Carne rossa lavorata, salsicce, salumi, cancerogeni come il fumo? A lanciare l’allarme qualche settimana fa è stata l’IARC, l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che ha inserito le carni lavorate come wurstel, pancetta ma anche prosciutti, salsicce, carne in scatola, secca o preparati a base di sughi di carne nel gruppo 1, ovvero quello delle sostanze che sono sicuramente cancerogene come il fumo e il benzene.

Una decisione shock, frutto di una revisione di più di 800 studi sul rapporto fra diversi tipi di cancro con il consumo di carne rossa o carne lavorata. Nel mirino anche la carne rossa (manzo, vitello, agnello, maiale, montone, capra) classificata invece come "probabile" cancerogeno nel gruppo 2A, dove si trova anche il glifosato, ingrediente attivo di molti diserbanti. «Il gruppo di lavoro ha classificato il consumo di carne lavorata nel gruppo 1 in base a una evidenza sufficiente per il tumore colorettale. Inoltre è stata trovata un'associazione tra consumo e tumore allo stomaco. La possibilità di errore non può invece essere esclusa con lo stesso grado di confidenza per il consumo di carne rossa» si legge nel rapporto dell'IARC. Gli esperti hanno poi concluso che ogni porzione di 50 grammi di carne lavorata mangiata ogni giorno aumenta il rischio di cancro colorettale del 18%. Un rischio che aumenta con la quantità di carne consumata. La notizia, ovviamente, non è passata inosservata. È rimbalzata su tutte le prime pagine dei giornali italiani e internazionali, suscitando un vero polverone. Che, per mantenersi in salute, sarebbe meglio limitare il consumo di carne rossa si sapeva, ma che addirittura si debba dire addio a salamelle e insaccati è suonato a molti come eccessivo e troppo drastico. E da più parti si sono levati inviti alla moderazione. Al punto che lo stesso commissario europeo alla Salute e alla Sicurezza alimentare Vytenis Andriukaitis è intervenuto dopo pochi giorni dalla pubblicazione del rapporto per stemperare le polemiche. «Non si tratta di smettere di mangiare carne. La carne contiene componenti che sono necessarie per il nostro corpo, quello di cui si parla è di non abusarne e di non dimenticare di mangiare frutta e verdura». Il commissario UE ha poi preso come esempio la dieta mediterranea, dicendo che «include anche carne rossa» e ricordando che le abitudini sane devono comprendere anche smettere di fumare, consumare meno zuccheri e praticare sport. Per smorzare i toni, può essere utile anche capire come funzionano le liste compilate dallo Iarc che raggruppano le sostanze sulla base del livello di cancerogenità dimostrato in studi scientifici. L'inserimento nella lista richiede che siano disponibili i risultati di studi di laboratorio ed eventualmente anche di studi epidemiologici sull'uomo. Attenzione però: se una sostanza viene inserita nel gruppo 1, che comprende elementi pericolosissimi come fumo, alcol, smog, arsenico, benzene, non vuol dire che mangiare un wurstel sia nocivo come fumare un pacchetto di sigarette. Gli studi, infatti, vengono eseguiti ad altissimi dosaggi o con durate d'esposizione molto lunghe, difficilmente replicabili nella vita reale. Non è il caso, quindi, di farsi prendere dal panico. Bisogna capire quali sono i reali margini di rischio. Rassicurazioni, parziali a parte, certo è che l’allarme creato dallo IARC ha riacceso i riflettori su un tema dibattuto da anni, quello del legame tra carne e tumori, in realtà già ben noto alla classe medica. «Non è cambiato granchè» conferma il professor Andrea Ghiselli, ricercatore del CREA (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l'analisi dell'Economia Agraria). «La vera novità arrivata dall’OMS riguarda l’inserimento delle carni trasformate nella lista dei cancerogeni, ma i rischi legati al consumo di questi alimenti erano già noti da tempo. Inoltre inserire tutti i salumi e gli insaccati in un grande calderone crea il rischio di un appiattimento dell’analisi. Bisogna poi avere ben presente che l’Oms ha individuato una correlazione tra un consumo giornaliero di 50 grammi di carne trasformata al giorno per diversi anni e un piccolo aumento della probabilità di contrarre alcune forme di tumore. Senza contare che a differenza degli altri agenti cancerogeni, di cui conosciamo i processi, in questo caso, non sappiamo esattamente qual è il fattore scatenante. Inoltre, eliminare dalle indagini tutte le variabili riguardanti lo stile di vita e il complesso delle abitudini alimentari è sempre molto complicato. Detto questo di fronte a un avvertimento del genere non possiamo non invitare tutti a consumare il meno possibile questa tipologia di carni che, pur non essendo indispensabili, così come tutti gli alimenti, da un punto di vista nutrizionale, contengono elementi molto importanti e lo riconoscono gli stessi esperti IARC». Ma vuol dire ridurre drasticamente anche la carne rossa non lavorata? «Sì perchè ne consumiano tanta. Ma nell’ambito di una dieta mediterranea equilibrata, che comprenda molte fibre, legumi, verdura e frutta, la carne rossa può essere consumata una o due volte a settimana. La differenza tra questi alimenti e gli insaccati, anche per l’Oms, non è trascurabile. L’Organizzazione della Sanità parla di correlazioni probabili, ovvero da verificare. Allarmarsi molto non serve, ma mangiare un po’ meno carne può farci bene» conclude il dottor Ghiselli.

Per carni lavorate si intendono tutte quelle trasformate attraverso salatura, stagionatura, fermentazione, prodotti affumicati o altri processi per aumentare il sapore o migliorare
la conservazione.

La “dose” Giusta
Secondo le linee guida dellíINRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione), la porzione di carne rossa fresca è, come quella bianca, corrispondente a 100 grammi, mentre la metà se si tratta di carni conservate. Un consumo corretto di carni fresche (rosse e bianche) può essere individuato in 3-4 volte a settimana, preferibilmente bianche. In alternativa si può ricorrere a pesce, legumi, uova, formaggi meglio se magri.

Attenzione alla carne “bruciacchiata”
Già da tempo gli oncologi hanno lanciato l'allarme sulla cancerogenicità delle carni rosse nelle parti "bruciacchiate". Quando si cuoce la carne alla griglia o alla brace, infatti, si possono formare due sostanze riconosciute come cancerogene: le amine eterocicliche (HCAs), che si sviluppano negli alimenti ricchi di proteine quando vengono cotti a temperature molto alte, come quelle di un barbecue; gli idrocarburi policiclici aromatici (PAHs), composti che possono formarsi a partire dai grassi che gocciolano e bruciano sulla griglia generando fumo.

a cura di VIOLA COMPOSTELLA