un vero e proprio ormone tutto-fare

Non fa bene solo allo scheletro, ma rinforza anche il sistema immunitario, protegge il cuore, ha un’azione anti-tumorale. Come fare il pieno? Con 15 minuti di sole al giorno.

Si sente parlare sempre più spesso della vitamina D e dei benefici che apporta all'organismo umano. Da tempo si sa che gioca un ruolo fondamentale per prevenire problemi di osteoporosi negli adulti e per garantire un’adeguata ossificazione dello scheletro nei bambini (la sua carenza provoca il rachitismo). Ma non è tutto. Negli ultimi anni oltre a queste proprietà ne sono state evidenziate anche molte altre, altrettanto importanti. Una vitamina preziosissima, quindi, di cui però, secondo le stime, gran parte della popolazione è carente. La causa principale? Una scarsa esposizione al sole.

Un concentrato di benefici, non solo per le ossa

L’azione più nota di questa vitamina, o meglio vitamina-ormone (vedi box), è senza dubbio quella nei confronti delle ossa. La vitamina D, infatti, migliora l’assorbimento e la fissazione dei minerali e in particolare del calcio nel tessuto osseo, processo di vitale importanza per una corretta crescita dello scheletro e per il mantenimento della salute delle ossa. La sua carenza quindi rende la struttura ossea più fragile e quindi più a rischio di frattura. Soprattutto nell’anziano, spesso carente, il rischio di andare incontro a un quadro di osteopenia (osso meno ricco di minerali ) o di osteoporosi (osso meno ricco di minerali e proteine) è molto elevato e così quello di fratture che possono compromettere in modo importante la qualità di vita e anche l’aspettativa di vita. La vitamina D, come evidenziato da studi recenti, offre però anche altri benefici: migliora la forza muscolare; riduce la crescita delle cellule tumorali; partecipa al controllo della risposta immunitaria del nostro organismo. Pertanto è fondamentale nella prevenzione di tanti processi patologici come osteoporosi, malattie cardiovascolari, alcune forme tumorali come il tumore al colon e alla mammella, la sclerosi multipla, il diabete mellito tipo 1 (forma di diabete autoimmune) e alcune malattie infettive come la tubercolosi. Vediamole un po’ più nel dettaglio.

• Protegge il cuore

Una carenza di vitamina D si può ripercuotere sulla salute del muscolo cardiaco. La ricerca scientifica ha evidenziato un maggior rischio di disturbi cardiaci come infarto, insufficienza cardiaca, morte improvvisa e malattie cardiovascolari in generale in presenza di bassi livelli ematici di questa vitamina. è importante anche nel controllo della pressione sanguigna e per la salute delle arterie.

• Rende più forti contro l’influenza

Studi recenti (Jounal of Immunology 2004) hanno suggerito che la vitamina D potrebbe avere un ruolo nella regolazione della risposta immunitaria contro gli agenti microbici. Questi dati sostengono l’ipotesi che i picchi invernali di sindrome influenzale potrebbero essere dovuti a una carenza di vitamina D a seguito di una minore esposizione solare.

• Fa da scudo contro alcuni tumori

Secondo uno studio pubblicato su American Journal of Clinical Nutrition nelle donne in menopausa la supplementazione di calcio e vitamina D ridurrebbe il rischio di sviluppare tumori soprattutto della mammella e del colon. Un altro studio pubblicato su Anticancer Research ha evidenziato che il rischio di diverse malattie come cancro alla mammella e al colon, sclerosi multipla e diabete mellito di tipo 1 si ridurrebbe del 50 % con un’assunzione quotidiana di vitamina D di 4000/8000 UI.

• Tiene lontana
la depressione

Alcuni studi suggeriscono l’efficacia della vitamina D nella cura dei sintomi depressivi. Bassi livelli di vitamina D sembrano quindi essere associati a fenomeni depressivi.

La carenza? Un problema diffusissimo

L’inadeguato apporto di vitamina D è un problema di grande rilevanza medica e di salute pubblica: condizioni di carenza sono riscontrabili in tutti i Paesi, tra tutti i gruppi etnici e in ogni fascia di età. Le principali cause sono l’insufficiente esposizione ai raggi solari, la mancanza di vita all’aria aperta, una dieta povera di vitamine o condizioni che alterano l’assorbimento della vitamina stessa (alle latitudini temperate l’80% del fabbisogno è garantito dall’irradiazione solare e il restante 20% dall’alimentazione). Esistono poi numerosi fattori capaci di influenzare negativamente i livelli di vitamina D: sovrappeso o obesità (la vitamina D viene “sequestrata” nel grasso corporeo); età (negli anziani la sintesi di vitamina D nella pelle è ridotta del 75%); carnagione molto scura (l’abbondanza di melanina può rappresentare un ostacolo alla produzione di vitamina D).

Pochi minuti di sole al giorno e pesce azzurro: la ricetta per non andare in “riserva”

Basterebbe trascorrere almeno 15 minuti al giorno all’aperto, al sole durante la bella stagione, per consentire al nostro organismo di produrre vitamina D. Il nostro corpo è infatti capace di produrre vitamina D a partire dal colesterolo della pelle attraverso un processo mediato proprio dall’azione dei raggi solari. Il sole rappresenta quindi un prezioso alleato per la salute dell’intero organismo, ma bisogna sempre ricordare di esporsi con prudenza ed evitare le scottature. Alcune creme solari possono ridurre la capacità di produrre vitamina D poiché schermano buona parte dei raggi UVB, tuttavia rappresentano un valido strumento per prevenire le scottature, quindi è necessario raggiungere un compromesso al fine di massimizzare i benefici del sole riducendone i rischi. Un altro modo per garantirsi buoni livelli di vitamina D è seguire un’alimentazione sana e equilibrata ricca di pesce azzurro, salmone e tonno, latte e alcuni prodotti lattiero-caseari (soprattutto formaggi), uova, cereali e verdure verdi. Un alimento particolarmente ricco di vitamina D, infine, è il famigerato (per il suo sapore) olio di fegato di merluzzo.

L’insufficienza di vitamina D
Interessa quasi la totalità della popolazione anziana italiana che non assume supplementi di questa vitamina, ma anche circa il 50 % dei giovani almeno nei mesi autunnali-invernali

Le “dosi” ideali nelle diverse fasi della vita
Il fabbisogno di vitamina D varia da 1500 UI/die (unità al giorno) per gli adulti sani a 2300 UI/die per gli anziani. L’alimentazione in Italia fornisce in media circa 300 UI/die, per cui quando l’esposizione solare è virtualmente assente dovrebbero essere garantiti supplementi per 1200-2000 UI/die. Durante la gravidanza e l’allattamento le richieste di vitamina D aumentano per far fronte alla maturazione dello scheletro del feto e del neonato. Prima di ricorrere a eventuali integrazioni, però, è importante valutare con specifici esami del sangue (il dosaggio della vitamina D nella forma idrossilata a livello epatico rappresenta il metodo più accurato) i livelli di questa vitamina (in Italia un livello inferiore a 30 ng/ml è considerato insufficiente). La supplementazione di vitamina D infatti non è priva di rischi e deve quindi essere affidata allo specialista. In caso di eccessiva assunzione si possono verificare fenomeni di tossicità acuta o cronica con comparsa di nausea, diarrea, ipercalciuria (anormale presenza di calcio nelle urine), ipercalcemia (aumento di calcio nel sangue), poliuria (escrezione di grandi quantità di urine), calcificazione dei tessuti molli. Generalmente questo può avvenire quando i livelli di vitamina D nel sangue superano i 100 ng/ml. Per ripristinare una condizione di normalità è sufficiente sospendere o ridurre l’integrazione.

Una storia lunga un secolo
La storia della vitamina D inizia nel 1919 quando venne evidenziato che bambini affetti da rachitismo guarivano se esposti alla luce ultravioletta. Con il termine “vitamina D” s'intende un gruppo di pro-ormoni liposolubili costituito da 5 diverse vitamine: D1, D2, D3, D4 e D5. Le due forme più importanti sono la vitamina D2 (ergocalciferolo) che si forma quando i raggi UV colpiscono la forma pro-vitaminica di origine vegetale e la vitamina D3 (colecalciferolo) che si produce dall’irradiazione di un derivato del colesterolo presente nella pelle. Una volta prodotta, la vitamina D per essere biologicamente attiva deve subire due reazioni chimiche (idrossilazioni) una a livello del fegato e una a livello renale e solo in tal modo diventa una vitamina attiva detta calcitriolo, un vero e proprio ormone.

a cura della DOTT.SSA DANIELA GIANOLA
Specialista in Endocrinologia
- PRESSO Unità malattie endocrine - diabetologia A.O. PAPA GIOVANNI XXIII BERGAMO BERGAMO -