Negli ultimi due anni la pandemia ha spostato moltissime persone dalla scrivania dell’ufficio al lavoro agile (smart working) a casa, accelerando incredibilmente un processo che si stava già lentamente avviando. Certamente questa modalità ha molti lati positivi per le aziende e i lavoratori: risparmio sul costo degli uffici, tempo libero guadagnato, migliore conciliazione con la vita extra-lavorativa, riduzione dell’assenteismo. Ma non è tutto oro quel che luccica. Ben presto infatti sono emerse criticità in questo cambiamento: non tutti gli smart workers sono stati in grado di modificare in modo radicale e repentino la propria esperienza lavorativa, sia per mancanza di strumenti tecnologici adeguati sia per carenza di una formazione rispetto alle nuove competenze richieste. Molti hanno denunciato un aumento dei livelli di stress. Anche a causa la cosiddetta “Zoom Fatigue”. Ne parliamo con Vittoria Olivieri, psicologa del lavoro.

Dottoressa Olivieri, che cosa è la “Zoom Fatigue”?
Con questa espressione si va a identificare una nuova sensazione di fatica e disagio legata alle numerose sessioni di videoconferenza che riempiono le giornate in smart working (dal nome di una delle piattaforme più diffuse). La stessa fatica si è evidenziata anche per bambini e ragazzi che hanno dovuto affrontare molte ore di didattica a distanza.

Perché fare riunioni virtuali stanca di più rispetto a quelle di persona?
I motivi sono innumerevoli. Dalla tecnologia, che spesso da amica si trasforma in nemica se non è sufficientemente performante, alla possibilità di vederci costantemente in monitor rendendo più complesso il controllo delle nostre espressioni facciali in situazioni sociali. La video conferenza può indurre un’ansia costante per lo spazio di lavoro personale che mostriamo nello schermo e per gli imprevisti che potrebbero accadere rovinando la nostra immagine agli occhi dei colleghi. Inoltre l’ascolto e il contatto visivo prolungato richiedono un notevole sforzo di concentrazione. Le neuroscienze, grazie all’importante lavoro di ricerca svolto, hanno confermato come la partecipazione a riunioni virtuali non possa essere paragonabile, in termini di carico cognitivo, a quella in presenza, e come, in particolare, il primo tipo sforzi di più la nostra memoria a breve termine.

7 consigli per prevenirla
> Riunioni solo se necessarie. Evitare video conferenze quando potrebbe essere ugualmente efficace uno scambio di messaggi, una telefonata o uno strumento di lavoro condiviso.
> Postazione lavorativa dedicata. Fissare una sola postazione della casa dedicata al lavoro, proprio per favorire l’attivazione dei già citati neuroni GPS. Possiamo tenere sulla scrivania una serie di oggetti che identifichino chiaramente che quello è il momento del lavoro e non altro.
> Attivazione web cam. Chiedere, se possibile, di far attivare la webcam a tutti gli interlocutori per avvicinarci alla modalità face to face e poter captare così anche le loro espressioni facciali.
> Appunti. Cercare di sgravare il carico alla memoria a breve termine prendendo appunti durante la riunione.
> Giornata “meeting free”. Pianificare con cura la propria agenda, cercando di intervallare le videocall ad attività diverse. Può essere utile anche stabilire un giorno a settimana “meeting free”, cioè libero da riunioni virtuali.
> Telefonata come valida alternativa. Concentrarsi, durante una chiamata, solo sull’ascolto ed eventualmente camminare in giro, azione che aiuta a pensare e favorisce la creatività.
> Corretta gestione del meeting online. Per migliorare l’organizzazione e la gestione dei meeting online definire prima un ordine del giorno, invitare solo partecipanti indispensabili, definire un orario e rispettarlo, non andare fuori tema, fare un verbale etc. 

Quali sono le evidenze di questi studi?
Una è legata al fatto che noi esseri umani siamo dotati dei cosiddetti “neuroni GPS” (scoperta che è valso a J. O’ Keefe, M.B. Moser ed E. Moser il Nobel per la Medicina nel 2014). Questi particolari neuroni, attivandosi, formano una sorta di mappa che riproduce gli spostamenti del soggetto nello spazio bidimensionale. L’ambiente fisico funge da impalcatura cognitiva, grazie alla quale attribuiamo determinati significati. Identificare automaticamente attraverso questo meccanismo una sala riunioni ha ricadute peculiari sui nostri comportamenti e pensieri. Le videoconferenze, non attivando i neuroni GPS che consentono una connessione esperienza-luogo inconscia, comportano una saturazione della memoria a breve termine e rischiano di ostacolare la creatività, la capacità di prendere decisioni e risolvere problemi. Un altro aspetto riguarda la carenza di comunicazione non verbale. A causa della limitatezza della nostra memoria, la maggior parte delle informazioni, che incontriamo nel quotidiano, viene elaborata inconsciamente, ad esempio, tramite il linguaggio del corpo. Incontrarsi online aumenterà il carico cognitivo, in quanto la maggior parte delle elaborazioni dovrà obbligatoriamente esser fatta a livello cosciente.

E se lo stress prende il sopravvento?
Ci sono diversi stratagemmi per ridurre lo stress (vedi box) ma se ci si sente sopraffatti e si ha l’impressione di non farcela da soli si può chiedere aiuto rivolgendosi a uno sportello di assistenza psicologica o al medico del lavoro. 

A cura di lella Fonseca
con la collaborazione della Dott.ssa Vittoria Olivieri
Psicologa del lavoro presso Workitect

Esistono numerosi servizi che possono supportare i lavoratori in difficoltà e prevenire derive patologiche. Workitect ha ideato OFF Line, il primo sportello psicologico online dedicato al mondo Smart Working e volto a supportare i dipendenti e i loro responsabili nella gestione psicologica delle tematiche connesse al lavoro da remoto.