Come affrontare tristezza e demotivazione che ci affliggono al rientro al lavoro.
Rientrare al lavoro dopo un periodo di ferie, breve o lungo che sia, è quasi sempre difficile ed emotivamente sfidante, tanto che si parla di post-vacation blues, ovvero uno stato di tristezza, malinconia e anche demotivazione. Pur reduci da un periodo di riposo, accade che ci si possa sentire stanchi, privi di energie, anche poco lucidi. In realtà molte persone lo sperimentano e non sempre è collegato a un periodo di “stop”. Ad alcuni capita anche per il cambio di stagione. Di solito in una o due settimane, con il riadattamento alla routine, questo stato d’animo svanisce da sé. Le difficoltà risiedono principalmente nell’adattamento mentale. È oltremodo naturale che, dopo che si è passato un periodo di tempo piacevolmente e con ampi spazi di libertà, facendo ciò che si preferisce, e nel contempo rilassandosi, tornare alla routine delle regole, dell’obbligo, delle responsabilità, dello stress, anche del “conosciuto” se vogliamo, se potessimo scegliere in quel momento, diremmo “riportatemi indietro!!”.

Come mantenere i benefici delle ferie

In primo luogo, bisogna prevedere questo stato d’animo e cercare di mettere in atto delle azioni in anticipo. Prima di partire, potrebbe essere utile smaltire i lavori in sospeso e programmare, almeno a grandi linee, le priorità al rientro. Buona prassi anche delegare quanto possibile, dedicando del tempo per accurati passaggi di consegna. Al rientro, può aiutare pensare ad un “atterraggio dolce”, utilizzando dei trucchetti e delle ricompense, ad esempio: rientrare a metà settimana per essere più vicini al weekend; modulare in crescendo, per le prime settimane e per quanto possibile, l’orario e i carichi lavorativi, concedendosi un po’ di flessibilità in entrata e uscita o nelle pause; programmare attività simili a quelle che tanto ci hanno fatto star bene in vacanza, ad esempio, piccole escursioni in città, una gita in piscina, un massaggio, una cena al ristorante, ecc. Insomma, l’invito è quello di rimanere attivi e creativi, valorizzando ciò che le vacanze di solito regalano e cercando attività che ne riproducano gli effetti positivi. Ognuno poi troverà il proprio modo personale.

La gestione dello stress

La presenza di stress indica fondamentalmente un disequilibrio sul piano energetico ed emotivo. Per imparare a gestirlo bisogna saper ascoltare ed interpretare correttamente i segnali che arrivano dal corpo, la nostra bussola principale che consente di orientarci nel vivere. Se imparo ad ascoltarmi, imparo anche a distinguere cosa e quanto è buono per me e cosa no e ciò conduce a regolare con più cura e attenzione i carichi di lavoro e gli impegni. Tra i principali indicatori fisiologici, proviamo a pensare alle emozioni: la maggioranza delle persone non ha un rapporto di confidenza con il mondo emotivo, spesso anzi ne è preoccupata. Eppure, è uno strumento imprescindibile per orientarsi nella vita. Ecco lavorare su questi aspetti è essenziale.

La differenza tra stress lavorativo e burnout

Attenzione a distinguere tra normale stress lavorativo e burnout. La prima è una situazione temporanea: un picco di lavoro, un esame importante, una commessa complicata ci mettono alla prova per un tempo limitato e possono produrre affaticamento mentale e fisico, irritabilità, mal di testa estemporanei, tensione muscolare e tutto ciò che può essere determinato da uno stato di stress. Ciò che caratterizza il normale stress lavorativo è la sua estemporaneità, cioè un’eccezione rispetto alla normale routine. Una volta concluso l’impegno, la persona torna alla normalità e i sintomi svaniscono velocemente. Il burnout, invece, è tutt’altra dimensione: parliamo di persone in situazione di consolidata e prolungata esposizione ad alti livelli di stress. Ė una condizione insidiosa perché tendenzialmente la persona fa fatica a coglierne i segnali e quindi non ha coscienza dei rischi e delle conseguenze. Di solito sono le persone vicine a segnalarlo oppure i professionisti sanitari, anche e spesso in seguito ad eventi traumatici (incidenti, malattie, disturbi che si cronicizzano). Sono quelle persone per cui non ci sono orari, non ci sono limiti alla disponibilità a farsi contattare, vacanze incluse, per cui il lavoro giustifica tutto, anche trascurare la salute e i propri cari. Negli anni del boom era considerato normale essere totalmente dediti al lavoro e al “sacrificio” mentre ora, anche grazie a un maggior benessere diffuso, la ricerca di un buon equilibrio tra vita privata e lavoro è diventata prioritaria.

I campanelli d’allarme del burnout

Stanchezza cronica, difficoltà nel sonno, senso di alienazione e mancanza di empatia, tendenza ad una visione pessimistica, bassa efficacia. Parliamo di una sintomatologia che si avvicina molto a un quadro depressivo. Spesso è consigliabile rivolgersi ad uno psicoterapeuta per farsi aiutare, proprio per cercare, in primo luogo, di recuperare un sano contatto con
il piano di realtà che evidentemente è stato perso. Sono forme molto resistenti anche per una sorta di riluttanza, culturalmente determinata, a considerarlo un problema: “eh ma devo lavorare!”. Lavorare serve per vivere, ma lavorare è anche faticoso ed è comunque un’unica dimensione del vivere. Quante altre possibilità di esplorazione, di rigenerazione ed esperienza vengono perdute se ci si dedica solo ad esso? 

A cura del Dott. Marco Ghezzi
Psicologo e Psicoterapeuta, Esperto in Emdr
Bergamo