Prendersi cura della propria casa è un po’ come prendersi cura di sé. 
Vi è un profondo legame tra l’uomo e l’ambiente dove vive, sia a livello geografico, sia al livello del suo habitat quotidiano, cioè la sua casa che riflette la propria personalità. Quindi è importante prendersi cura di entrambi per poter crescere e vivere in un ambiente che ci faccia sentire bene.

Dott.ssa Barbato, cosa si intende con il termine “cleaning therapy”?

La “cleaning therapy” non è solo un concetto di moda, bensì una pratica che unisce il benessere fisico a quello mentale, trasformando le pulizie in un vero e proprio rituale di mindfulness. Va oltre il semplice atto di pulire, perché ogni azione, dallo spolverare al lavare i piatti, diventa un’opportunità per connettersi con il presente e allontanare lo stress perché ci si concentra su ciò che si sta facendo, liberando la mente da pesi e carichi emotivi ed entrando in uno stato di “flusso”.

Come incide la cleaning therapy a livello antropologico? E a livello psicologico?

Dal punto di vista antropologico (come confermato dall’antropologa Mary Douglas), c’è una grande correlazione tra spazio e corpo. Se ci si pensa, lo stesso verbo “curare” si usa in riferimento al prendersi cura della casa, ma anche del corpo – o della mente. Lo spazio in cui viviamo e il nostro corpo sono il riflesso della nostra personalità: dall’età, al genere, alla classe sociale. A livello psicologico l’atto del riordinare la casa è visto come un modo per mettere ordine e schiarire la mente. Le condizioni del nostro habitat possono influire sullo stato mentale. Certo è che in alcuni casi il disordine può essere associato a persone creative che trovano in esso un ordine; e che la pulizia maniacale della casa non è positiva perché potrebbe essere un indicatore di un disagio più profondo legato a un disturbo ossessivo-compulsivo. La pulizia e l’ordine devono trovare dentro di noi la comodità e l’equilibrio che ci fanno stare bene.

Home sweet home
Luca Guidara, autore di “Home sweet Home. Prendersi cura della casa e fare le pulizie non è mai stato così bello” (DeAgostini) afferma che mettere ordine in casa, anche solo per dieci minuti al giorno, non solo rende migliore l’ambiente intorno a noi, ma fa bene anche allo spirito. Il termine “cleaning therapy” è stato coniato stato coniato “per sottolineare i benefici simili a quelli del decluttering, la pratica di origine scandinava che fa uscire dal circolo vizioso dell’accumulo seriale di oggetti, invitando a eliminare tutto il superfluo così inizierà a farlo anche con i pensieri inutili”.

Nella pratica, quali sono i vantaggi?

I vantaggi, gli impatti, dell’atto del pulire sulla salute, sono stati valutati dalla scienza. Per prima cosa, ad esempio, fanno bene al cuore: uno studio dell’università dell’Indiana su un campione di 998 persone tra i 49 e i 65 anni, ha dimostrato che spolverare, stirare o lavare i pavimenti in casa per 30 minuti riduce il rischio di infarto – quasi quanto 30 minuti di passeggiata all’aperto. A giovarne è anche il sonno: una ricerca dell’americana National Sleep Foundation ha dimostrato che una camera da letto ordinata e lenzuola pulite avevano reso migliore la qualità del riposo notturno del 75% degli intervistati. Ma i vantaggi riguardano soprattutto la psiche. Stando a uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Personality and Social Psychology Bulletin, chi descrive la propria abitazione come caotica e piena di cose lasciate a metà è tendente alla depressione, con livelli alti di cortisolo, l’ormone dello stress. Roberto Pani, psicanalista e psicoterapeuta, docente di psicologia clinica all’ Università di Bologna ha affermato che «…è più frequente trovare in disordine l’appartamento di un single, che quello di una famiglia. Non ha spazi da condividere con altre persone, non riceve ospiti tutti i giorni e, se vuole, può permettersi di trascurare le pulizie. Ma parliamo di persone normali, senza particolari patologie […]. Si può affermare che la corrispondenza tra interno ed esterno esiste e vivere in un ambiente più ordinato aiuta la quotidianità».

Ma quando il disordine è troppo?

Quando il disordine è troppo, questo rischia di essere il riflesso di un disagio. È il disordine di chi, per esempio, sta vivendo un trauma come lutto, una separazione o la perdita del posto di lavoro e si lascia andare all’incuria per mancanza di energie, di speranze o di visione del futuro. «Il disordine casalingo diventa la spia di scombussolamento», dice ancora Pani. «L’aiuto delle persone vicine in questi casi è determinante. Se ciò non fosse sufficiente, molto utile è il supporto di uno psicoterapeuta», ed io aggiungo o anche di un Counselor. 

A cura di sara Carrara
con la collaborazione di Pia Barbato
Counselor Supervisor Trainer 
Centro Counseling Integrato APS