente mantiene in sé il concetto di “togliere un vizio”, bisognerebbe parlare di alimentazione “complementare”, ovvero non più rappresentata solo da latte materno o formula artificiale, ma con anche altri alimenti cosiddetti complementari. A partire dai sei mesi questa integrazione diventa necessaria perché le esigenze nutrizionali del bambino via via cambiano e crescono con lui.

 "Le linee guida OMS parlano di alimentazione complementare a significare che il latte materno o la formula artificiale rimangono l’alimento principale per i nostri bambini fino ai 12 mesi di vita compiuti”

Cosa prevede l’alimentazione complementare?

Distinguiamo due tipi essenziali di alimentazione complementare: quella guidata dal bambino, meglio conosciuta come auto svezzamento e quella guidata dall’adulto che prevede la preparazione della classica pappa. È possibile naturalmente fare entrambi i percorsi contemporaneamente: i bambini sono molto intelligenti e flessibili e sanno interpretare contesti diversi con proposte diverse da persone diverse. L’auto svezzamento prevede che il bimbo, in autonomia, si conceda assaggi del cibo che vede in tavola, nei piatti degli altri come nel suo, con l’accortezza di moderare il sale nella preparazione e che nel suo piatto venga proposto il cibo di una dimensione idonea e dal taglio sicuro. Niente a che vedere con il cibo infilato nelle retine per lo svezzamento. Se invece siamo noi a preparare la classica pappa prendiamo in considerazione che possiamo dire addio al brodo vegetale che non rispetti la stagionalità delle verdure e soprattutto che viene ridotto al nulla dai lunghi tempi di cottura. Ai bambini, dopo i 6 mesi, possiamo proporre tutto il cibo che mangiamo noi con alcune eccezioni molto importanti: nei primi tempi i legumi solo se decorticati, il miele è vietato sotto i 12 mesi e i funghi sotto i 24 mesi. Qualsiasi sia la nostra scelta è importante che il bambino, anche se imboccato, non mangi da solo e in tempi diversi dal resto della famiglia.

Spesso i genitori si sentono insicuri a proporre ai bimbi cibo a pezzetti. Che consigli possiamo dare?

Per prima cosa un corso di disostruzione dei lattanti e pediatrica è assolutamente utile per chiunque sia a contatto con i bambini, a prescindere dallo svezzamento. Questo consentirà di sentire di avere il controllo della situazione se dovesse presentarsi un’emergenza anche che non riguardi il cibo. Possiamo poi imparare tagli sicuri a seconda dell’età del nostro bambino e prenderne dimestichezza. La maggior parte delle fatiche dello svezzamento, quanto a opposizione e rifiuti, solitamente dipendono dalla mancanza di rispetto del tempo giusto per iniziare. È bene quindi ricordare che:

> il bambino deve aver compiuto sei mesi;
> deve essere in grado di stare seduto stabilmente da solo senza appoggi (sul tappeto, senza cadere di lato per esempio) perché questo è un segnale di maturità scheletrico muscolare che coinvolge anche l’apparato digerente;
> deve saper esprimere un “NO”, con la voce, o con la testa, o voltandosi, allontanando la nostra mano;
> il riflesso di estrusione deve essere scomparso: se introducete qualcosa nella sua bocca e la lingua spinge avanti e sputa non è necessario insistere con il cucchiaino affinché si abitui, anzi può essere pericoloso perché si tratta di un riflesso salvavita, quando sarà pronto a deglutire il cibo, sarà pronto a mangiare.

Il bambino deve essere interessato al cibo: per questo motivo è importante che abbia un seggiolone della pappa snello, non reclinabile e che gli consenta di partecipare al pasto della famiglia. La curiosità nascerà guardando ciò che succede attorno e che mangiano gli altri insieme a lui. Anche se desideriamo imboccarlo, è importante che sappia portare il cibo alla bocca. La coordinazione oculo manuale, che possiamo sostenere e sviluppare cambiando il seno durante la poppata (oppure il braccio con cui somministriamo la formula) e mantenendo lo sguardo sul bambino, è un altro segnale importante e fondamentale per iniziare. Quando sono presenti tutti o quasi questi segnali il bambino è pronto per iniziare.

Quindi i bambini possono mangiare quello che mangiamo noi?

Sì, e non è novità o una moda: prima della nascita delle aziende di baby food, i bambini hanno sempre mangiato quello che mangiavano gli adulti, tritato molto fine. Poi si aggiungeva la polenta o si creavano delle polpette. Tutte le scelte informate sono rispettabili: la consapevolezza sta nel saper riconoscere che ciò che ci spinge a comprare, e cosa, non faccia leva sul concetto di non essere o dare abbastanza. I bambini conoscono già i sapori della nostra tavola, qualunque sia la nostra cultura: in gravidanza assaporano i cibi che la mamma mangia attraverso il liquido amniotico e durante l’allattamento ritrovano nel latte materno tutti i sapori della tavola fino al momento in cui, unitamente al latte, iniziano ad assaggiare alimenti solidi. Il punto fondamentale è essere rispettosi del tempo e delle capacità del bambino, non forzandolo a finire tutta la pappa e ricordando che si parla di alimentazione complementare: il latte garantisce di continuare a provvedere fino al 70% fabbisogno calorico fino ai 12 mesi compiuti. Non bisogna poi dimenticare che mangiare, per i bambini, è un momento di grandissimo apprendimento e hanno bisogno di sperimentare con tutti cinque i sensi: è importante che possano sentire il profumo del cibo (o delle piante aromatiche, per esempio). È fondamentale che possano manipolarlo, spalmarlo, schiacciarlo e, sì, anche spalmarselo addosso. Temiamo di essere diseducativi perché ci hanno insegnato che il cibo non è un gioco e non va sprecato e questo è importante, ma per imparare a gestire gli spaghetti, per esempio, servono tanti tentativi e all’inizio ne bastano davvero pochi. Possiamo aiutarci facendo indossare al bambino delle bavaglie molto ampie o con le maniche e mettere una vecchia tovaglia a terra sotto la postazione del bambino così da rendere più veloce e pratico il momento di ripulire. Rimane fondamentale che il cibo lo vedano soprattutto nei piatti degli altri: le forme, i colori, le consistenze. Mangiare per concludere è uno dei momenti più significativi per partecipazione e convivialità; come dice la famosissima e dolcissima Pediatra Carla: la famiglia si fa a tavola.

A cura di Viola Compostella
con la collaborazione
della Puericultrice Giulia Meloni
Libera professionista a Seriate