Si ritiene che sia poco aggressivo e in molti casi è asintomatico, ma è la terza neoplasia per mortalità se non diagnosticata per tempo.

Il tumore della prostata ha origine dalle cellule presenti all’interno di una ghiandola maschile, la prostata, che cominciano a crescere in maniera incontrollata. Nell’uomo è la patologia tumorale più frequente e rappresenta circa il 30% - quasi un terzo - delle diagnosi tumorali. Pur essendo la neoplasia con maggiore incidenza, non è tra quelle con la più alta percentuale di mortalità, perché è curabile e i trattamenti a disposizione garantiscono un’ottima sopravvivenza dopo la diagnosi. Ciononostante, anche se negli anni è passato il concetto che questo tumore non sia particolarmente aggressivo, è il terzo per mortalità, ma grazie alla diagnosi precoce garantisce ampi margini di guarigione.

Dott. Da Pozzo, quali sono i fattori di rischio più comuni associati al tumore alla prostata?

Il principale fattore di rischio per il tumore alla prostata è la familiarità, ossia la storia clinica della famiglia. Avere parenti come nonni, padri o fratelli che si sono già ammalati può aumentare significativamente il rischio. Oltre alla familiarità, l’età avanzata è un altro fattore rilevante, poiché questa malattia è più comune nelle persone anziane. Tuttavia, se fino a qualche anno fa diagnosticare un tumore alla prostata prima dei 50 anni era considerato un evento eccezionale, oggi stiamo assistendo a diagnosi sempre più precoci. Questo fenomeno è in parte dovuto a una maggiore capacità di intercettare e diagnosticare il tumore in fase iniziale grazie agli screening, ma anche all’effettivo aumento dell’incidenza della malattia.

Quali sono i sintomi iniziali del tumore alla prostata?

Il tumore alla prostata è asintomatico. Molti pazienti arrivano alla diagnosi dopo aver consultato l’urologo per altri motivi, come l’ipertrofia prostatica benigna (i.e. aumento volumetrico benigno della prostata). L’ipertrofia non è un sintomo del tumore alla prostata, ma può portare i pazienti a sottoporsi a controlli che rivelano la presenza della malattia.

Come viene diagnosticato?

L’accertamento del tumore alla prostata viene fatto partendo dai controlli di screening, quindi la diagnosi precoce è fondamentale. In passato, lo screening veniva fatto a partire dai 50 anni, ma oggi si consiglia di iniziare a 45, o anche prima se c’è una familiarità. L’esame fondamentale rimane il test del PSA (Antigene Prostatico Specifico), la cui interpretazione va effettuata con l’aiuto di un urologo. Sebbene in passato il PSA sia stato messo in discussione per le sue performance non ottimali, rimane un marcatore importante, anche se non completamente specifico: non tutti i pazienti con un PSA elevato hanno un tumore e non tutti i tumori alla prostata provocano un aumento del PSA. Tenerlo controllato, quindi, riduce significativamente l’incidenza
della mortalità per tumore alla prostata. Il range valoriale è arbitrario, poiché i valori di PSA dipendono da molti fattori tra cui il volume della prostata e l’età del paziente. Durante la visita, quindi, l’urologo decide se è necessario approfondire con ulteriori accertamenti: se i risultati del PSA sono anomali, spesso si procede con una risonanza magnetica multiparametrica della prostata per accertare la presenza della malattia. In base ai risultati, si decide se effettuare o meno una biopsia, che consiste nel prelievo istologico del tessuto e rappresenta l’unico metodo in grado di fornire una diagnosi definitiva.

Qual è il trattamento più diffuso per il tumore alla prostata?

Non necessariamente si interviene chirurgicamente per il tumore alla prostata. Esistono diverse presentazioni della malattia: alcuni tumori a basso rischio clinico, identificati tramite biopsia, sono costituiti da cellule poco aggressive che non richiedono trattamento immediato ma solo una sorveglianza nel tempo. Circa il 25-30% dei casi rientra in questa categoria. Per questi pazienti viene stabilito un programma di sorveglianza per monitorare la malattia nel tempo, che viene effettuato nei centri di cura e non in autonomia dal paziente. Finché il tumore rimane stabile, non si procede chirurgicamente. Per i tumori ad alto rischio, invece, il trattamento può includere interventi chirurgici o radioterapici, ma la decisione viene presa in base al tipo di neoplasia e alle caratteristiche del paziente. Questa decisione avviene in un contesto multidisciplinare che coinvolge urologi, oncologi, radiologi, e altri specialisti. In questo ca-
so, la maggior parte dei pazienti viene sottoposta a una procedura che si chiama prostatectomia radicale, ma anche la radioterapia si è dimostrata altamente efficace. Uno dei centri con il maggior numero di casistiche in Italia è proprio l’ospedale Papa Giovanni.

Quanto il tumore alla prostata influenza la qualità della vita?

Se il tumore è a basso rischio, questo non influenza la qualità della vita di un paziente. Diversamente, se il tumore è ad alto rischio, ogni trattamento - che sia chirurgico o radioterapico - comporta rischi per la qualità della vita. Al giorno d’og-
gi, la maggior parte degli interventi di prostatectomia radicale vengono eseguiti in regime di laparoscopia robotica, quindi sono poco invasivi per il paziente. È bene specificare che il robot chirurgico non opera in autonomia, ma è uno strumento in mano al chirurgo, che gli permette di essere il più preciso possibile. Nel caso di questi interventi, la continenza urinaria e la potenza sessuale potrebbero essere influenzate, anche se le nuove tecniche laparoscopiche hanno ridotto al minimo questi rischi.

C’è qualcos’altro che vorrebbe condividere con i nostri lettori riguardo alla prevenzione e alla gestione del tumore alla prostata?

La prevenzione è fondamentale nella fascia d’età compresa tra i 50 e i 70 anni, durante la quale i pazienti dovrebbero sottoporsi regolarmente a controlli del PSA e visite con l’urologo. Tuttavia, come anticipavo, oggi l’età consigliata per i controlli è 45 anni (che si abbassa ulteriormente nel caso di familiarità). 

A cura di Sara Carrara
con la collaborazione del Prof. Luigi Da Pozzo
Direttore dipartimento chirurgia, Primario dell’Urologia,
Responsabile della Chirurgia Prostatica,
Professore di urologia ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo,
Università Bicocca di Milano