Alessandro Lucianetti è il direttore della Chirurgia1, quello che una volta veniva chiamato primario, dell’Ospedale Papa Giovanni. Ha all’attivo più di 2000 interventi chirurgici ai polmoni, al fegato e all’apparato digerente. Grazie ai suoi interventi ha salvato tante vite. Di giorno è in sala operatoria con i suoi aiuti i e la sua équipe. Di sera, se arriva presto a casa, per rilassarsi suona il violino; qualche volta quando i suoi figli erano piccoli suonava insieme a loro, pure musicisti: Susanna, farmacista, diplomata in violino, Sofia, studentessa di medicina, è diplomata in corno francese e Sebastiano è al sesto anno di violoncello. E appena gli impegni glielo permettono si esibisce con l’Orchestra d’archi di Dalmine «La musica lenisce tutti i mali e aiuta a distrarsi», ci dice. «Io ho fatto il medico perché il mio obiettivo era quello di far star bene il paziente e di studiare l’uomo come una macchina perfetta . Credo che fare il medico sia una missione, non un mestiere. Ho condiviso momenti felici con tanti miei pazienti, perché l’uomo non è soltanto un fegato, un polmone o un apparato digerente. Sono convinto che la scienza, l’umanesimo, la cultura delle arti abbiano tanti punti in comune. Penso a uno dei maggiori chirurghi tedeschi di fine Ottocento, pioniere della chirurgia addominale Theodor Billroth che ha legato il suo nome all’intervento di gastrectomia praticato in tutto il mondo. Non era solo chirurgo, aveva avuto successo anche come solista di violino e direttore d’orchestra. Era amico fraterno di Johannes Brahms che nel 1873 gli dedicò i suoi due Quartetti per archi opera 51. Ho cominciato a studiare il violino da ragazzo in Conservatorio, poi però ho interrotto dopo cinque anni, e ho ripreso solo da adulto quando i miei figli si sono avvicinati al pentagramma».

Recentemente il dottor Lucianetti ha suonato a Presezzo, per il Concerto di Natale, con l’Orchestra di archi di Dalmine, diretta dai maestri Antonio Scarpanti ed Eugenio Fenili, un’esibizione applaudita a lungo anche per la partecipazione di un grande solista del violino, Christian Saccon. Ma lui non si esalta o autoincensa: è abituato a stare con i piedi saldamente per terra. «Non mi piacciono i trionfalismi né in musica né in sala operatoria», dice. E aggiunge: «Io penso sempre che dietro ogni organo che salva un malato c’è il sacrificio di un altro essere umano. E poi in sala operatoria il successo è dovuto a tutto un prezioso lavoro di equipe». Lucianetti è nato a Verona ma è a Bergamo da una vita: ha 57 anni e al suo attivo numerosissimi interventi, trapianti compresi, eseguiti su polmoni, fegato, stomaco e colon con tutte le tecniche possibili. Ha cominciato nel 1989 da borsista presso la Cattedra di Chirurgia Sperimentale e Micro Chirurgia al Policlinico di Milano e sempre al Policlinico di Milano è stato assistente al Centro per il trapianto di fegato nel paziente adulto e pediatrico e per il trapianto di polmone. Poi nel 1997 è arrivato a Bergamo, con i dottori Gridelli, Colledan e Segalin ai vecchi Ospedali Riuniti dove ha proseguito la sua carriera fino a diventare direttore della Chirurgia I del Giovanni Paolo XXIII.

Quando l’abbiamo intervistato era appena uscito dalla sala operatoria dove era stato dalle prime ore della mattina soltanto con qualche pausa tra un intervento e un altro. Esegue oltre 300 interventi all’anno. «La chirurgia toracica è uno dei fiori all’occhiello dell’Ospedale Papa Giovanni insieme con quella addominale», dice il direttore che ha un progetto. Quello di costruire una rete con gli altri Ospedali provinciali e i medici di famiglia. «Tutti i medici devono sapere cosa fa il nostro ospedale. Sono fondamentali in tutto quello che avviene prima e dopo l’operazione. E bisogna coinvolgere tutte le altre specialità perché è impensabile che il chirurgo possa fare tutto da solo senza confrontarsi son gli altri colleghi. Ci vogliono gruppi multidisciplinari per aiutare nel modo migliore possibile il paziente. Ma dobbiamo concentrarci anche sugli anziani, che sono i più fragili, e un ospedale pubblico con tante aree di eccellenza non può e non deve trascurarli».

Ha conseguito tre specializzazioni in Chirurgia Generale, Pediatrica e Toracica lavorando da sempre nel settore dei Trapianti e della Chirurgia addominale e toracica. Ha contribuito ad espandere il programma “split” in Italia per il fegato, la divisione cioè dell’organo in due parti per poter trapiantare a due pazienti. «Ora però dalla nuova nomina di Direttore della Chirurgia mi dedico prevalentemente alla chirurgia toracica, dell’apparato digerente e alla chirurgia d’urgenza. Il nostro ospedale è infatti un importante centro regionale di riferimento per i traumi.»

Nel suo reparto si pratica anche la chirurgia mini invasiva per interventi molto complessi sia sull’addome che sul torace. «Attraverso incisioni di pochi centimetri, sfruttando una tecnologia molto complessa, si possono eseguire interventi chirurgici riducendo così il decorso post operatorio e il trauma chirurgico, il dolore e il rischio di complicanze. Alcuni noduli del polmone e del fegato possono essere trattati anche non chirurgicamente ma con la termoablazione, eseguita da espertissimi radiologi: il calore, attraverso una sonda guidata dalla TAC o da una Ecografia raggiunge e brucia il nodulo pericoloso».

Quando si parla d‘intervento ai polmoni purtroppo si parla di tumore. «La nostra battaglia al cancro polmonare punta sì sulla chirurgia, ma abbiamo anche nuovi farmaci che si stanno dimostrando ottimi. Comunque va precisato che circa il 30% per cento dei tumori al polmone è operabile perché arrivano sempre in uno stadio avanzato. Il robot può essere impiegato anche nella chirurgia toracica e se finalmente potesse arrivare in Ospedale, considerando che da anni la nostra Urologia lo ha richiesto, mi piacerebbe utilizzarlo sia nel campo della chirurgia toracica che in quello della addominale».

Forse sarà una strada in salita, ma a lui piacciono le strade in salita perché appena può mette gli scarponi per andare a camminare in montagna e cercare un po’ di solitudine e tranquillità. La montagna con i suoi paesaggi è un’altra delle passioni del dottor Lucianetti: «Amo le montagne e mi basta guardarle per sentirmi più felice e rilassato».

a cura DI LUCIO BUONANNO

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