«Ho imparato a cucinare per amor di famiglia, non avevo la passione per i fornelli, ma da quando abbiamo rilevato un ristorante fallito, tutto è cambiato…». Bruna Cerea, cofondatrice dello storico rinomato locale che oggi ha sede a Brusaporto, racconta le tappe di un successo straordinario.

Sig.ra Bruna, da “matriarca” del rinomato ristorante “Da Vittorio” di Brusaporto (BG) - tre stelle Michelin - ha sempre avuto passione per la cucina o ci è arrivata con il tempo?

Fino ai vent’anni non mi sono mai interessata alla cucina, ma quando, nel 1963, mi sono sposata con Vittorio (fondatore dell’omonimo ristorante, nda), è diventata una necessità. In quel periodo, mio marito gestiva il Caffè Orobica in Viale Papa Giovanni XXIII a Bergamo, vicino all’Hotel Cappello D’Oro, insieme ai suoi tre fratelli, sua sorella e sua madre, e io avevo il “compito” di portare loro qualcosa da mangiare durante le pause. Nel frattempo, gestivo e lavoravo in un negozio di frutta e verdura nelle vicinanze, ma cucinare era tutta un’altra cosa! Col passare del tempo, questa routine è diventata un po’ stretta per tutti, ma poi è arrivata la svolta fortunata.

È questo il momento in cui è nato “Da Vittorio”?

Ebbene sì, nel 1966 il Ristorante Roma – che si trovava di fronte al bar di mio marito – è purtroppo fallito e noi abbiamo deciso di rilevarlo. Una scelta forse improvvisa, ma con il senno di poi posso dire che ci ha portato molta fortuna. Il locale era nel pieno centro di Bergamo ed era circondato da diversi ristoranti molto più grossi, ma con il tempo siamo riusciti a trovare la nostra “cifra” e a fare la differenza, sviluppando la nostra proposta intorno a una pietanza che in città non era così diffusa: il pesce. Mio marito scherzava sempre: se non fossimo riusciti a gestire il ristorante, avremmo aperto un bar con biliardo!

Dagli inizi alla prima stella Michelin ricevuta nel 1978. Qual è stato il percorso?

Ai tempi non esistevano scuole per diventare cuochi, programmi televisivi o libri che potevano insegnarci la professione. Abbiamo iniziato con poco, ma mio marito aveva fatto diverse stagioni in Svizzera lavorando nei ristoranti e sapeva come destreggiarsi tra i fornelli.

Forse, il segreto del nostro successo è stata proprio la semplicità. Ormai sono passati ben 58 anni da quando abbiamo avviato l’attività – 40 dei quali passati a Bergamo e gli ultimi 18 nella nuova location di Brusaporto – e il successo è stato sempre un crescendo. La stella Michelin arrivata nel 1978 è arrivata in modo totalmente inaspettato, ma non ha fatto altro che confermarci che eravamo sulla giusta strada (nb. oggi le stelle Michelin del ristorante sono tre).

I vostri figli Enrico e Roberto, che oggi sono entrambi chef, si sono avvicinati naturalmente alla cucina?

Chicco e Bobo, a 5 e 11 anni, hanno iniziato subito a lavorare con noi al ristorante, uno in cucina e uno in sala. Entrambi hanno mantenuto vivi la passione e il talento per la cucina che hanno dimostrato negli anni e oggi sono rispettivamente entrambi Executive Chef e Chef della struttura. Invece Rossella, una delle mie due figlie femmine, ha iniziato come guardarobiera e oggi è responsabile dell’ospitalità. Tutti i miei figli hanno studiato, hanno fatto il liceo, ma poi la vocazione per la cucina ha prevalso (la sig.ra Bruna ha altri due figli: Francesco che è responsabile della ristora-zione esterna e si occupa delle
pubbliche relazioni, dello sviluppo, del coordinamento e della supervisione di tutti gli eventi al di fuori di Da Vittorio, e Barbara, che dirige la pasticceria Cavour 1880 in Città Alta ed è coinvolta nel coordinamento delle attività di charity).

Nel vostro ristorante, com’è avvenuto il passaggio dalla cucina più tradizionale a quella odierna?

È stata un’evoluzione naturale. L’inventiva iniziale di mio marito ha dato il “la” alla proposta gastronomica che abbiamo inserito nel ristorante ma gli ormai 58 anni di attività ci hanno insegnato a capire i gusti dei nostri clienti e ascoltare le loro richieste.

Anche se le ricette più innovative vengono molto apprezzate, ancora oggi i nostri piatti forti sono quelli tradizionali: paccheri ai tre pomodori, moscardini con la polenta, orecchia di elefante e spaghetti al cartoccio. Pensi che “per stare al passo con i tempi” avevamo provato a toglierli dal menu, ma le numerose richieste ci hanno spinto a rimetterli nella carta. Insomma, nessuno può fare a meno della scarpetta dopo aver gustato i Paccheri!

Alla luce del successo raggiunto nel tempo dalla famiglia e dal ristorante, si è fatta un’idea di quale possa essere stato il segreto?

Direi la forza della famiglia e dello stare insieme. Abbiamo sempre tenuto tutto in famiglia, prima con l’intuizione di mio marito Vittorio e poi con l’evoluzione compiuta dai miei figli che hanno saputo mantenere viva la tradizione, pur aggiungendo elementi di innovazione e modernità. Vediamo se anche la terza generazione seguirà le nostre orme! Molti dei miei nipoti sono all’estero a studiare o lavorare, non è detto che vorranno intraprendere la nostra stessa strada, ma è giusto che seguano le loro passioni.

Ad oggi lei cucina ancora per la sua famiglia? Qual è il suo piatto forte?

Prima del Covid sì, cucinavo molto, anche perché i ritmi lavorativi dei miei figli erano più tranquilli e gli impegni erano più distribuiti durante la settimana. Infatti, il mercoledì e la domenica sera avevamo l’abitudine di riunirci e cenare tutti insieme, parlo di 16/18 persone. I miei piatti forti erano gli arrosti, un buon coniglio con la polenta e una torta al cioccolato da fine del mondo!

Complice anche il fatto che, negli ultimi anni, i miei figli hanno
avuto l’opportunità di ampliare il business all’estero, aprendo diversi ristoranti in location di prestigio come St. Moritz e Shanghai, e avviare un servizio di ristorazione esterna (catering), perciò la quantità di tempo trascorsa insieme non è più, purtroppo, quella di una volta.

Qual è il suo approccio alla cucina, in termini di salute e benessere?

Sto per compiere 83 anni (il 16 marzo, nda) e sto benissimo! La mia ricetta per uno stile di vita sano è semplice: mangiare con moderazione, scegliere ingredienti di qualità e godersi ogni pasto con gratitudine. 

Foto Fabrizio Donati
A cura di Claudio Gualdi