Dietro questo fastidioso disturbo si può nascondere una patologia, la sindrome da apnee ostruttive del sonno
Il russare è sempre stato oggetto di ilarità e scherno oltre che fonte di disturbo per il partner e origine di conflitti familiari. Solo recentemente si è compreso che non è solo una forma di “disturbo sonoro sociale” ma può provocare serie conseguenze sulla salute: spesso è infatti l’anticamera della Sindrome da Apnee Ostruttive del Sonno (OSAS).

Quando il respiro va in "pausa"
La Sindrome delle Apnee Ostruttive del Sonno è stata descritta per la prima volta nel 1965 come un’alterazione patologica caratterizzata da “pause” del respiro normale durante il sonno. Tutti noi possiamo avere sporadici episodi di apnea durante il sonno, senza alcun pericolo, ma nel caso dell’OSAS si tratta di interruzioni totali (apnee) o parziali (ipopnee) della respirazione, della durata di oltre 10 secondi, che si ripetono molte volte durante il sonno: si parla di OSAS quando il numero delle pause respiratorie è superiore a 5-10 per ora di sonno, che possono diventare 20-30 e, nei casi più gravi, anche 40-50 per ogni ora di sonno.

Il grasso tra i fattori di rischio
Perché si dice “cadere dal sonno”? Durante il sonno tutti noi abbiamo una fisiologica riduzione della attività muscolare, tanto che abbiamo imparato a dormire sdraiati perché, oltre che a essere più comodi, se ci addormentassimo in piedi cadremmo per terra. Questa normale riduzione di attività muscolare fa sì che le nostre vie aeree superiori, l’ipofaringe o la gola tanto per intenderci, si chiudano parzialmente durante il sonno. Questo fenomeno fisiologico diventa patologico nei soggetti che hanno (anche da svegli) qualche fattore che peggiora la condizione di normale apertura delle vie aeree superiori (ridotta pervietà nasale, ipertrofia adenotonsillare etc.). Ma sono soprattutto le persone in forte sovrappeso o obese, e particolarmente quelle che presentano un accumulo di grasso nel collo, quelle a maggior rischio, perché il grasso accumulatosi nel collo rende le vie aeree più facilmente collassabili e quindi “restringibili”. Durante un’apnea la persona cerca di respirare ed è costretta a fare sforzi inspiratori sempre più intensi che comportano una brusca caduta dell’ossigenazione. Ma nessun allarme eccessivo: Madre Natura è previdente e ha fatto sì che il nostro cervello, anche se addormentato, si accorga di questo pericolo: ci fa svegliare e ci fa riprendere a respirare. In realtà si tratta di micro risvegli (definiti “arousal”) che noi non percepiamo ma permettono ai muscoli dilatatori delle vie aeree superiori di riaprire la nostra gola e quindi la ripresa del respiro, spesso sancita da una sonora russata liberatoria. Anche se non percepiti, questi microrisvegli sono la causa principale della sonnolenza diurna che caratterizza questa patologia: “ho dormito tutta la notte, ma mi sveglio più stanco di prima” dice abitualmente chi soffre di OSAS.

Polisonnografia: l’esame per avere la certezza
Per riconoscere una OSAS è importante innanzitutto un’anamnesi accurata che identifichi i sintomi clinici legati alla scarsa qualità del sonno: sonnolenza diurna, affaticabilità e perdita di energia, cefalea al risveglio, depressione del tono dell’umore o irritabilità, difficoltà di concentrazione e incidenti automobilistici per colpi di sonno. Dal punto di vista clinico si tratta molto spesso di persone sovrappeso, quando non obese, con collo corto e grosso o problemi anatomici a livello di naso o gola. Quasi sempre inoltre sono forti russatori che rendono molto difficile la vita della compagna (o del compagno) di letto, in genere i “promotori” del percorso diagnostico. La conferma però si può avere solo con la “polisonnografia”, un esame non invasivo, privo di controindicazioni, che si effettua durante la notte, generalmente a casa del paziente per riprodurre il più possibile il sonno abituale, e consente la registrazione continua e simultanea, attraverso elettrodi, dei parametri cardiaci e respiratori, dello stato di ossigenazione del sangue e dell’attività del torace e dell’addome, del russamento e della posizione del corpo al fine di determinare la presenza di apnee e la loro frequenza e durata.

A volte basta cambiare posizione e mangiare meno
La terapia varia in base alla gravità. Fondamentale è sempre cercare di intervenire sulle abitudini e stili di vita: abolizione/riduzione del consumo di alcool e pasti meno abbondanti prima di coricarsi; calo ponderale dove richiesto. Quando le apnee si verificano solo o prevalentemente durante la postura supina, il semplice cambio di posizione nel sonno può dare beneficio. In casi molto selezionati vengono proposti interventi chirurgici su eventuali anomalie del palato molle e ugola. Il Gold standard della terapia è comunque costituito dall’utilizzo di C-PAP (Continuous Positive Airway Pressure), un piccolo apparecchio elettrico di supporto ventilatorio che eroga aria costante, che viene connesso al paziente con un mascherina in genere nasale e permette di mantenere meccanicamente aperte le vie aeree superiori durante il sonno. In questo modo il russamento e le apnee scompaiono e la qualità del sonno e della vita diurna migliora considerevolmente.

Le conseguenze della Sindrome delle Apnee del Sonno vanno dall’eccessiva sonnolenza diurna ai disturbi dell’umore fino al pericolo di vita per colpi di sonno ad esempio alla guida. È frequente anche il riscontro di ipertensione arteriosa, anomalie del battito cardiaco e un aumentato rischio di ischemia, infarto o ictus.

Il russamento o roncopatia riguarda
il 24% degli uomini
e il 9% delle donne.
Aumenta con l’avanzare dell’età: russa il 60%
dei maschi over 60
e il 50% delle donne dopo la menopausa.

a cura della DOTT. SSA ANNALISA FIORETTI
Specialista in Malattie dell'apparato respiratorio
- PRESSO L'ISTITUTO CLINICO QUARENGHI DI SAN PELLEGRINO TERME -