In tema di sessualità e approccio alle relazioni, i giovani maschi sono ancora svantaggiati per colpa di tabù e pregiudizi e il gap tra i due sessi si accentua.
La soppressione del servizio militare obbligatorio e quindi della visita di leva effettuata verso il 17-18° anno di età (dal 2005), ha portato in pochi anni a incrementare il gap tra i due sessi in tema di salute sessuale. Proprio questa differenza netta nell’approccio epidemiologico e clinico alle malattie dell’apparato sessuale e della riproduzione è stata affrontata durante l’incontro di formazione “La medicina al maschile tra fertilità e malattie sessuali”, recentemente organizzato da Motore Sanità, società che organizza convegni in campo medico per promuovere la cultura scientifica.

Il gap tra ragazzi e ragazze

Secondo Luigi Godi, M3 Research Consulting: «Le ragazze, con la comparsa del menarca, usualmente accompagnate dalla mamma, frequentano un professionista della sanità (ginecologo) e iniziano un percorso di conoscenza del proprio apparato sessuale e di prevenzione delle malattie sessuali. L’adolescente di sesso maschile, invece, è un po’ abbandonato a sé stesso ad affrontare l’argomento: affrontare l’argomento con un genitore è infatti ancora tabù. Il confronto con gli altri adolescenti può essere di scherno e non collaborativo e lo scambio di informazioni e di esperienze addirittura negativo. La soppressione della visita di leva, che veniva effettuata verso il 17-18° anno di età del giovane adolescente, ha portato ad incrementare questo gap, poiché non c’è più un momento clinico preventivo per il proprio apparato sessuale, se non in casi sporadici». Per Godi si rende quindi necessario identificare per gli adolescenti di sesso maschile la disponibilità di un professionista o di un team di professionisti e di una struttura sanitaria che si renda disponibile per intraprendere un percorso di di educazione sessuale, di conoscenza dell’apparato sessuale e di prevenzione delle malattie sessuali per l’adolescente maschio.

Fare i controlli dopo la pubertà

«Il maschio è responsabile di oltre un terzo delle infertilità di coppia che arrivano alla nostra attenzione», ha commentato Andrea Isidori, Presidente Società Italiana Andrologia e Medicina della Sessualità (SIAMS). «La maggior parte delle problematiche maschili originano durante la fase di sviluppo puberale, intorno ai 12-14 anni. Significa che, quando una coppia giunge alla nostra attenzione perché non riesce a concepire, in genere dopo i 30-35 anni, in realtà scopriamo queste problematiche con un ritardo di oltre 10 anni. Purtroppo, questo è un retaggio culturale di cui soffre il nostro Paese, e in generale la cultura occidentale, che non investe sugli inter-venti di prevenzione per garantire il normale sviluppo psicofisico, andrologico e riproduttivo del maschio. Il pediatra spesso non ha il tempo o la preparazione specifica per fare il check-up andrologico, oppure i ragazzi perdono il contatto con il pediatra proprio quando iniziano lo sviluppo puberale e durante l’adolescenza». Il sistema educativo italiano non spinge i ragazzi a fare i controlli, né a fare prevenzione su queste tematiche: basti pensare al tumore del testicolo, il più frequente nel maschio tra i 20 e i 40 anni, con un’incidenza di nuovi casi pari a 10 su 100mila abitanti per anno, al varicocele o alle infezioni a trasmissione sessuale.

L’importanza della prevenzione

Secondo gli esperti presenti all’evento, occorre lavorare su più livelli simultaneamente: sensibilizzazione, informazione, educazione e prevenzione secondaria delle complicanze, attraverso un sistema sanitario efficiente. Ma è necessario anche un cambiamento culturale per riportare la salute riproduttiva e sessuale al centro, come un bene della comunità. Considerando anche il grave tasso di denatalità nel nostro Paese, è giusto anche in quest’ottica riportare all’attenzione i valori insiti in un corretto e sano sviluppo, di educazione alla riproduzione e alla sessualità. 

A cura di Sara Carrara