Nel tempo che impiegherete a leggere questo articolo, alcune decine di persone nel mondo avranno scoperto di avere il diabete. Nel 2006 si calcolava che 246 milioni di persone nel mondo fossero diabetiche, nel 2025 il numero salirà a 380 milioni: 7 milioni all’anno, 800 all’ora, uno ogni 4-5 secondi. Attualmente si calcola che in Italia 5 milioni di persone abbiano alterazioni di vario tipo nel mantenere la glicemia sotto controllo, di questi 3 milioni hanno un diabete vero e proprio, anche se solo 1,5 milioni lo sa e solo poco più di un milione è trattato in modo adeguato per questa patologia. A crescere, in particolare, è il diabete di tipo 2, quello più legato alle abitudini alimentari e allo stile di vita. Il diabete di tipo 1, di origine autoimmune, è in aumento anch’esso, ma su ordini di grandezza molto inferiori. L’epidemia di diabete e di obesità, che ha colpito sia l’America sia l’Europa e in misura ancora maggiore i Paesi in via di sviluppo, sta diventando un’emergenza planetaria.

Una malattia del progresso
Il diabete è la conseguenza di un modello di sviluppo che ha reso per altri versi un grande servizio all’uomo. Il corpo umano si è selezionato per decine di migliaia di anni scegliendo le caratteristiche che lo rendevano più adatto all’ambiente. Fino a quando non vennero inventati l’allevamento e l’agricoltura, i nostri progenitori avevano una alimentazione molto irregolare. Una serie di variazioni genetiche, via via selezionatesi, permisero di non sprecare l’energia assunta, ma di tesaurizzarla sotto forma di grasso, o come glucosio circolante nel sangue pronto a essere utilizzato dalle cellule. Nelle condizioni di oggi di facile approvvigionamento e sedentarietà le caratteristiche genetiche, che davano un vantaggio ai nostri progenitori, si tramutano in malattie croniche. Il grasso viene tesaurizzato, ma mai utilizzato e si accumula. Il glucosio nel sangue non è utilizzato e quindi ristagna e erode le arterie.

Un difetto o la mancanza di insulina alla base
Il diabete mellito è una malattia cronica caratterizzata dalla presenza eccessiva di zucchero (glucosio) nel sangue, che viene definita iperglicemia. Il glucosio è la principale fonte di energia per tutte le cellule. Per permettere l’ingresso intracellulare del glucosio, che viene poi bruciato a fini energetici, il pancreas produce un ormone, l’insulina, che funge da “chiave apriporta”. Il paziente diabetico non può utilizzare correttamente il glucosio come “carburante”, in quanto mancante dell’ormone insulina (diabete di tipo 1) oppure perché presenta un difetto di funzionamento dell’insulina stessa (diabete di tipo 2).

La diagnosi? Spesso “casuale”
Il diabete tipo 2 è spesso asintomatico e viene individuato attraverso esami di laboratorio eseguiti di routine: glicemia, emoglobina glicata ed esame urine. Nei casi acuti, come all’esordio del diabete tipo 1 o tipo 2 gravemente scompensato, i sintomi sono stanchezza, incremento della sete e della diuresi, perdita di peso importante e rapida, alterazioni visive e stato confusionale.

Un approccio “globale” per la cura della malattia e la prevenzione delle complicanze
La patologia diabetica è particolarmente rilevante per le complicanze tardive della malattia, che possono insorgere a carico di numerosi organi e apparati: complicanze microvascolari quali neuropatia, nefropatia, retinopatia, e complicanze macrovascolari quali infarto del miocardio, ictus cerebrale, insufficienza circolatoria degli arti inferiori. Per questo, nell’ambulatorio di diabetologia, il paziente viene preso in carico con lo scopo di ridurre il rischio cardiovascolare nella sua globalità, attraverso il controllo di glicemia, assetto dei lipidi, pressione arteriosa. Questi obiettivi vengono perseguiti attraverso l’educazione terapeutica del paziente e le più innovative terapie farmacologiche.

Le novità nella terapia farmacologica
Ad oggi sono presenti numerose categorie farmacologiche, ognuna con diverse peculiarità, tali da poter cucire in modo sartoriale la terapia adatta ad ogni paziente. Le classi di ipoglicemizzanti attualmente disponibili sono: biguanidi, sulfoniluree, glinidi, glitazoni (o tiazolidinedioni), inibitori dell’enzima DPP-4, inibitori delle alfa-glucosidasi intestinali, inibitori del trasportatore renale del glucosio SGLT-2, gli analoghi del GLP-1.
Le biguanidi (metformina) e i glitazoni (tiazolinedione) aumentano la sensibilità all’insulina.
Le sulfoniluree (glimepiride e gliclazide RM) e le glinidi (repaglinide) aumentano la secrezione insulinica.
Gli inibitori dell’enzima DPP-4 (sitagliptin, linagliptin, saxagliptin, alogliptin, vildagliptin) rallentano la degradazione di un ormone (il GLP-1) che viene prodotto dall’intestino e stimola la secrezione di insulina e inibisce la secrezione di glucagone dal pancreas.
Gli inibitori delle alfa-glucosidasi intestinali (acarbosio) ritardano l’assorbimento del glucosio alimentare.
Gli inibitori del trasportatore renale del glucosio SGLT-2 (canaglifozin, dapaglifozin, empaglifozin, ertuglifozin) aumentano l’eliminazione renale del glucosio.
Gli analoghi del GLP-1 mimano l’azione del GLP1 (glucagon-like peptide 1), un ormone prodotto dall’intestino che stimola la secrezione di insulina e inibisce la secrezione di glucagone da parte del pancreas, rallenta lo svuotamento gastrico, aumenta il senso di sazietà in risposta all’assunzione di cibo, e riduce l’appetito, agendo direttamente sui centri di regolazione della fame del sistema nervoso centrale. Questo ormone sembra anche avere altre azioni potenzialmente favorevoli fra i quali una protezione delle beta-cellule pancreatiche e una protezione del cuore. Tali farmaci si somministrano con iniezione sottocutanea una volta al giorno (liraglutide, lixisenatide) o due volte al giorno (exenatide) oppure una volta alla settimana (exenatide LAR, dulaglutide e semaglutide). Inoltre liraglutide e lixisenatide sono disponibili anche in associazione precostituita con insulina (degludec e glargine rispettivamente) in proporzioni fisse.

Altro importantissimo tassello della terapia per il diabete è l’insulina. La somministrazione d’insulina rimpiazza la carenza di ormone che è assoluta in caso di diabete tipo 1 e relativa in caso di diabete tipo 2. La terapia insulinica, salva-vita nel diabete tipo 1, è in alcuni casi indispensabile anche nel diabete tipo 2, a volte solo temporaneamente al momento della diagnosi o in caso di eventi intercorrenti (traumi, operazioni chirurgiche, malattie concomitanti), altre volte in via definitiva quando la malattia dura da molti anni e le cellule che producono l’insulina sono molto ridotte. Inoltre è necessaria nel diabete tipo 2 se i farmaci orali sono controindicati (ad esempio se c’è insufficienza renale o epatica) o non sono tollerati. Le insuline disponibili in commercio si distinguono, a seconda della velocità e della durata di azione, in rapidissime (lispro, aspart, glulisina), rapide (umana regolare), intermedie, a lunga durata (glargine, detemir, lisproprotamina, degludec). Sono disponibili anche miscele precostituite d’insulina rapidissima e intermedia. In molti casi la correzione dell’iperglicemia richiede l’uso di 2-4 farmaci, sfruttando meccanismi d’azione complementari. In altri casi i farmaci orali possono essere associati all’insulina, più spesso del tipo a lunga durata d’azione, assunta una volta al giorno. 

Il trattamento del diabete richiede molto tempo, l’integrazione e l’impegno di diverse figure: diabetologi, cardiologi, cardiochirurghi, oculisti, chirurghi vascolari, chirurghi ortopedici, neurologi, nefrologi, fisiatri, urologi, chirurghi plastici, infermieri, dietisti, psicologi, fisioterapisti

Educazione e stile di vita, le armi in più 
L’educazione terapeutica è di fondamentale importanza per il paziente diabetico e comprende il cambiamento dello stile di vita (alimentazione, attività fisica, abitudine al fumo), l’autocontrollo glicemico strutturato, la cura quotidiana (igiene orale, la cura del piede), la gestione di eventi particolari (gestione del diabete durante malattie intercorrenti, eventi acuti quali ipo o iperglicemia).
Le caratteristiche principali dell’intervento dietetico per la cura del diabete di tipo 2 sono: moderata restrizione calorica (con l’obiettivo di una riduzione del peso del 5-7%), con il 55-60% di carboidrati, il 30% di lipidi, il 12-15% di proteine (preferibilmente vegetali), e un consumo di fibre giornaliero superiore a 15 gr/1.000 calorie.
L’attività deve essere di tipo aerobico, di moderata intensità e della durata di almeno 20-30 minuti/giorno o 150 minuti/settimana. L’efficacia dell’esercizio fisico consente di mantenere dei profili glicemici giornalieri più stabili, oltre che livelli glicemici più bassi ed è, almeno in parte, indipendente dalla perdita di peso ed è dose dipendente.
L’autocontrollo, ossia la rilevazione dei valori glicemici domiciliare, è molto utile non solo al paziente, ma anche al diabetologo che potrà così disporre di tutti gli elementi per migliorare l’efficacia della terapia. A seconda delle esigenze e della terapia in atto sarà utile la rilevazione della glicemia con minore o maggiore frequenza e in specifici momenti della giornata, secondo specifici schemi di automonitoraggio.
La cura quotidiana riguarda in particolare la cura del proprio piede e in generale della propria pelle, che deve essere mantenuta integra e ben idratata. La pelle eccessivamente secca tende infatti a screpolarsi facilitando in questo modo l’ingresso di microorganismi potenzialmente molto dannosi. 
L’educazione all’autogestione del diabete è un processo di miglioramento di abilità, conoscenze e comportamento relativi alla propria patologia, finalizzato a ridurre le complicanze e/o ritardare la progressione dei sintomi e sviluppare la capacità di prendere decisioni da parte della persona con diabete che, in questo modo, diventa parte attiva del processo di cura e membro del team clinico con cui, potrà condividere obiettivi di miglioramento. 

A cura della dott.ssa Rita Carpinteri
Specialista in Endocrinologia
e Malattie del Ricambio
Ospedale Faccanoni Habilita Sarnico (BG)